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A venti anni dalla morte di Giovanni Paolo II quanto il suo agire ha influenzato davvero la storia?

La lettura dello storico Carlo Felice Casule grazie al libro di Gianfranco Svidercoschi

Giovanni Paolo II, il cardinale Casaroli e il presidente Gorbacev |  | Piacenzaantica.it Giovanni Paolo II, il cardinale Casaroli e il presidente Gorbacev | | Piacenzaantica.it

Una delle domande che spesso si fanno gli storici delle Chiesa negli ultimi anni è dedicata a San Giovanni Paolo II: quanto il suo agire ha influenzato davvero la storia, quella laica per così dire?

Alcune risposte si trovano nel libro di Gianfranco Svidercoschi: Karol. Il papa che ha cambiato la storia.

A rileggere tra quelle righe, a venti anni dalla morte di Giovanni Paolo II e alla vigilia dell' anniversario della sua ordinazione sacerdotale,  c'è anche lo storico della Chiesa Carlo Felice Casula che   riparte dalla Novo millennio ineunte, del 6 gennaio 2001 dove Giovanni Paolo II scrive che “l'ingresso in un nuovo millennio ha certamente favorito, senza alcun cedimento a fantasie millenariste, la percezione del mistero di Cristo nel grande orizzonte della storia della salvezza”.

Nel suo libro Svidercoschi precisa che il 1989 “aveva avuto una lunga gestazione, cominciata dalla Conferenza di Helsinki” e lo stesso Gorbaciov a confessare: “Tutto ciò che è successo nell’Europa orientale non sarebbe stato possibile senza la presenza di questo Papa”.

Ma Casula trova altro nel libro per rileggere la Grande Storia. Come il Messaggio, ai capi di Stato firmatari dell’Atto finale di Helsinki, del 1° settembre 1980: “Se si riflette sui molteplici fattori che concorrono alla pace e alla giustizia nel mondo, si è colpiti dall’importanza sempre più grande rivestita, sotto questo aspetto, dall’aspirazione ovunque diffusa di vedere assicurata l’uguale dignità di tutti gli uomini e di tutte le donne nel modo di dividere i beni materiali e nel godimento effettivo dei beni spirituali, e degli inalienabili diritti corrispondenti.”

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Ma il Papa su questo non ha avuto influenza tanto che il 2 novembre del 1993, in una intervista a Jas Gawronski constatò amaramente l’affermarsi di un capitalismo selvaggio, dopo la fine del comunismo.

Oltre i capitoli più biografici, sempre letti con le lento della grade storia, Casula trova nel libro di Svidercoschi, quella Polonia, dove da pontefice compì ben tre viaggi grandiosi, nel 1979, nel 1983 e nel 1987,  dove il Papa "portava con sé la convinzione che la fede religiosa non fosse condannata a un ruolo marginale nella storia, non scomparendo nei paesi comunisti, nonostante le pluridecennali discriminazioni e persecuzioni, e non essendo neppure solo una sopravvivenza del passato nei paesi occidentali investiti dai processi di secolarizzazione. Questo elemento non va sottovalutato nelle analisi sulla fine della guerra fredda".

Casula torna al 2000 quando venne presentato un libro significativo per il periodo storico del crollo del comunismo: "Il libro delle memorie del cardinale Agostino Casaroli, con il suggestivo titolo, a lungo meditato, Il martirio della pazienza. La Santa Sede e i Paesi comunisti (1963-1989), successivamente tradotto in molte lingue".

Dice Casula: "Ricordo che Casaroli fu da Wojtyla confermato come segretario del Consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa e poi, il 1° luglio del 1979, nominato Segretario di Stato, nonostante il primate della Chiesa polacca, Stefan Wyszyński, fosse stato diffidente nei confronti della ostpolitik vaticana e è nota la sua espressione: Vir casaroliensis non sum.

Quasi per ironia della sorte o, meglio, per i disegni della Provvidenza, ebbe un                                ruolo decisivo nell’elezione del Papa polacco, come autorevolmente  Svidercoschi ricostruisce, proprio l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Franz König, che, su riservato incarico di Papa Giovanni, aveva creato in Ungheria i primi contatti per preparare la successiva ostpolitik affidata a monsignor Agostino Casaroli".   

E c'è un riferimento anche all'oggi con la iniziativa della Preghiera interreligiosa di Assisi: “l’iniziativa più discussa, anche perché poco capita, più innovatrice, più incisiva nel mantenere lo spirito di Assisi, cioè l’esigenza di un dialogo interreligioso che sappia ricostruire la concordia là dove le guerre, i conflitti, le ingiustizie e, talvolta, purtroppo anche i radicalismi religiosi, hanno distrutto”.

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