Napoli , venerdì, 1. agosto, 2025 11:00 (ACI Stampa).
“Il nostro cuore, il cuore della nostra Chiesa napoletana è attraversato da un dolore profondo per la morte di Vincenzo, Ciro, e Luigi. Tre uomini, tre lavoratori, tre storie spezzate mentre con dignità guadagnavano il pane per vivere. Erano in un cantiere, su un mezzo di sollevamento ma in un attimo è crollato tutto: il cestello, il giorno, i sogni, le promesse. È crollato, ancora una volta, quel patto sacro che dovrebbe tenere insieme lavoro e sicurezza, fatica e dignità. Per questo non possiamo tacere. Non possiamo far finta che si tratti solo di una tragica fatalità”. Lo scrive il Cardinale Domenico Battaglia, Arcivescovo metropolita di Napoli, in un messaggio inviato in occasione dei funerali – celebrati ieri - di Vincenzo Del Grosso, Ciro Pierro e Luigi Romano, morti il 25 luglio a Napoli precipitando dal montacarichi di un’impalcatura issata per la manutenzione del tetto.
“Non possiamo accettare – denuncia il porporato - che la morte sul lavoro diventi notizia da dimenticare. Non è stato il destino. È stata l’assenza delle regole. È stata la mancanza di sicurezza e di controllo, la superficialità di chi doveva proteggere. È stato il silenzio di chi sa e non interviene, è stata la fretta che mette il profitto sopra la vita, è stato un sistema che ancora oggi, nel 2025, espone al morire chi lavora per vivere. Questi nostri fratelli non sono morti per un caso. Sono stati uccisi da un’ingiustizia che ha nomi e responsabilità. E la Chiesa di Napoli, che prega per le vittime ed esprime alle famiglie e agli amici di Vincenzo, Ciro e Luigi tutta la sua vicinanza, sente anche il dovere di gridarlo”.
Dobbiamo – prosegue il messaggio del Cardinale Battaglia “dire, ancora una volta, basta. Basta alle parole che coprono! Basta agli appalti senza scrupoli! Basta alla piaga devastante del lavoro nero! Il lavoro deve possibilità di vita e non rischio di morte. Deve promuovere la dignità, non mettere in pericolo. Chi lavora ha diritto a tornare. A tornare la sera, a tavola, con le mani sporche ma il cuore salvo. A tornare a stringere i figli, a salutare gli amici, a dire ci vediamo domani. Ecco perché oggi il nostro lutto non può essere solo commozione. Deve diventare impegno”.
Di fronte a questo – conclude il Cardinale – “chiedo di non restare indifferenti. Non lasciamo che la loro memoria svanisca nel rumore dei giorni. Non permettiamo che il loro sangue venga assorbito dall’asfalto freddo della rassegnazione. Facciamo in modo che la loro morte non sia una fine, ma un inizio. Un inizio che diventa seme. Seme di giustizia, seme di tutela, seme di vita nuova. Seme che germoglia ogni volta che una regola viene rispettata, ogni volta che un lavoratore viene protetto, ogni volta che la dignità umana viene messa al primo posto”.


