Beirut , martedì, 2. dicembre, 2025 10:19 (ACI Stampa).
"Disarmiamo i nostri cuori, facciamo cadere le corazze delle nostre chiusure etniche e politiche, apriamo le nostre confessioni religiose all’incontro reciproco, risvegliamo nel nostro intimo il sogno di un Libano unito, dove trionfino la pace e la giustizia, dove tutti possano riconoscersi fratelli e sorelle". E' l'appello del Papa ai cattolici del Libano, e a tutti i libanesi nella messa finale al Beirut Waterfront, più di 120 mila i presenti.
Nel 2012 Benedetto XIV aveva celebrato la messa nello stesso luogo. Era un afosa giornata di settembre e il Libano non era nella situazione di oggi. Per questo oggi il Papa spiega la gratitudine ai cuori dei libanesi "appesantiti dalle fatiche della vita, preoccupati per i numerosi problemi che ci circondano, paralizzati dall’impotenza dinanzi al male e oppressi da tante situazioni difficili, siamo più portati alla rassegnazione e al lamento, che allo stupore del cuore e al ringraziamento".
La lode parte dalla bellezza del luogo, dice il Papa "da questa spianata che si affaccia sul mare, anch’io posso contemplare la bellezza del Libano cantata dalla Scrittura" ma aggiunge "però, tale bellezza è oscurata da povertà e sofferenze, da ferite che hanno segnato la vostra storia, sono appena stato a pregare nel luogo dell’esplosione, al porto; è oscurata da tanti problemi che vi affliggono, da un contesto politico fragile e spesso instabile, dalla drammatica crisi economica che vi opprime, dalla violenza e dai conflitti che hanno risvegliato antiche paure".
Ecco l'insegnamento di Gesù che nel Vangelo ringrazia il Padre non per opere straordinarie, "ma perché rivela la sua grandezza proprio ai piccoli e agli umili, a coloro che non attirano l’attenzione, che sembrano contare poco o niente, che non hanno voce". Cercare le tracce di Dio in una storia apparentemente perduta è il compito dei cristiani, e il Papa parla delle "piccole luci che risplendono nella notte, piccoli virgulti che spuntano, piccoli semi piantati nell’arido giardino di questo tempo storico" come la "vostra fede semplice e genuina, radicata nelle vostre famiglie e alimentata dalle scuole cristiane; penso al lavoro costante delle parrocchie, delle congregazioni e dei movimenti per andare incontro alle domande e alle necessità della gente; penso ai tanti sacerdoti e religiosi che si spendono nella loro missione in mezzo a molteplici difficoltà; penso ai laici come voi impegnati nel campo della carità e nella promozione del Vangelo nella società".
Una gratitudine che diventa conversione "siamo chiamati a coltivare questi virgulti, a non scoraggiarci, a non cedere alla logica della violenza e all’idolatria del denaro, a non rassegnarci dinanzi al male che dilaga".







