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Il Cardinale Zuppi all'Assemblea CEI: "Se la cristianità è finita, non è finito il cristianesimo"

Giovedì la chiusura dei lavori ad Assisi con Papa Leone XIV

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Il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ha aperto nel pomeriggio ad Assisi l’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale che verrà chiusa giovedì prossimo da Papa Leone XIV che per l’occasione si recherà nella cittadina umbra.

“Come Chiese in Italia, sentiamo oggi più fortemente – ha esordito il Cardinale - l’appassionante chiamata ad andare nella grande messe di questo mondo, per rispondere a tanti che desiderano conoscere il nome del Dio ignoto, per condividere il Pane che sazia, per annunciare il Vangelo della vita eterna a chi, a tentoni, cerca speranza, per curare le sofferenze di una folla stanca e sfinita perché senza pastore. Non giudicare e, quindi, inevitabilmente condannare, ma guardare con gli occhi di Gesù, quelli della compassione, per essere lievito di fraternità”

La fine della cristianità – ha osservato il Cardinale -  non segna affatto la scomparsa della fede, ma il passaggio a un tempo in cui la fede non è più data per scontata dal contesto sociale, bensì è adesione personale e consapevole al Vangelo. Se quindi la cristianità è finita, non lo è affatto il cristianesimo: ciò che tramonta è un ordine di potere e di cultura, non la forza viva del Vangelo. Per questo, non dobbiamo avere paura ma rinnovare il nostro impegno a essere testimoni gioiosi del Risorto. Non dobbiamo diventare mediocri, spaventati, paurosi nella paternità e nell’assumerci responsabilità, ma più evangelici e cristiani! In questo orizzonte, la fine della cristianità non è una sconfitta, ma un kairos: l’occasione di tornare all’essenziale, alla libertà degli inizi, a quel “sì” pronunciato per amore, senza paura e senza garanzie. Il Vangelo non ha bisogno di un mondo che lo protegga, ma di cuori che lo incarnino. È in questa situazione di “vulnerabilità” che la Chiesa riscopre la sua forza: non quella del potere, peraltro spesso presunto come le ricostruzioni sulla rilevanza della Chiesa, ma quella dell’amore che si dona senza paura”.

“La priorità – ha ribadito il Cardinale Presidente - è certamente trasmettere la fede, renderla viva, attraente, farla scoprire nascosta nelle attese e nei desideri del cuore, aiutando a ritrovarne le parole e la prassi. Ecco il nostro orizzonte e la nostra passione. Guardando tanti “senza tetto spirituali” sentiamo la loro condizione, spesso piena di sofferenza, una domanda per costruire case di preghiera, di fraternità con Dio e con il prossimo, dove sperimentare la maternità della Chiesa e vivere l’ascolto della parola che diventa vita. Non abbiamo alcuna ambizione politica o di guadagnare posizioni di potere! Non dobbiamo compiacere alcuno né alcuna forza politica, né abbiamo alcun consenso da guadagnare”.

Citando Benedetto XVI, l’Arcivescovo di Bologna ha proseguito: “Quando la fede è sorretta da stili di vita coerenti, sobri ed essenziali, quando si accompagna a un’esistenza serena e gioiosa, diventa contagiosa. Non rifugiamoci nella globalizzazione dell’impotenza, che spesso significa essere solo mediocri e porta a non pensare le cose grandi che invece solo gli umili e gli innamorati di Dio possono compiere”.

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Riferendosi poi al cammino sinodale, il Cardinale Zuppi ha spiegato che “ora si apre una fase nuova che interpella in particolare noi Pastori nell’esercizio della collegialità e in quel presiedere la comunione così decisivo perché la sinodalità diventi forma, stile, prassi per una missione più efficace nel mondo. Possiamo sviluppare tecniche diverse, sempre più efficaci e al passo con i tempi, ma sempre a servizio dell’annuncio di una esperienza di fede già vissuta”.

“La collegialità che esprimiamo nella forma della nostra Conferenza Episcopale – ha detto ancora - ci chiede anzitutto di esercitare il nostro prezioso ministero in una Chiesa che è sinodale, costituita da un popolo nel quale si cammina insieme, tutti insieme. La lezione del Vaticano II, anche da questa prospettiva, resta per noi una strada sicura da non smarrire. Siamo chiamati ad assumere tutto il cammino che in questi anni le Chiese in Italia hanno compiuto per orientarne i passi futuri attraverso il nostro discernimento e le risoluzioni che riconosceremo come necessarie. È un compito impegnativo quello che ci è chiesto: dobbiamo onorarlo nel migliore dei modi possibili perché nelle nostre Chiese prenda forma la profezia di una Chiesa che continua a lasciarsi plasmare dal soffio dello Spirito”.

A tale proposito il Cardinale Zuppi apre alla “ riflessione sull’eventuale revisione dello stesso Statuto della CEI”.

Nella sua prolusione il Cardinale ha proseguito: “Va riaccesa la passione di far comunità, di pensarsi insieme, che è anche difficile e faticoso, come tutte le cose impegnative, anche perché si tratta di condividere la fraternità in un mondo di persone abituate a vivere sole, a parlarsi in remoto, a fare girare tutto intorno all’io. Sostenere una comunità, la sua crescita e il suo sviluppo, è un’arte pastorale, ma è principalmente frutto della Eucarestia, della preghiera comune, del servizio ai poveri. Tutti i nostri ministeri acquistano significato se in relazione a una comunità. Va riaccesa e accompagnata questa passione comunitaria che è evangelica e scritta nel profondo dell’animo umano. In una società che si atomizza la Chiesa non cessi mai di essere popolo”.

Non è mancato poi un riferimento alla lotta agli abusi. “Non dobbiamo cessare di mantenere alta la guardia. È stata fatta molta strada in questi anni, e non abbiamo avuto paura né di iniziarla né di continuare a percorrerla”.

Infine – ha concluso il Presidente della CEI -  pensando all’architettura della pace, non si può trascurare l’Europa, che può garantirla risolvendo i conflitti nel dialogo e pensandosi insieme. Molti cristiani hanno giocato un grande ruolo nella riconciliazione tra europei dopo la Seconda guerra mondiale. E sono convinto che i cristiani e la nostra Chiesa cattolica abbiano un importante servizio da vivere. In un mondo complesso, tentato dalla logica della forza, l’Europa rappresenta un approdo importante e noi, cristiani europei, abbiamo una responsabilità. Non si tratta soltanto di mettere in comune problemi ad intra, quanto di confrontarsi, alla luce della fede, su pensieri lunghi che riguardino il nostro Continente ed esso in rapporto agli altri. Per questo, non deve venire meno l’attenzione sulla martoriata Ucraina”.

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