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Chiusa la Porta Santa di San Giovanni. Reina: nella Porta impresse le carezze di coloro che cercano misericordia

Chiusa oggi la Porta Santa di San Giovanni in Laterano

La chiusura della Porta Santa in San Giovanni in Laterano | La chiusura della Porta Santa in San Giovanni in Laterano | Credit Vatican Media La chiusura della Porta Santa in San Giovanni in Laterano | La chiusura della Porta Santa in San Giovanni in Laterano | Credit Vatican Media

E dopo giovedì scorso, 25 dicembre, con la chiusura della Porta Santa di Santa Maria Maggiore, da parte del cardinal Rolandas Makrickas, Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, oggi è stata la volta di quella della basilica papale di San Giovanni in Laterano da parte del cardinale Arciprete Baldassare Reina. Domani sarà la volta di quella della basilica di San Paolo fuori le Mura dal Cardinale Arciprete James Michael Harvey. E, infine, il 6 gennaio, solennità dell’Epifania, la Porta di San Pietro. A presiedere il rito sarà lo stesso papa Leone XIV. 

 

Momenti densi di emozione quelli della chiusura della Porta Santa della basilica di San Giovanni in Laterano. Lungo silenzio prima di entrare nella basilica da parte del cardinal Reina. Dopo, la celebrazione della Santa Messa. Il cardinal Arciprete Reina, dopo la lettura del Vangelo secondo Giovanni (capitolo 20, 2-8), ha tenuto la sua omelia che è partita proprio dal Vangelo stesso: “La liturgia della Parola di questa celebrazione eucaristica per la chiusura della Porta Santa  nella nostra cattedrale ci offre una pagina di Vangelo che unisce il mistero del Natale, da poco celebrato, a quello di Pasqua, serrando in questo modo l'unità della rivelazione della prossimità di Dio. Oggi è la festa di San Giovanni, il discepolo che era divenuto l'amico più caro di Gesù, che aveva camminato con lui, aveva ascoltato la sua voce, anche quella senza parole, del suo cuore poggiando l'orecchio sul suo petto, seguendo le parole che lo descrivono mentre corre verso la tomba in cui era stato sepolto il suo maestro e amico”.

 

E, allora, la domanda “che unisce la corsa di Maria di Magdala e di Pietro”: la tomba è vuota, dove cercarlo? Il porporato fa un parallelismo con questa domanda dei personaggi del Vangelo con quella dei pellegrini “che sono venuti nella nostra città durante quest'anno santo”. Ed è proprio questa domanda di tanti “che vorrebbero incontrare Gesù nella loro vita”. La domanda, infine, diventa quella soprattutto della Diocesi di Roma. Reina, infatti, si domanda: “Cosa significa questa sorpresa per la nostra Diocesi? Io per primo mi sento custode della possibilità che questa sorpresa trovi spazio nel nostro annunciare il Vangelo, trovi dimora nelle nostre comunità, trovi corpo nel nostro essere ministri della misericordia di Dio, trovi il suo imberamento in una città in cui molti hanno perso la speranza”. 

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Descrive le diverse domande esistenziali presenti nei fedeli della Città di Roma. Il suo sguardo si concentra “tra periferia e centro”, dove sono presenti - continua Reina -  “miserie economiche ed esistenziali”, dove si vive l’”assenza di fraternità in cui ci rassegniamo anche nel presbiterio a rimanere soli o a lasciarci da soli”. 

Da queste domande, allora, l’impegno di “annunciare manifestando la presenza nell'assenza, contrastando ogni inerzia perché si possa incontrare il Signore. Un annuncio che alle parole unisce il gesto, coinvolge tutti i sensi trasfigurando la nostra città”. Reina non ha dubbi: “Dobbiamo essere missionari della trasfigurazione di tutti i luoghi sociali ed esistenziali”. 

Poi, il passaggio dell'omelia riguardo la Porta Santa: “E se ora chiudiamo la porta sappiamo che il risorto passa attraverso le porte chiuse e non si stanca di bussare alle nostre porte chiuse per offrire e trovare misericordia. Sì, trovare, perché anche Lui la cerca”. E, infine: “Comincia un tempo nuovo per la nostra Diocesi.  Uniamo le nostre preghiere, le nostre forze, per essere luogo che rivela la presenza del Signore, che testimonia la sua prossimità, divenendo prossimi gli uni gli altri, senza dimenticarci di nessuno, proprio di nessuno, come fa il buon Pastore”.

 

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