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Cardinale Eijk: “Ecco le tre verità dell’uomo che permettono di superare la cultura della morte”

L’arcivescovo di Utrecht, medico, esperto di bioetica, mette in luce come la cultura della morte può essere superata dal cattolicesimo

Cardinale Eijk | Il cardinale Wilhelm Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht | Edward Pentin / NCR Cardinale Eijk | Il cardinale Wilhelm Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht | Edward Pentin / NCR

Sono tre le linee guida che permettono alla metafisica e filosofia cristiana di superare la visione secolare del mondo, in particolare in termini di bioetica. E il primo di questi è una forte opposizione allo scientismo odierno, e stabilisce che l’uomo può essere in grado di definire e pensare il metafisico anche se questo non è empiricamente dimostrabile. Lo ha sottolineato il Cardinale Wilhelm Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht, in un denso intervento al convegno “Lo splendore della verità nella scienza e nella bioetica” organizzato dalla Fondazione Jerome Lejeune. È il terzo Convegno Internazionale di Bioetica organizzato della cattedra Lejeuene.

Lejeune era il geniale scienziato francese che isolò la Sindrome di Down, amico di Giovanni Paolo II che lo andrò a trovare anche nel giorno dell’attentato del 1981, la cui fondazione porta avanti le ricerche sulla Sindrome di Down. Ma il convegno voleva ricordare, sin dal titolo, anche la Veritatis Splendor, enciclica del 1993 voluta da Giovanni Paolo II e che ha anche delle conseguenze nel campo bioetico, anche se poi ad essere celebrati sono i trenta anni della Evangelium Vitae, altra enciclica di Giovanni Paolo II dedicata alla bioetica.

Per comprendere l’importanza del convegno, basti pensare che Papa Leone XIV ha mandato un messaggio attraverso la Segreteria di Stato vaticano in cui esprimeva la sua vicinanza ai partecipanti.

Il cardinale Eijk ha puntato il dito sull’attuale cultura secolare che è emersa nel mondo occidentale a partire dagli Anni Cinquanta. Questa, ha detto, “non solo non rende facile il lavoro della scienza e della bioetica come servizio alla verità”, ma sta anche facendo rapida strada in tutto il mondo, e non solo nell’emisfero occidentale, anche attraverso internet e i social media.

Trenta anni dopo la pubblicazione della Evangelium Vitae, dunque – dice il Cardinale Eijk – la rappresentazione di Giovanni Paolo II della cultura odierna come cultura della morte “è ancora toccante”.

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Ejik lamenta che “individui, così come l’intera società e il mondo politico sono implicate in questa cospirazione contro le vite di essere umani che sono ammalati, disabili o impossibilitati a difendersi da soli. È una cultura della morte perché il valore intrinseco della vita umana non è riconosciuto e rispettato”.

Secondo il cardinale “tre fattori” hanno portato all’emergere di questa cultura della morte: “la visione che la conoscenza vera, affidabile e utile si possa realizzare solo attraverso mezzi empirici e secondo una misurazione tecnico scientifica”; il fatto che la cultura odierna sia permeata dal cosiddetto “individualismo espressivo”; e “la visione dualistica dell’uomo”.

Sono tre fattori “strettamente correlati insieme”, che si compenetrano in un mondo in cui “il valore della vita umana è paragonato ad altri valori e potrebbe essere più pesante a seconda delle circostanze”.

In particolare, Eijk nota che “l’individuo che si chiude dentro è meno portato a mostrare solidarietà con altri esseri umani che sono deboli o soffrono di disabilità e altre condizioni. L’individuo enfatizza la sua autonomia e vede non solo come un diritto, ma anche come un dovere, il designare la sua propria religione e filosofia di vita e scegliere i suoi valori etici distinguendosi da altri e così esprimere se stesso – ed è per questo che viene chiamato individualismo espressivo”.

Poi, il cardinale Eijk nota che l’uomo, nella cultura di oggi, è percepito in maniera dualistica, ma che “non riconosce l’esistenza di un’anima immateriale, ma identifica un uomo con la sua mente, la sua coscienza umana, ovvero l’abilità di pensare, prendere decisioni autonome e stabilire relazioni sociale”.

In questo senso “il corpo ha solo valore strumentale, e le persone hanno un ampio diritto di disporne. Questo significa che può adattare il corpo al suo gusto attraverso la chirurgia cosmetica o attraverso trattamenti transgender, e avere il suo sesso biologogico adattato alla sua identità genetica scelta”.

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Come superare tutto questo? Il Cardinale Eijk dà tre antidoti: considerare indispensabile riconoscere che la ragione umana può conoscere verità metafisiche; che gli esseri umani hanno solo un dominio partecipato sulla vita; che la vita umana è un valore intrinseco.

Il cardinale Eijk spiega che “il corpo è un fine in se stesso, e mai un mero mezzo per un fine, ovvero un valore puramente strumentale. Per questo l’uomo ha un diritto molto limitato di disporre del suo stesso corpo: può intervenire sul corpo solo allo scopo necessario di mantenere la vita della persona nella sua totalità, in accordo con il principio terapeutico, che è il principio fondamentale dell’etica medica”. In conseguenza, aggiunge il Cardinale, “l’uomo certamente non ha il diritto radicale di disporre della vita e morte di sé stesso, per non parlare di quella di altri esseri umani”.

Insomma, queste tre premesse sono gli antidoti necessari. Ma sono antidoti che devono essere nutriti a loro volta con la ragione, superando l’empirismo, e andando oltre quello che è l’attuale pensiero scientifico.

Inoltre, il Cardinale Eijk, che già in passato aveva chiesto una enciclica sul gender, ha sottolineato che sarebbe importante che oggi la Pontificia Accademia per la Vita stabilisca degli studi specifici proprio sul tema del gender e dei trattamenti transgender, tema diventato molto popolare sui media.