Milano , mercoledì, 3. settembre, 2025 14:00 (ACI Stampa).
L’Istituto Tommaseo delle Suore Marcelline di Milano in ogni suo angolo parla di Carlo Acutis. Qui il piccolo Beato, ormai quasi santo, ha trascorso otto anni. C’è il cortile dove si fermava ogni giorno a giocare a pallone con i compagni, c’è la piccola cappella dove si fermava per la Messa, l’armadio in cui si era nascosto per fare uno scherzo alla maestra con i suoi compagni. Ci sono le pagelle, il suo diploma. Una foto appesa nella bacheca fuori la sua classe lo ritrae allegro e felice. Carlo era un ragazzo come tanti altri, un giovane curioso, con particolare attenzione alle materie di religione e informatica. Suor Monica Ceroni, insegnante di religione e ora preside dell’Istituto, ad ACI Stampa / EWTN Vatican racconta Carlo durante quegli anni.
Suor Monica ci racconta il piccolo Carlo?
Sì, io sono stata la sua insegnante di religione alla scuola media. ll ricordo più forte che ho di Carlo è di un ragazzo allegro vivace. Un ragazzo standard della sua età, con tanta voglia di vivere e con tanti sogni nel cassetto, primo fra tutti proprio quello dell'informatica, che era un po’ la sua passione.
Qualche episodio simpatico che ci può raccontare in questi anni di Carlo?
Carlo era un buon amico. Il suo modo per poter manifestare di più la fede non era tanto quello di ostentare il fatto che girasse con la corona del Rosario o dicesse a tutti di pregare. Ma era proprio nei suoi atteggiamenti, nei suoi modi e in particolare nella classe di Carlo, in questo caso sto parlando della scuola media, c'era un compagno un po' particolare, cioè uno di quelli che proprio tu lasceresti da parte, perché sono il contrario di quelli che insomma si fanno vedere che hanno, che possono, che sono forti, che sanno vincere. E questo ragazzo veniva particolarmente preso in giro perché poi veniva a scuola con questi biscotti fatti dalla nonna che erano esattamente il contrario di tutto quello che poteva essere “trendy” in quel momento. Piano piano Carlo è riuscito a far sì che appunto Andrea, si chiamava Andrea questo ragazzo, diventasse parte del gruppo. Io credo che questa capacità di inclusione in un ragazzo di undici dodici anni fosse straordinaria. È quello che noi sempre cerchiamo di insegnare un po' ai ragazzi. Era una sua dote naturale, perché Carlo era così, era un buon compagnone. E poi era anche veramente molto simpatico. L'episodio più divertente che io racconto sempre è proprio quello testimoniato da una “lotta di classe “che è rimasta sul diario dell'insegnante di matematica che appunto entrò in classe, fece l'appello e mancavano tre ragazzi e cominciò a chiedere dove fossero quei compagni, la ricreazione era terminata. Nel momento in cui fa per uscire dalla porta, uscirono dall'armadio gridando “buu”! Ed è rimasta così scritta una nota: “Carlo, Carlo e Lorenzo escono dall'armadio della classe nell'ora di matematica gridando Buu!” Una nota che è rimasta famosa perché Carlo era così. Era un ragazzo molto allegro”.





