La sua profezia è dunque la ‘Società del Gratuito’, opposta a quella del ‘Profitto’, che descrive così, sulla falsariga di papa Francesco: ‘L’uomo investe denaro nel campo economico per riaverlo aumentato; impegna le proprie energie, le proprie capacità per riaverle aumentate: in questa impostazione l’uomo diventa il centro di se stesso e, potenzialmente, è nemico degli altri, nel senso che tutte le volte che nel suo cammino incontra qualcuno che va contro i suoi interessi lo combatte (homo homini lupus)… La guerra è strutturata nella società umana. Come conseguenza si ha che ogni uomo si difende dall’altro: così cresce la paura, la difesa, l’attacco’ (Oreste. Benzi, ‘Un’umanità nuova fondata sul gratuito’, 25.2.85). La guerra è strutturale nella Società del Profitto, poiché ‘ogni persona che è senza padre e senza madre e viene tenuta rinchiusa in strutture emarginanti… subisce violenza e quindi è un focolaio di guerra. Ogni disoccupato subisce violenza ed è quindi un focolaio di guerra. Il focolaio di guerra è quella società che non vuole la guerra, ma che in realtà produce il disoccupato e quindi crea la guerra… Tutto il mondo lotta per uccidersi l’un l’altro: questa è una pazzia collettiva, che l’uomo vi è tanto dentro che non ci crede neanche più di essere pazzo’.
Per descrivere questa pazzia usa dei paragoni: ‘In noi può svilupparsi quella malattia autoimmune, in cui le cellule non si riconoscono più dello stesso corpo e si distruggono l’un l’altra, finché sono morte’. Questa Società non può essere aggiustata, ma va cambiata. La Società del Gratuito è fondata su una visione dell’uomo opposta a quella individualistica, ossia come persona, in cui le relazioni sono vitali; per cui, fondata sulle dinamiche positive della persona: realizzare le proprie capacità e parteciparsi nella gratuità. Nella Società del Gratuito le capacità non sono titoli di merito, ma di servizio, e la retribuzione è secondo il bisogno e non secondo i titoli (studio, carriera, livello); i beni sono usati come amministratori e non come proprietari. La Società del Gratuito è costituita dai ‘nuovi mondi vitali’, ossia da nuovi stili di vita sociale, in cui le persone si sentono accolte e amate per quello che sono: case famiglia, cooperative sociali, scuole del gratuito, professioni, aziende agricole, corpi di pace, centri educanti con i carcerati…
Principio di rinnovamento della società sono i piccoli, gli scartati (disabili, anziani, ex prostitute, carcerati e tutti coloro che non contano), poiché essi aiutano a rimanere umani: a riscoprire valori che rischiamo di perdere o addirittura di disprezzare: gratuità, tenerezza, compassione, il valore del tempo e della natura, dell’essere sull’avere. Dal 2006 l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è accreditata con lo stato ‘Consultativo Speciale’ all’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite), organismo che tratta tematiche legate allo sviluppo sociale, alla giustizia e alla pace, allo scopo di promuovere a livello globale il paradigma della Società del Gratuito”.
Quale era il suo ‘metodo’ pastorale?
“Un secondo elemento di profezia è il metodo pastorale, che si può oggi definire sinodale e missionario. don Benzi lo ha applicato sia nella sua parrocchia sia nella Comunità Papa Giovanni XXIIII. I cui principi si possono così enucleare: partire dalla vita delle persone e non da piani pastorali predefiniti: ‘Quando la vita interpella la fede, riunisci i fedeli e rispondi alla vita con la fede”; “Quando si devono costruire strade, occorre prima guardare dove passa la gente’. Decidere tutti insieme: ascoltare tutti! (il consiglio pastorale era sempre aperto a tutti e si svolgeva la domenica pomeriggio, una volta al mese). Le minoranze possono essere principi di rinnovamento nel futuro. Priorità della grazia: alle assemblee annuali ci si preparava spiritualmente anche mesi prima. Priorità della memoria: anzi tutto si faceva memoria di ciò che il Signore aveva fatto nella comunità gli anni precedenti (lettura teologica della storia). Priorità dell’ascolto e della condivisione delle esperienze di vita (in casa famiglia, nel quartiere, ecc) sulla conoscenza scientifica (ascolto degli esperti sui diversi temi: droga, educazione, disabilità. Conclusioni non solo teoriche, ma operative, stabilendo precisi obiettivi. Festa (sport, spettacoli)”.
Quali erano gli elementi costitutivi della sua spiritualità?
“Vivere non solo per Gesù e con Gesù, ma in Gesù per rinnovare il mondo. Nello specifico, conformare il proprio cuore a quello di Gesù servo, povero ed obbediente, che condivide in tutto la vita dell’uomo e prende su di sé i loro limiti e peccati (espiazione o diaconia dell’amore): questo è anche il carisma dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Tutto ciò si esplica nella condivisione diretta (mettere la vita con la vita di chi non è voluto da nessuno), la fraternità, la vita da poveri (con loro, come loro) ed una intensa preghiera che non tralasciava mai, anche nei ritmi frenetici delle sue giornate in giro per l’Italia ed il mondo (Eucaristia quotidiana, Liturgia delle Ore, Rosario, adorazione, meditazione della Parola di Dio)”.
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Allora per quale motivo era un apostolo della carità?
“Era un apostolo dell’amore di Dio, perché: ‘Nessuno deve essere lasciato soffrire da solo’. ‘Ci sono poveri (diceva) che ci vengono a cercare, ma tanti, la maggior parte non verranno mai: da quelli noi dobbiamo andare’. Sentiva empatia fortissima con chi non era considerato (scartato, si direbbe oggi), poiché suo padre apparteneva a quella categoria di persone ‘che credono talmente di non valere niente, che quasi ti chiedono scusa di esistere’. Aveva la certezza granitica che ogni uomo nasce con una missione da compiere nella storia e nel popolo di Dio e che è depositario di doni (carismi) particolari, per cui se qualcuno non corrisponde alla missione affidata, nella storia e nel popolo di Dio, rimarrà per sempre un buco”.
In quale modo riusciva a coinvolgere le persone?
“Prospettava alti ideali e li faceva percepire possibili da realizzare (aveva una grande capacità comunicativa); sapeva cogliere i carismi delle persone e valorizzarli (aveva grande conoscenza dell’umano, sia per dono naturale che per studio assiduo); dava fiducia e responsabilizzava; portava con sé sempre testimoni di resurrezione (es. ex tossici, disabili, ecc). Alcuni giovani che lo hanno seguito negli anni ’70 dicono: Non potevo credere che un prete poteva essere più matto di me, per cui l’ho seguito!”.