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L'Arcivescovo di Palermo ricorda i 10 anni di episcopato

Lettera di Monsignor Lorefice ai presbiteri e ai diaconi dell'Arcidiocesi palermitana

L'Arcivescovo Corrado Lorefice |  | Arcidiocesi di Palermo L'Arcivescovo Corrado Lorefice | | Arcidiocesi di Palermo

In occasione del decimo anniversario di episcopato, l’Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice ha scritto una lettera ai sacerdoti e ai diaconi dell’Arcidiocesi.

Condividiamo – scrive il presule – la “condizione di essere di chiamati. Il che vuol dire condividere la fatica e la stanchezza lungo la strada, insieme allo stupore quotidiano di essere stati scelti, chiamati e inviati per consentire alla voce del Padre di risuonare in mezzo a noi, per far sì che la comunità dei credenti, anche in questo scorcio di tempo, sia corpo messianico”.

Siamo fratelli – aggiunge - perché siamo sulla stessa barca. È in questa fraternità che si gioca la nostra vita. Siamo chiamati a riconoscere e a custodire il Corpo di Cristo morto e risorto, nostro tutto e nostro amore: il Corpo eucaristico, che nello Spirito continuamente crea e rigenera la comunione ecclesiale; il Corpo ecclesiale, il popolo di Dio a cui apparteniamo e che serviamo nel ministero ordinato; il Corpo Parola, che insieme all’Eucaristia sostenta i cristiani; il Corpo dei poveri, dove lui si rende presente e pro-voca i discepoli e le discepole di ogni tempo e di ogni angolo della terra. Questo richiede un dono pieno e una fatica grande da parte di ognuno di noi. Lavorare nella stessa vigna essendo diversi è, a tratti, la nostra Via Crucis. È la sfida di Gesù: prendere ogni giorno la propria croce diventando cirenei della croce dell’altro che incontriamo sulla strada”.

“Mi impegnerò – assicura Monsignor Lorefice - a costruire le occasioni di una vita presbiterale, comune, condivisa e fraterna, in cui aprire il cuore, dire i sentimenti, confessare le esitazioni, comunicare il disagio; dove sostenersi, confrontarsi e confortarsi gli uni gli altri”.

“Ringraziamo il Signore – conclude - per aver dato alla Chiesa di Palermo presbiteri e diaconi santi, quelli di ieri e quelli di oggi. Mi piace ricordare con grande affetto i confratelli che hanno lasciato questa terra e anche quelli che per motivi diversi hanno lasciato il ministero. Il frutto del loro servizio non è misurabile. Ciò che vediamo all’esterno è una pallida immagine di ciò che il Signore ha generato nel cuore e ha realizzato di fatto in loro e attraverso di loro. E come non fare memoria del nostro carissimo don Pino Puglisi, che molti di noi hanno avuto la gioia e il dono di conoscere e di collaborare? Il sangue del suo martirio sia germe di nuove vocazioni  – tutte! – e di santità di vita e di fecondità ministeriale”.

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