Non solo le missioni. Anche l’educazione cattolica fu al centro dell’impegno dei santi americani. Santa Madre Theodore Guerin (1798 – 1856), nata in Francia, dopo anni di servizio in patria guidò un piccolo gruppo di Suore della Provvidenza attraverso l’Oceano fino alle foreste dell’Indiana, dove fondò l’Accademia Femminile di Saint Mary-of-the-Woods, il primo istituto cattolico di istruzione superiore degli Stati Uniti, dove accoglieva studentesse di ogni fede e condizione sociale. È ricordata soprattutto per la sua incrollabile fiducia nella Divina Provvidenza. Giovanni Paolo II la beatificò nel 1998, Benedetto XVI la canonizzò nel 2006.
San Giovanni Nepoceno Neumann (1811 – 1860), in soli 48 anni di vita, ha lasciato un segno nella storia degli Stati Uniti, dove arrivò nel 1836 come seminarista missionario. Redentorista, fu dal 1852 fino alla morte, vescovo di Philadelphia. Fu un grande organizzatore. Costruì oltre 80 chiese, sviluppò un sistema scolastico cattolico efficiente, si dedicò agli immigrati. Canonizzato da Paolo VI nel 1977, è il patrono dell’educazione cattolica degli Stati Uniti.
Santa Mariana Cope (1838 – 1918), nata in Germania, ma emigrata negli Stati Uniti quando aveva due anni, entrò tra le Suore del Terz’Ordine di Francescano di Syracuse. Fu l’unica tra le cinquanta madri superiori contattate a rispondere positivamente nel 1883 alla richiesta del vescovo di Honolulu di aiutare i lebbrosi nell’isola di Molokai, dove arrivò con sei consorelle, collaborando strettamente con San Damiano di Veuster (missionario belga, anche lui considerato un “santo americano”), e succedendogli nella direzione completa dell’opera. Né lei, né nessuna delle consorelle contrasse mai la lebbra. Fu canonizzata nel 2012 da Benedetto XVI.
Santa Francesca Saverio Cabrini (1850 – 1917) è considerata da alcuni la prima santa americana.
Nata a Sant’Angelo Lodigiano, in Lombardia, fonda nel 1880 a Codogno l’Istituto del Sacro Cuore. Vorrebbe andare ad Est, ad evangelizzare la Cina. Papa Leone XIII la manda invece in America, per assistere le centinaia di migliaia di italiani emigrati, sfruttati, malpagati, vere vittime di organizzazioni senza scrupoli.
Malaticcia, fragile, con grandi occhi azzurri trascinatori e un sorriso irresistibile, sbarca a New York senza un soldo con 7 suore il 31 marzo 1889, ma viene avversata anche da coloro che invece avrebbero dovuto aiutarla. Scrive: “Poveri italiani, senza Dio, senza patria, senza pane”.
Li avvicina nei porti, nei ghetti, nei miseri tuguri dove neppure la polizia osa avventurarsi. A tutti reca una briciola d’Italia. Dopo aver fondato il primo orfanotrofio a New York, attraversa gli States con ogni mezzo di locomozione: dal New Jersey a Los Angeles, da Chicago a New Orleans, Denver, Seattle per impiantare orfanotrofi, asili, scuole, collegi, ospedali, preventori, laboratori, ricoveri, centri sociali, per gli italiani e i loro piccoli figli. Scende in Nicaragua, in Honduras tra gli indiani Mosquitos, percorre il Perù e il Cile da dove raggiunge l’Argentina a dorso di mulo attraverso le Ande con 8 metri di neve, giunge in Brasile, sfiora l’Alaska e il Canada.
Madre Cabrini è una vera manager, trova sempre i finanziamenti per le sue opere, stronca sempre tentativi mafiosi o richieste di tangenti. E poi, assiste anche i carcerati italiani nelle prigioni di Sing-Sing, Chicago, New Orleans; visita i minatori nelle profondità delle miniere di Scranton e Denver.
Per altre fondazioni in Europa, Inghilterra, Francia, Spagna, varca 24 volte l’oceano che chiama “la strada dell’orto della sua casa di Sant’Angelo”. Il 17 ottobre del 1892 fonda per gli italiani il primo dei suoi famosi Columbus Hospital a New York. Muore nel suo Columbus Hospital di Chicago nel 1917.
Fu beatificata il 13 novembre 1938 da Pio XI (che l’aveva conosciuta a Milano) e canonizzata da Pio XII il 7 luglio 1946. È la prima Santa degli Stati Uniti. Ed è una immigrata italiana. E fu proclamata nel 1950 la “patrona di tutti i migranti”.
E poi c’è Katherine Drexel (1858 – 1955), ex miliardaria, considerata patrona degli indiani e dei neri.
Seconda figlia di un famoso banchiere di Philadelphia, nata il 26 novembre del 1858, era cresciuta con l’idea di aver avuto la ricchezza solo in prestito, e che perciò doveva essere condivisa con altri. Andò in viaggio nel “West,” vide le condizioni dei nativi americani, decise di fare qualcosa per alleviare la loro condizione. Così, comincio a dare sostegno a missioni e missionari negli Stati Uniti, finanziando e fondando scuole. Nel 1887, nacque la scuola di Santa Caterina, a Santa Fé, nel New Mexico.
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Papa Francesco ha ricordato, durante il suo viaggio apostolico negli Stati Uniti a settembre del 2015, l’episodio del suo incontro con Papa Leone XIII. Katharine ci era andata per chiedere missionari per alcune missioni per gli “indiani” che finanziava.
Ha raccontato il Papa: “Quando parlò al Papa Leone XIII delle necessità delle missioni, il Papa – era un Papa molto saggio – le domandò intenzionalmente: ‘E tu? Che cosa farai?’. Quelle parole cambiarono la vita di Caterina, perché le ricordarono che in fondo ogni cristiano, uomo o donna, in virtù del Battesimo, ha ricevuto una missione. Ognuno di noi deve rispondere come meglio può alla chiamata del Signore per edificare il suo Corpo, la Chiesa.”
E così decise di diventare lei stessa missionaria, e di servire principalmente indiani e afro-americani. Fece la prima professione religiosa il 2 febbraio 1891, e fondò le Suore del Santissimo Sacramento, con lo scopo di diffondere il messaggio evangelico e la vita eucaristica in mezzo agli Indiani ed Afro-Americani.
Proprio agli afro-americani dedicò una parte del suo ministero: la questione razziale era fortissima, al Sud c’erano persino restrizioni legali che impedivano ai “neri” di andare a scuola. Così, la priorità per Katharine Drexel fu quella di fondare scuole, per dare istruzione di qualità, e permettere tutti di emanciparsi dalla loro condizione.
In tutta la vita, aprì circa 60 scuole e missioni, soprattutto a Ovest e Sud Ovest degli Stati Uniti, e nel 1925 stabilì la Xavier University in Louisiana, che era l'unica istituzione d'istruzione superiore negli Stati Uniti destinata prevalentemente ai cattolici di colore.
Un impegno che rese anche la Chiesa degli Stati Uniti consapevole della necessità di supportare i marginalizzati, specialmente i nativi americani e gli afro-americani, e proprio grazie a quell’impegno la Chiesa cominciò a combattere in maniera forte ogni evidenza di discriminazione razziale.