"La bellezza di Sion, città sul monte, simbolo di una comunità rinata nella fedeltà che diventa segno di luce per uomini e donne di ogni provenienza, ci rammenta che la gioia del bene è contagiosa. Ne troviamo conferma nella vita di molti Santi. San Pietro incontra Gesù grazie all'entusiasmo di suo fratello Andrea, che a sua volta, assieme a Giovanni apostolo, è condotto al Signore dallo zelo di Giovanni il Battista" continua papa Leone XIV. Parla della forza della testimonianza, citando San Giovanni Crisostomo, “grande Pastore di questa Chiesa”: “parlava del fascino della santità come di un segno più eloquente di tanti miracoli” precisa il papa. E' la fede, il tema centrale dell'omelia: "Coltiviamo la nostra fede con la preghiera ei Sacramenti, viviamola coerentemente nella carità, gettiamo via – come ci ha detto San Paolo nella seconda Lettura – le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Il Signore, che attendiamo glorioso alla fine dei tempi, viene ogni giorno a bussare alla nostra porta".
La seconda immagine è quella “che ci viene dal profeta Isaia è quella di un mondo in cui regna la pace”, dice il pontefice. "Quanto bisogno di pace, di unità e di riconciliazione c'è attorno a noi, e anche in noi e tra noi! Come possiamo contribuire a rispondere a tale domanda?". E prende spunto per rispondere a questa domanda dal logo del viaggio postolico che sta conducendo: “uno dei simboli scelti è quello del ponte”. Un'immagine che può ricordare anche il famoso grande viadotto presente a Istanbul che “attraversando lo stretto del Bosforo, unisce due continenti: Asia ed Europa”. E a questi, "col tempo, si sono aggiunti altri due passaggi, cosicché attualmente i punti di congiunzione tra le due sponde sono tre. Tre grandi strutture di comunicazione, di scambio, di incontro: imponenti a vedersi, eppure tanto piccole e fragili, se paragonate agli immensi territori che collegano". Tutto diviene metafora per papa Leone XIV: “Il loro triplice stendersi attraverso lo Stretto ci fa pensare all'importanza dei nostri sforzi comuni per l'unità a tre livelli: dentro la comunità, nei rapporti ecumenici con i membri delle altre Confessioni cristiane e nell'incontro con i fratelli e le sorelle appartenenti ad altre religioni”.
E se tre sono i livelli, quattro sono le tradizioni della Chiesa in Turchia: latina, armena, caldea e sira, “ciascuna apportatrice di una propria ricchezza a livello spirituale, storico e di vissuto ecclesiale”. La condivisione di tali differenze "può mostrare in modo eminente uno dei tratti più belli del volto della Sposa di Cristo: quello della cattolicità che congiunge. L'unità che si cementa attorno all'Altare è dono di Dio, e come tale è forte e invincibile, perché è opera della sua grazia. Al tempo stesso, però, la sua realizzazione nella storia è affidata a noi, ai nostri sforzi". C'è bisogno di cura, per il pontefice, affinché sempre di più si valorizzi questa pluralità in un'unione salda, “in una comunione che questa liturgia ci suggerisce”: ecumenica. Ecumenica perché sono presenti i Rappresentanti di altre Confessioni, che papa Leone XIV ha salutato “con viva riconoscenza”.
“Rinnoviamo, oggi, il nostro “sì” all'unità, «perché tutti siano una sola cosa», “ut unum sint”. Una unione che deve essere strumento per la pace: “Viviamo in un mondo in cui troppo spesso la religione è usata per giustificare guerre e atrocità. Noi però sappiamo che, come afferma il Concilio Vaticano II, «l'atteggiamento dell'uomo verso Dio Padre e quello dell'uomo verso gli altri uomini suoi fratelli sono talmente connessi che la Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio”. Perciò vogliamo camminare insieme, valorizzando ciò che ci unisce, demolendo i muri del preconcetto e della sfiducia, favorendo la conoscenza e la stima reciproca, per dare a tutti un forte messaggio di speranza e un invito a farsi «operatori di pace»”.
A fine della celebrazione, i saluti del Vicario Apostolico di Istanbul, Monsignor Massimiliano Palinuro ha rivolto il suo ringraziamento al pontefice: "grazie di cuore per aver confermato nella fede i suoi fratelli pellegrini in questa terra di Turchia, chiamata giustamente "Terra Santa della Chiesa". Quest'assemblea eucaristica è un segno di speranza: un nuovo cenacolo per una rinnovata Pentecoste". E ha continuato: "Qui in Turchia, come a Nicea diciassette secoli fa, la Chiesa sta ritrovando l'unità nella professione dell'unica fede e il cammino verso la piena comunione progredisce sotto la guida saggia del Patriarca Bartolomeo. Qui, dove Cristianesimo e Islam da secoli convivono in un mosaico di cultura, impariamo a conoscere le reciproche ricchezze ea vivere da fratelli, abbattendo i muri di secolari pregiudizi". E, infine, ringrazia per il dono che papa Leone XIV ha fatto: un calice e una patena. Il calice e la patena sono stati realizzati dall'orafo reggiano Giuliano Tincani su ideazione di Fernando Miele, nella ricorrenza del XVII centenario del Concilio Niceno: la loro commissione da subito si è configurata quale dono papale per il Vicariato e l'Amministrazione Apostolica di Istanbul, in segno di unità nella memoria del I Concilio Ecumenico. Sulla base del piede sono incise: una Croce, le chiavi di Pietro (riferimento alla Committenza), la parola NICEA e le date CCCXXV e MMXXV. Sul piede, in oro ea rilievo, sono: l'Agnello apocalittico e le lettere IC XC NI KA. La coppa è impreziosita dal testo greco del Simbolo Niceno. Alla base del calice è inciso manualmente lo stemma di papa Leone XIV e la memoria dell'evento della celebrazione del 29 novembre a Istanbul in memoria del I Concilio di Nicea. Anche il Vicario Apostolico di Istanbul, Monsignor Massimiliano Palinuro dona al pontefice un calice, prezioso. Oro e argento si fondono in armoniosa bellezza.
Una bella celebrazione, un grido e un applauso enorme e fragoroso: "Viva il papa".
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Intanto, in attesa della partenza per domani per Beirut, un piccolo “incidente di percorso” per l'aereo A320 che sta accompagnando il pontefice in questo suo primo viaggio apostolico: un aggiornamento di uno dei software presenti nell'aereo. Un aggiornamento di prassi, tra l'altro. Ma, nessun ritardo per il viaggio, come aveva già assicurato Matteo Bruni, direttore della sala stampa della Santa Sede, che aveva fatto sapere già nella tarda mattinata di oggi che era “in volo verso Istanbul un componente dell'aereo sui cui viaggiamo e il tecnico che lo sostituirà”. Questa operazione conclusasi nel pomeriggio di oggi consentirà all'aereo papale di decollare domani dopo pranzo per Beirut, capitale del Libano. Vieni dal programma.