Città del Vaticano , domenica, 26. ottobre, 2025 17:45 (ACI Stampa).
Papa Leone XIV questo pomeriggio in San Pietro ha presieduto la Messa per l’Ordinazione Episcopale di Monsignor Mirosław Stanisław Wachowski, Arcivescovo titolare di Villamagna di Proconsolare e Nunzio Apostolico in Iraq.
Nell’omelia il Papa ha commentato il motto episcopale scelto dal neo Nunzio: “Gloria Deo Pax Hominibus . È il programma di una vita: cercare sempre che la gloria di Dio risplenda nella pace tra gli uomini. Questo è il senso profondo di ogni vocazione cristiana, e in modo particolare di quella episcopale: rendere visibile, con la propria vita, la lode di Dio e il suo desiderio di riconciliare il mondo a sé”.
Il vescovo – ha ricordato Papa Leone – deve essere umile: “non l’umiltà delle parole, ma quella che abita il cuore di chi sa di essere servo, non padrone; pastore, non proprietario del gregge . Il vescovo è chiamato a seminare con pazienza, a coltivare con rispetto, ad attendere con speranza. È custode, non proprietario; uomo di preghiera, non di possesso”.
Poi il riferimento alla “paternità pastorale: essere padre, pastore e testimone della speranza in una terra segnata dal dolore e dal desiderio di rinascita. Sei chiamato a combattere la buona battaglia della fede, non contro gli altri, ma contro la tentazione di stancarti, di chiuderti, di misurare i risultati, contando sulla fedeltà che è il tuo tratto distintivo: la fedeltà di chi non cerca sé stesso, ma serve con professionalità, con rispetto, con una competenza che illumina e non ostenta”.
Ruolo del Nunzio – ha aggiunto il Papa – è quello di “rafforzare i vincoli di comunione, per promuovere il dialogo con le Autorità civili, per custodire la libertà della Chiesa e favorire il bene dei popoli. Il Nunzio Apostolico non è un diplomatico qualunque: è il volto di una Chiesa che accompagna, consola, costruisce ponti. Il suo compito non è difendere interessi di parte, ma servire la comunione. In Iraq, terra della tua missione, questo servizio assume un significato speciale. Lì, la Chiesa cattolica, in piena comunione con il Vescovo di Roma, vive in diverse tradizioni: la Chiesa caldea, con il suo Patriarca di Babilonia dei Caldei e la lingua aramaica della liturgia; le Chiese siro-cattolica, armeno-cattolica, greco-cattolica e latina. È un mosaico di riti e di culture, di storia e di fede, che chiede di essere accolto e custodito nella carità”. In Iraq “si prega nella lingua che Gesù parlava: l’aramaico. Questa radice apostolica è segno di una continuità che la violenza, manifestatasi con ferocia negli ultimi decenni, non ha potuto spegnere. Anzi, la voce di quanti in quelle terre sono stati privati della vita in modo brutale non viene meno. Essi pregano oggi per te, per l’Iraq, per la pace del mondo”.



