Advertisement

Gli 80 anni dell’ONU. Il grido di pace di Paolo VI

Fu un viaggio brevissimo, quello di Paolo VI, ma denso di significato. Ecco perché le parole di Montini risuonano ancora oggi

Paolo VI alle Nazioni Unite | Paolo VI alle Nazioni Unite | Vatican Media Paolo VI alle Nazioni Unite | Paolo VI alle Nazioni Unite | Vatican Media

Fu un viaggio brevissimo, di un solo giorno, per non togliere troppo tempo all’ultima sessione del Concilio Vaticano II allora in corso. Ma Paolo VI fece di quel viaggio una pietra miliare. Nel 1965, Paolo VI decide di visitare le Nazioni Unite, e non viene nemmeno accolto da un parterre degno di attenzione. C’è l’affetto della gente, che si riversa nelle strade e che cerca di salutare il Papa, ma la freddezza dei membri dell’organismo multilaterale, tanto che non partecipa nemmeno un numero congruo di capi di Stato, come si sperava, alla sessione in cui prende la parola il Papa.

Paolo VI, però, sa che è un momento storico, e tratta la preparazione del discorso con la solennità e la precisione che lo contraddistinguono. Arriva a New York il 4 ottobre 1965, durante l’assemblea per il ventennale della fondazione delle Nazioni Unite. Un passaggio alla cattedrale di St. Patrick, un pranzo con il cardinale Francis Spellman, e poi via al Palazzo di Vetro, per il suo discorso. Quindi, Messa allo Yankee Stadium e partenza di nuovo verso Roma, rientrando il 5 ottobre nell’aula conciliare già intorno alle 13, per la relazione sulla missione che amava fare ogni volta che tornava.

È un viaggio simbolico, anche perché il Papa, per andare allo Yankee Stadium, passa da Harlem, un quartiere sempre evitato dai cortei ufficiali.

È un viaggio il cui impatto, comunque, sembra essere relativo. Non ci sono capi di Stato alle Nazioni Unite ad attendere il Papa, all’aeroporto di New York arriva a ricevere Montini solo il segretario generale delle Nazioni Unite U Thant e il sindaco della metropoli, mentre l’incontro con il presidente Lyndon Johnson avviene in albergo, e solo perché il presidente è in città per altri impegni.

Erano tutti dati che si conoscevano prima della partenza. Ma Paolo VI non si scoraggia, perché ha due obiettivi.

Advertisement

Il primo: le Nazioni Unite vivono una certa debolezza, sia dal punto di vista economico che strutturale. Economico perché, in quel tempo, Unione Sovietica, Francia e altri Paesi stanno rifiutando di pagare le loro quote nella cassa comune. Strutturale, perché l’organizzazione sembra impotente di fronte al conflitto che al tempo divampa in Congo, o sulla guerra del Vietnam. I Paesi del cosiddetto “Sud Globale”, Cina in cima, parlano persino di costituire un’altra organizzazione parallela, che alcuni chiamano anti-ONU. Paolo VI vuole invece aiutare l’organizzazione in modo che sia sempre più rappresentativa, che includa tutti i Paesi del mondo, e infatti decide che il seguito sia composto da cardinali di tutti i cinque continenti.

Il secondo obiettivo: promuovere la Chiesa come “esperta in umanità”, una cooperatrice necessaria e preziosa per far convivere gli uomini in pace. Non una Chiesa “occidentale”, ma una Chiesa universale.

E lo fa in una situazione complessa. Da una parte, le Nazioni Unite inglobano 117 Stati, con l’ingresso, proprio in quell’anno, di Maldive, Gambia, Singapore. L’anno prima, però, era uscita dall’organizzazione l’Indonesia, la Cina è rappresentata ancora da Taiwan e non è stata ancora ammessa la Repubblica Popolare Cinese.

Per questo, nel suo discorso Paolo VI sottolinea che la vocazione delle Nazioni Unite “è quella di affratellare non solo alcuni, ma tutti i popoli. Difficile impresa, ma questa è l’impresa, la vostra nobilissima impresa! Perseverate! Diremo di più: procurate di richiamare tra voi chi da voi si fosse staccato, e studiare il modo per chiamare, con onore, al vostro patto di fratellanza, chi ancora non lo condivide. Fate che chi ancora è rimasto fuori desideri e meriti la comune fiducia, e poi siate generosi nell'accordarle”.

Ma quello che si ricorda di più è l’appello per la pace, una costante per il Papa santo che ha stabilito anche la Giornata Mondiale della Pace. “Mai più la guerra, mai più la guerra! – tuona Montini - La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell'intera umanità. Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani!”.

I temi del discorso riguardano poi la libertà religiosa, il rispetto per la vita, che alle Nazioni Unite, secondo Paolo VI, deve avere “la sua più alta professione e la sua più ragionevole difesa: voi dovete procurare di far abbondare quanto basti il pane per la mensa dell'umanità; non già favorire un artificiale controllo delle nascite che fosse irrazionale, per diminuire il numero dei commensali al banchetto della vita”.

More in Storie

E sottolinea: “L'edificio della moderna civiltà deve reggersi su principi spirituali [...] E perché tali siano questi indispensabili principi di superiore sapienza, essi non possono fondarsi che sulla fede in Dio. Il Dio ignoto? Il Dio ignoto di cui discorreva nell'Areopago san Paolo agli Ateniesi; ignoto a loro, che pur senza avvedersene lo cercavano e lo avevano vicino, come capita a tanti uomini del nostro secolo? Per noi, in ogni caso, e per quanti accolgono la Rivelazione ineffabile, che Cristo di lui ci ha fatta, è il Dio vivente, il padre di tutti gli uomini”.

Sono parole che ancora oggi hanno una loro validità. E che sono la traccia su cui si delineeranno tutti gli incontri dei Papi alle Nazioni Unite.

 

(2 – continua)

White Logo