Roma , sabato, 6. settembre, 2025 14:00 (ACI Stampa).
“Ore 7 (di sera) irreparabile sventura. Povero san Pier Giorgio! Era santo e Dio l’ha voluto con sé”: così il 4 luglio 1925 l’amica Ester Pignata annotava sul calendario di cucina, frase riportata nel libro ‘Non vivacchiare, ma vivere’, scritto dallo scrittore e redattore editoriale, Roberto Falciola, vicepostulatore della causa di canonizzazione del beato Pier Giorgio Frassati.
I funerali alla parrocchia Crocetta di Torino sono un’apoteosi per la quantità di gente, poveri, giovani e popolani che partecipano al lutto, tantoché il cronista Ubaldo Leva raccontava su ‘La Stampa’ “il gesto toccante e trascinante, da dare i brividi, degli amici: trasportata la bara dal carro funebre in chiesa, vi poggiarono il capo, e così stettero, pallidi e immobili, per non so quale abbandono dolce e disperato, come estenuati di dolore e di amore. Un plebiscito si è stretto attorno alla salma. Quasi tutta gente del popolo, gente minuta, donnette e artigiani, e tante mamme coi bimbi. Le case si erano svuotate di tutti quelli che non erano al lavoro; ma c’erano anche quelli che venivano dai punti opposti della città. Quei funerali furono la prima testimonianza, la prima consacrazione della grande anima, del puro spirito di Pier Giorgio. Lì inizia il suo processo di santificazione”.
Ed in una lettera a Luciana, sorella di Pier Giorgio, mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, scriveva: “Torna a noi la sua voce, la sua presenza; si riaccende il desiderio dell’imitazione dell’emulazione; si conforta la certezza che una giovinezza forte e limpida è possibile e vicina; si sente l’interiore anelito verso una bontà interiore crescere nel cuore; e si pensa che tutto questo sia bene, e sia anche dovuto alle pagine che introducono nella confidenza di Pier Giorgio, e quasi mettono a conversazione con lui”.
A pochi giorni dalla canonizzazione, a Roberto Falciola chiediamo di spiegarci in quale modo i giovani possono diventare pellegrini di speranza seguendo Pier Giorgio Frassati: “Pier Giorgio aveva trovato le ragioni della sua speranza nella relazione d’amore con Dio. Lui nutriva questa relazione con la preghiera, la lettura della Parola di Dio, l’Eucaristia (che riceveva tutti i giorni), la condivisione del cammino con le sorelle e i fratelli nella fede. Questo gli dava la capacità di distinguere quali sono le cose davvero importanti nella vita; e l’unica cosa davvero importante è amare.
L’amore non finisce mai: lo scrive bene san Paolo in quel brano della prima lettera ai Corinti che Pier Giorgio amava così tanto da averlo copiato a mano (1Cor 13). La carità non avrà mai fine. Questa consapevolezza riempiva il cuore di Pier Giorgio e gli permetteva di essere un giovane uomo di speranza anche nei confronti delle tante persone bisognose di cui si occupava. Credo che i giovani possano diventare pellegrini di speranza, sul suo esempio, donando sé stessi senza paura e senza riserve. Perché è dando che si riceve”.





