E il cardinale che aveva lanciato l’idea di evangelizzare le chatbot ha notato anche che questa ondata di conversioni viene in una Chiesa che “forse non è tanto capace di lavorare con i social, ma i giovani laici lo sono”. E aggiunge: “Ho un gruppo di laici, persone tra i venti e i trent’anni che producono su YouTube film professionali con testimonianze di persone che hanno deciso di seguire Cristo”.
Insomma, il cardinale Eijk vede in questo “la possibilità di raggiungere una fetta più grande della generazione Z”. C’è speranza, ma dobbiamo diffondere questo messaggio. Abbiamo sempre l’insegnamento della Chiesa, ma abbiamo perso quasi tutti nell’ultimo mezzo secolo. Adesso, con una testimonianza chiara e completa, possiamo guadagnare i cuori di molti giovani”.
L’analisi del cardinale Eijk è quasi spietata, tanto è chiara. C’è una cesura temporale, ed è negli Anni Sessanta. Fino agli Anni Sessanta, dice il cardinale, “la maggior parte delle persone e della società pensava che esistesse un legame tra matrimonio, rapporti sessuali e procreazione”, ma poi “questa visione si è dissolta a causa dell’individualismo, della secolarizzazione e dell’introduzione della contraccezione ormonale”.
E così, oggi “abbiamo a che fare con molte relazioni sessuali libere separate dal matrimonio e dalla procreazione, abbiamo pochi matrimoni in chiesa e anche il matrimonio civile è molto meno popolare”. Come individualista, la società non deve occuparsi della mia vita individuale.
L’impatto di questi cambiamenti sulla morale è ampio. “Se si possono avere rapporti sessuali senza procreazione – nota il Cardinale - ci si può chiedere se non sia accettabile un rapporto sessuale che non porti alla procreazione, come rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso”.
Eijk nota che la Chiesa ha mantenuto però la barra dritta, continuando il suo insegnamento basato sull’essenza del matrimonio come creato da Dio”, per cui “dobbiamo rispettare le intenzioni che il creatore aveva con la creazione dell’uomo e della sua sessualità”.
Eijk ovviamente si riferisce a lungo alla “teologia del corpo” di Giovanni Paolo, nota che il Concilio Vaticano II abbia trovato alcune analogie felici per descrivere il matrimonio (quella della relazione tra Dio e il popolo di Israele; quella del matrimonio e Trinità; quella di Cristo e la Chiesa).
In particolare, secondo l’analogia che vede gli sposi in relazione come lo è Cristo e la sua Chiesa, si nota che “Cristo si dà totalmente a noi nella sua morte in croce e noi siamo sottoposti al donarci completamente a lui, la nostra risposta di cristiani è come la risposta al popolo di Israele, spesso manchevole, e questo si riflette nel matrimonio elaborato da Cristo in un sacramento”.
C’è, nota il cardinale, una differenza tra il matrimonio naturale e quello sacramentale. Ovvio che il sacramento aggiunga qualcosa, ma anche il matrimonio naturale ha un aspetto soprannaturale, perché è stato creato ad immagine della Divina Trinità.
Da qui, si arriva al tema della castità, dei rapporti sessuali fuori del matrimonio, che Giovanni Paolo II definisce come “una menzogna” perché manca il dono totale di sé. E per questo, nota Eijk “la teologia del corpo dà una risposta comprensibile al problema della contraccezione che mancava nel 1968, quando Paolo VI promulgò l’Humanae Vitae, perché chi usa i contraccettivi blocca il dono totale di sé a livello fisico”.
Perché la castità? Perché, spiega il cardinale, questa “implica libertà interiore, dà un dominio su impulsi ed emozioni sessuali. La castità dobbiamo sforzarci di acquisirla. Dio può anche dare la castità come grazia, ma questo non toglie il nostro obbligo di sviluppare la castità con le nostre forze. Dobbiamo collaborare con la grazia”.
Viene chiesto al cardinale, sui divorziati e risposati, di vivere in castità, anche in presenza di prole, come fratello e sorella. E la domanda è se quella situazione sia comparabile al matrimonio e se il matrimonio si possa davvero definire solo in base alla presenza o all’assenza di sesso.
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Il cardinale spiega come si comporta in casi simili: “Le persone divorziate e risposate possono andare alla comunione, ma con le braccia incrociate sul petto, e potranno ricevere una benedizione. Questa sembra una soluzione soddisfacente, perché la Chiesa ha sempre benedetto i peccatori”.