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Meeting dell’Amicizia tra i popoli, il presidente Scholz: costruire con mattoni nuovi

L'intervista al presidente del Meeting Bernard Scholz sulla kermesse che sia aprirà il prossimo 22 agosto. Tante le iniziative in programma

Bernhard Scholz | Bernhard Scholz | Credit meetingrimini.org Bernhard Scholz | Bernhard Scholz | Credit meetingrimini.org

‘Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi’: questo è il titolo della 46^ edizione del Meeting dell’Amicizia tra i Popoli in programma alla Fiera di Rimini dal 22 al 27 agosto, tratto dai Cori da ‘La Rocca’ di T.S. Eliot, che esprime la speranza di una novità dentro la drammaticità della storia, il desiderio di costruire insieme luoghi in cui condividere la ricerca e l’esperienza di ciò che è vero, buono e giusto:

 

“Durante le ultime edizioni del Meeting è stato sorprendente osservare il fiorire di questo slancio vitale in risposta ai molti ‘deserti’ della contemporaneità: la solitudine esistenziale, la disperazione, la rassegnazione, il cinismo, la violenza e l’indifferenza. Uno slancio tangibile e incisivo. Abbiamo incontrato tante persone che costruiscono relazioni autentiche e si prendono cura dei più bisognosi, che riscoprono il valore del lavoro e promuovono l’innovazione in contesti di apparente stagnazione, che collaborano nella ricerca di nuove prospettive laddove l’individualismo ha limitato la creatività. Sono testimonianze di chi si impegna a rispondere alla ricerca di senso in un’epoca in cui l’esistenza sembra aver smarrito la via verso la pienezza”.

 

Una manifestazione ricca di convegni, mostre, spettacoli, iniziative culturali, sportive e per ragazzi, trasmessa in diretta su più canali digitali e in più lingue, come ha sottolineato il presidente del Meeting, Bernhard Scholz, durante le presentazioni: “Siamo certi che le testimonianze negli incontri, nelle mostre e nelle numerose proposte di questa nuova edizione possano incoraggiare ad affrontare con fiducia le sfide difficili che ci attendono, per creare relazioni autentiche in un mondo sempre più frammentato e polarizzato”.

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Ogni giornata dell’edizione del Meeting sarà arricchita dal contributo di personalità di primo piano dal mondo istituzionale, culturale, accademico e imprenditoriale, nonché esponenti della Chiesa e di fedi e culture diverse. Il primo incontro del Meeting sarà una testimonianza dalla Terra Santa di madri che hanno saputo trasformare in un cammino di riconciliazione il dolore per la perdita di un figlio nel conflitto. La relazione sul tema del Meeting sarà tenuta da mons. Erik Varden, vescovo di Trondheim e presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia. Sarà di grande rilievo la visita del patriarca ecumenico di Costantinopoli Sua Santità Bartolomeo I, che interverrà all’incontro sui 1700 anni del Concilio di Nicea insieme al card. Kurt Koch, prefetto del Dicastero per l’unità dei Cristiani. Sul tema della comunicazione nel contesto delle nuove tecnologie interverrà il prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini.

 

Parteciperanno al Meeting il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, card. Matteo Maria Zuppi, l’arcivescovo di Algeri, card. Jean-Paul Vesco, il vescovo cattolico di Kharkiv-Zaporizhia Pavlo Honcharuk, e il vescovo di Aleppo Hanna Jallouf. Interverranno anche due presidenti di movimenti ecclesiali: Margaret Karram del Movimento dei Focolari e Davide Prosperi della Fraternità di Comunione e Liberazione. Estremamente significativa anche la presenza di scienziati, intellettuali, scrittori tra i quali Javier Cercas, Colum McCann e Katerina Gordeeva, vincitrice del premio Anna Politkovskaja 2022; inoltre ad 80 anni dall’esplosione della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki sarà al Meeting anche Toshiyuki Mimaki della Nihon Hidankyo Organization, premio Nobel per la Pace 2024.

 

Con il presidente Bernard Scholz siamo partiti dal titolo per farci spiegare in quale modo è possibile costruire nei luoghi deserti con mattoni nuovi: “Si può costruire, e si vuole costruire, quando si ha una speranza. Ci troviamo di fronte a tanti ‘deserti’ che chiedono una nuova o rinnovata costruzione: le guerre e i conflitti sempre più accesi a livello globale, la crescente solitudine esistenziale (anche tra i giovani), la diffusa oscillazione tra rassegnazione e ribellione in un mondo sempre più complesso da decifrare, l’incidenza accelerata e ambigua delle nuove tecnologie. Tutto questo, e tanto altro, ci interpella e ci invita alla riconciliazione, alla creazione di relazioni autentiche, a una comprensione più approfondita del contesto culturale, economico e politico in cui viviamo. Ma senza quella speranza alla quale ci invita il Giubileo di quest’anno, tutto questo non è possibile. Lo sforzo sarebbe troppo grande e le prospettive troppo cupe”.

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Ma costruire in luoghi deserti non può sembrare una ‘fatica’ inutile?

“Certamente può essere faticoso superare l’odio quando si è profondamente feriti, entrare nel merito di questioni complesse e ostiche, creare relazioni quando prevalgono rancori e desideri di vendetta. Ma ogni impegno è prima di tutto un bene per chi lo intraprende, perché diventa sempre più libero e maturo, e poi per il bene che genera. Anche se spesso non ci sono riscontri immediati, ogni azione di bene lascia una traccia nel mondo che non scomparirà mai. Abbiamo tanti esempi dalla vita sociale e anche dal mondo economico che dimostrano che questa fatica ‘vale la pena’ e viene ricompensata al centuplo”.

 

E’ per questo motivo che il Meeting si apre subito con una testimonianza di due madri dalla Terra Santa: è una via per la pace?

“Le vie della pace sono (come ho appena detto) non sempre eclatanti, né visibili con effetti immediati su scala politica. Ma il rapporto fra queste due madri è un germoglio di pace che, con il tempo, darà frutto e coinvolgerà altre persone. Quando le armi taceranno, sarà il momento di incontrarsi, come si sono incontrati i popoli europei dopo la Seconda guerra mondiale. Senza persone che abbiano fatto questa esperienza e che siano esempio per tutti, è quasi impossibile. La riconciliazione rimane un appello astratto se non ci sono testimoni che la vivono”.

 

In quale modo è possibile realizzare relazioni autentiche?

“Essendo leali con se stessi. Nel profondo del nostro cuore desideriamo relazioni positive, costruttive, solidali, basate sul sostegno reciproco. Bisogna avere il coraggio di essere fedeli a questo desiderio e rompere le corazze della comodità che ci imprigionano nei nostri pregiudizi e nel nostro odio. Chi ama è libero, chi odia è schiavo di se stesso. Accogliere l’altro e accompagnarlo alla conoscenza di sé, del mondo e del proprio destino è la grande relazione educativa, che sarà al centro di tanti incontri del Meeting”.

 

Quindi si può dire che san Francesco è il ‘filo conduttore’ di questo Meeting?

“San Francesco è sicuramente una figura centrale di questo Meeting. Quando gli fu chiesto di ricostruire la Chiesa, pensò inizialmente alla chiesetta diroccata in cui si trovava, e cercò di farlo con i mattoni e il legno a sua disposizione. Ma poi comprese che si trattava di costruire relazioni alla ricerca del Bene, del Vero e del Bello. Così cominciò a creare una fratellanza fatta di ‘pietre vive’, un’esperienza che segna ancora oggi la storia della Chiesa e del mondo. Siamo particolarmente grati di poter presentare al Meeting la mostra su san Francesco”.

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