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Meeting di Rimini, il Messaggio di Leone XIV: no all'idolatria del profitto

Domani si apre il XLVI Meeting per l’amicizia tra i popoli. Un Messaggio di papa Leone XIV, a firma di Parolin

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Prende il via il XLVI Meeting per l’amicizia tra i popoli. La kermesse avrà inizio domani e si chiuderà il prossimo 27 agosto. Per l’occasione giunge un Messaggio di papa Leone XIV, a firma del cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, indirizzato ai partecipanti del Meeting e a monsignor Nicolò Anselmi,  Vescovo di Rimini. 

 

“Il tema del 46° Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si svolgerà a Rimini nei prossimi giorni, è un invito alla speranza: «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi». Il Santo Padre Leone XIV desidera far giungere il suo saluto agli organizzatori, ai volontari e a tutti i partecipanti, con l’augurio di riconoscere nella gioia che la pietra scartata dai costruttori è stata posta come «pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso» (cfr 1Pt 2,6). La speranza, infatti, non delude”. Così inizia il Messaggio che continua: “I deserti sono in genere luoghi scartati e ritenuti inadatti alla vita. Eppure, là dove sembra che nulla possa nascere, la Sacra Scrittura continuamente ritorna a narrare i passaggi di Dio. Nel deserto, anzitutto, nasce il suo popolo”. 

 

Nel Messaggio, inoltre si legge: “Il Dio biblico – che osserva, ascolta, conosce le sofferenze dei suoi figli e scende a liberarli (cfr Es 3,7-8) – trasforma il deserto in un luogo di amore e di decisioni, lo fa fiorire come un giardino di speranza. I profeti lo ricordano come scenario di un fidanzamento, al quale ritornare ogni volta che il cuore si intiepidisce, per ricominciare dalla fedeltà di Dio”. 

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Poi, l’apprezzamento da parte di papa Leone per “una delle mostre caratterizzanti il Meeting di quest’anno”: una mostra “dedicata alla testimonianza dei martiri di Algeria. In essi risplende la vocazione della Chiesa ad abitare il deserto in profonda comunione con l’intera umanità, superando i muri di diffidenza che contrappongono le religioni e le culture, nell’imitazione integrale del movimento di incarnazione e di donazione del Figlio di Dio”. 

 

“Non mancheranno, come è consuetudine, dialoghi tra cattolici di diverse sensibilità e con credenti di altre confessioni e non credenti”, continua il Messagio. “Sono importanti esercizi di ascolto, che preparano i “mattoni nuovi” con cui costruire quel futuro che già Dio ha in serbo per tutti, ma si dischiude solo accogliendoci l’un altro. Non possiamo più permetterci di resistere al Regno di Dio, che è un Regno di pace. E là dove i responsabili delle Istituzioni statali e internazionali sembrano non riuscire a far prevalere il diritto, la mediazione e il dialogo, le comunità religiose e la società civile devono osare la profezia”. Infine, vengono ricordate le parole del pontefice ai Vescovi dello scorso 17 giugno: “Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”.

Viene poi ricordato "l’amato Papa Francesco" che "ci ha insegnato che «l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica»".Ricorda l'encilica "Fratelli tutti" e precisa che "senza le vittime della storia, senza gli affamati e gli assetati di giustizia, senza gli operatori di pace, senza le vedove e gli orfani, senza i giovani e gli anziani, senza i migranti e i rifugiati, senza il grido di tutta la creazione non avremo mattoni nuovi. Continueremo a inseguire il sogno delirante di Babele, illudendoci che toccare il cielo e farsi un nome sia il solo modo umano di abitare la terra".

E poi ricorda che “per servire il Dio vivente va abbandonata l’idolatria del profitto che ha pesantemente compromesso la giustizia, la libertà di incontro e di scambio, la partecipazione di tutti al bene comune e infine la pace. Una fede che si estranei dalla desertificazione del mondo o che, indirettamente, contribuisca a tollerarla, non sarebbe più sequela di Gesù Cristo”, ammonisce il Messaggio. Uno sguardo, poi, alle nuove sfide come quella della rivoluzione digitale che “rischia di accentuare discriminazioni e conflitti: va dunque abitata con la creatività di chi, obbedendo allo Spirito Santo, non è più schiavo, ma figlio. Allora il deserto diventa un giardino e la “città di Dio”, preannunciata dai santi, trasfigura i nostri luoghi desolati”.

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