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Abusi in Francia, il botta e risposta sul rapporto CIASE lascia più domande che risposte

Il rapporto del CIASE era stato ampiamente contestato, e una presa posizione molto forte era stata presa dall’Accademia Cattolica di Francia. Sauvé difende il suo lavoro. Ma fa anche qualche marcia indietro

Jean-Marc Sauvé | Jean-Marc Sauvé, presidente della CIASE | Twitter Jean-Marc Sauvé | Jean-Marc Sauvé, presidente della CIASE | Twitter

È una difesa forte del lavoro della sua commissione, ma è anche un tentativo di minimizzare i documenti, di normalizzare i rapporti, quella contenuta nel documento con cui Jean-Marc Sauvé risponde all’Accademia Cattolica di Francia che aveva contestato i dati pubblicati dal rapporto della Commissione Indipendente sugli Abusi Sessuali della Chiesa.

Secondo il rapporto, conosciuto con la sigla del CIASE, 330 mila minori sarebbero stai oggetto di violenze sessuali da parte di chierici, religiosi o laici in relazione con la Chiesa in un periodo di tempo che andava dal 1950 al 2020. Le cifre andavano contestualizzate, ci si doveva ricordare che si trattava di stime, di segnalazioni telefoniche o via email. Anche i numeri andavano letti bene: terribili, se si pensa alla Chiesa, ma in termini di paragone si poteva notare che si trattava del 4 per cento degli abusi sessuali commessi in Francia in quel periodo di tempo, che interessavano tra il 2,5 e il 2,8 per cento dei sacerdoti.

Nel mezzo di una fortissima campagna mediatica contro la Chiesa cattolica, in pochi avevano contestualizzato le 2000 pagine di rapporto e 45 raccomandazioni prodotte dal CIASE. Solo l’Accademia Cattolica di Francia lo aveva fatto. L’Accademia è un organismo ufficioso, nato nel 2008, che riunisce dai 200 ai 250 accademici.

Questi avevano denunciato sia la copertura mediatica del rapporto, sia la sua metodologia. Per esempio, la stima statistica di 330 mila vittime nasce sulla proiezione di 2.738 testimonianze ricevute. Ma questa era la proiezione dell’IFOP. La Scuola Pratica di studi superiori stimava 27.808 abusati. Una differenza troppo ampia perché il rapporto fosse davvero credibile nelle cifre.

Non solo. Per gli accademici, la CIASE non era stata guidata da rigore scientifico, e che anzi “la valutazione sproporzionata di questa piaga alimenta il discorso di carattere sistemico e pone le basi per proposte di abbattimento della Chiesa istituzione”. E poi, veniva sottolineato che il rapporto Sauvé esige anche “cambiamenti pastorali e dottrinali della Chiesa cattolica”, senza però nemmeno considerare il Catechismo della Chiesa cattolica, rivelando “un’ecclesiologia imperfetta, un’esegesi debole, una teologia morale superata”.

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Senza contare che il rapporto non contestualizzava – dicono gli accademici – il “contesto favorevole alla pedofilia” presente tra il 1950-1970.. La denuncia degli accademici è che il rapporto CIASE puntava a trascinare l’istituzione Chiesa al centro dello scandalo, mentre “la Chiesa non è una persona giuridica. La responsabilità invece coinvolge una persona responsabile alla quale il danno può essere attribuito”.

La risposta della CIASE è arrivata il 9 febbraio, con un documento di 53 pagine, redatto con cinque specialisti in metodologia di indagine e teoria di sondaggi, e dal professore François Heran.

La CIASE sottolinea che le perizie affermano che la metodologia è solida e che dunque

"la legittima emozione suscitata dalle cifre […] non giustificava neanche il loro ostinato diniego, né i (loro) tentativi di squalifica”.

Ma, alla fine, concede che descrivere la violenza sessuale nella Chiesa come sistemica “non significa che l’istituzione Chiesa avrebbe organizzato deliberatamente e sistematicamente un sistema di abusi sessuali su larga scala", anche se poi Sauvé denuncia una passività dell’Istituzione.

Per quanto riguarda le raccomandazioni, che includevano anche un attacco al segreto della confessione, la Commissione dice di avere “la sensazione che nessuna delle sue raccomandazioni leda la dottrina della Chiesa cattolica. Il suo mandato non era né teologico, né esegetico, né ecclesiologico, e tanto meno dottrinale. Senza offesa per i suoi detrattori, la CIASE non intende dettare la legge della Chiesa”. Una affermazione importante, se si considera che l’arcivescovo Eric Moulins de Beaufort, presidente della Conferenza Episcopale Francese, aveva persino dovuto chiedere scusa dopo aver difeso il segreto della confessione.

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E poi, arriva l’attacco ideologico. Perché per la CIASE “le lamentele dell'Accademia hanno radici più profonde. Semplice non accetta che la Chiesa cattolica abbia affidato a laici, credenti e non, cioè a persone diverse dai chierici, il compito di fare luce al suo interno sul tema della pedocriminalità, per valutare il modo in cui queste domande era stato affrontato e di formulare eventuali raccomandazioni utili”.

Per Sauvé, l’Accademia critica il rapporto ma dimostra “la sua indifferenza verso le vittime”, con l’idea di preservare "una certa idea di protezione della Chiesa cattolica", mostrandosi agli antipodi dalle idee di Papa Francesco.

Il CIASE, dunque, non si è limitato a rispondere alle critiche, ma è anche attaccato i cattolici di Francia. Resta l’idea che ormai niente, dei rapporti esterni e del modo in cui sono stilati, possa essere criticato. Tutto deve ridursi a un punto di vista già deciso. Lo stesso Papa Francesco, però, aveva messo in guardia da come i media utilizzavano lo scandalo degli abusi contro la Chiesa nel suo discorso conclusivo al summit vaticano sugli abusi del febbraio 2019.