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Roberto Falciola, il vicepostulatore di Pier Giorgio Frassati: "Lui è stimolo per tutti alla santità"

La parola al vicepostulatore di Frassati

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“Ore 7 (di sera) irreparabile sventura. Povero san Pier Giorgio! Era santo e Dio l’ha voluto con sé”: così il 4 luglio 1925 l’amica Ester Pignata annotava sul calendario di cucina, frase riportata nel libro ‘Non vivacchiare, ma vivere’, scritto dallo scrittore e redattore editoriale, Roberto Falciola, vicepostulatore della causa di canonizzazione del beato Pier Giorgio Frassati.

I funerali alla parrocchia Crocetta di Torino sono un’apoteosi per la quantità di gente, poveri, giovani e popolani che partecipano al lutto, tantoché il cronista Ubaldo Leva raccontava su ‘La Stampa’ “il gesto toccante e trascinante, da dare i brividi, degli amici: trasportata la bara dal carro funebre in chiesa, vi poggiarono il capo, e così stettero, pallidi e immobili, per non so quale abbandono dolce e disperato, come estenuati di dolore e di amore. Un plebiscito si è stretto attorno alla salma. Quasi tutta gente del popolo, gente minuta, donnette e artigiani, e tante mamme coi bimbi. Le case si erano svuotate di tutti quelli che non erano al lavoro; ma c’erano anche quelli che venivano dai punti opposti della città. Quei funerali furono la prima testimonianza, la prima consacrazione della grande anima, del puro spirito di Pier Giorgio. Lì inizia il suo processo di santificazione”.

Ed in una lettera a Luciana, sorella di Pier Giorgio, mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della Segreteria di Stato, scriveva: “Torna a noi la sua voce, la sua presenza; si riaccende il desiderio dell’imitazione dell’emulazione; si conforta la certezza che una giovinezza forte e limpida è possibile e vicina; si sente l’interiore anelito verso una bontà interiore crescere nel cuore; e si pensa che tutto questo sia bene, e sia anche dovuto alle pagine che introducono nella confidenza di Pier Giorgio, e quasi mettono a conversazione con lui”.

A pochi giorni dalla canonizzazione, a Roberto Falciola chiediamo di spiegarci in quale modo i giovani possono diventare pellegrini di speranza seguendo Pier Giorgio Frassati: “Pier Giorgio aveva trovato le ragioni della sua speranza nella relazione d’amore con Dio. Lui nutriva questa relazione con la preghiera, la lettura della Parola di Dio, l’Eucaristia (che riceveva tutti i giorni), la condivisione del cammino con le sorelle e i fratelli nella fede. Questo gli dava la capacità di distinguere quali sono le cose davvero importanti nella vita; e l’unica cosa davvero importante è amare.

L’amore non finisce mai: lo scrive bene san Paolo in quel brano della prima lettera ai Corinti che Pier Giorgio amava così tanto da averlo copiato a mano (1Cor 13). La carità non avrà mai fine. Questa consapevolezza riempiva il cuore di Pier Giorgio e gli permetteva di essere un giovane uomo di speranza anche nei confronti delle tante persone bisognose di cui si occupava. Credo che i giovani possano diventare pellegrini di speranza, sul suo esempio, donando sé stessi senza paura e senza riserve. Perché è dando che si riceve”.

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Perché è necessario vivere e non vivacchiare?

”Pier Giorgio ha scritto ad un amico: ‘Vivere senza una Fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere ma è vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare ma vivere perché anche attraverso ogni disillusione dobbiamo ricordarci che siamo gli unici che possediamo la Verità, abbiamo una Fede da sostenere, una Speranza da raggiungere, la nostra Patria’.

Perciò per lui vivere è avere la fede, avere un patrimonio da difendere (la vita nell’amore) e sostenere la lotta per la Verità: e la Verità è Gesù, lo ha detto lui stesso (‘Io sono la via, la verità e la vita’, Gv 14,6), cioè l’Amore fattosi carne, la Buona Novella da annunciare al mondo. Vivere in modo autentico richiede una lotta, cioè un impegno forte, fiducioso, continuo nella testimonianza del bene. E penso che questo desiderio sia custodito nel cuore di ogni giovane, anche oggi”.

Quindi Frassati indica che la santità è una meta raggiungibile per tutti?

“Che la santità sia una chiamata per tutti i battezzati è una verità di sempre. In tempi a noi vicini, papa Francesco l’ha ribadito nella sua bellissima esortazione apostolica ‘Gaudete et exsultate’. Pier Giorgio ci mostra come questo sia possibile nello scorrere della vita quotidiana di un giovane che vive in pienezza la sua giovinezza, immerso nell’amore del Signore. In questo senso, il fatto che sia canonizzato, cioè proposto alla venerazione dei fedeli di tutto il mondo, può essere d’aiuto per tante persone, di tutte le età, nel sentirsi incoraggiate sul cammino della santità”.

Perché la Chiesa indica ai giovani Pier Giorgio Frassati?

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“La Chiesa indica Pier Giorgio a tutti, ma certo in modo particolare i giovani sono quelli più interessati a vedere come ha vissuto la sua fede una persona che ha condiviso la loro età, con tutti i problemi e tutte le cose belle che riempiono l’esistenza nell’età giovanile. Credo che per i giovani sia importante vedere come Pier Giorgio abbia vissuto la sua giovinezza nella maniera più piena, aprendosi a una grande varietà di esperienze buone, godendo delle meraviglie della natura e delle creazioni umane, immergendosi nell’amicizia più sincera, impegnandosi a fondo in uno studio che gli chiedeva non pochi sforzi, essendo capace di allegria trascinante e di grande contemplazione, attento alle dinamiche sociali e politiche del suo tempo.

Per certi versi, un giovane come tutti i giovani, ma con la capacità di essere sempre sé stesso, in ogni situazione, perché aveva trovato nel Vangelo i criteri per decidere come orientare la sua vita, e intendeva esservi fedele sempre. Questo è il fascino che può esercitare sui giovani del nostro tempo, così incerti e spesso impauriti circa il proprio destino e il proprio futuro”.

Quindi al centro dell'azione di Pier Giorgio Frassati c'era la carità: come avvicinare i giovani a questa virtù teologale?

“Credo che più si è aiutati ad approfondire la relazione con Dio più l’urgenza di testimoniare l’amore concretamente con gesti e parole di carità si faccia forte. E, in questo nostro tempo, penso che i giovani debbano essere aiutati a scoprire la bellezza del donarsi, agendo gratuitamente per gli altri. La cultura in cui siamo immersi porta a considerare solo il proprio vantaggio come valore a cui indirizzare i propri sforzi, ma la verità del cuore della persona umana è invece segnata dalla relazione con l’altro e trova la propria realizzazione nel dono di sé. Aiutare i giovani a fare questo, attraverso gesti e impegni concreti, può liberare il loro cuore e permettere forse più facilmente di riscoprire dentro di sé la presenza di Dio, che è amore non teorico ma concreto”.

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