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Accordo sul clima, i tre pilastri della Santa Sede

Tour Eiffel  | La Tour Eiffel illuminata per il COP21  | diplomatie.gouv.fr Tour Eiffel | La Tour Eiffel illuminata per il COP21 | diplomatie.gouv.fr

Tre pilastri per l’accordo sul clima. Nel suo intervento alla Conferenza sul Clima di Parigi, il COP21 (ovvero la 21esima conferenza delle parti), il Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato, delinea i criteri sui quali si dovrebbe sviluppare l’accordo sul clima. Ovvero, che l’accordo abbia un chiaro orientamento etico. Che non solo individui il modo in cui l’accordo deve essere attuato, ma che orienti i comportamenti. E che sviluppi una visione per il futuro.

Temi che aveva già delineato l’arcivescovo Richard Paul Gallagher, Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, in un intervento la scorsa settimana, che svelava molto della posizione che avrebbe assunto la Santa Sede a Parigi. Una posizione che Papa Francesco incoraggia, dato che guarda all’accordo con molta preoccupazione. “Siamo sull’orlo del suicidio”, ha sottolineato nella conferenza stampa in aereo di ritorno dal Centrafrica.

Lo stesso Cardinal Parolin, prendendo parola “a nome di Papa Francesco”, ricorda la preoccupazione del pontefice sul tema del clima, e di come il Papa abbia toccato l’argomento anche nel suo discorso all’ufficio ONU di Nairobi lo scorso 26 novembre. Per la Santa Sede – aveva già spiegato il Papa - l’accordo deve essere “globale e trasformativo, fondato sui principi della solidarietà, della giustizia, dell’equità e della partecipazione, orientato al conseguimento di tre obiettivi complessi e interdipendenti: alleviare gli impatti del cambiamento climatico, combattere la povertà, far fiorire la dignità della persona umana”. Sarebbe tragico, ha aggiunto, che gli interessi particolari prevalgano sul bene comune e portino specialmente a manipolare l’informazione.

Come ottenere l’accordo? Attraverso quelli che il Cardinal Parolin chiama “i tre pilastri.” Il primo è la “adozione di un chiaro orientamento etico, che ispiri le motivazioni e le finalità dell’Accordo da implementare”, anche perché sono i più poveri quelli che pagano le conseguenze del cambiamento climatico, e “non c’è più spazio per la cosiddetta globalizzazione dell’indifferenza.

Afferma il Cardinal Parolin: “Di fronte all’urgenza di una situazione che richiede la più ampia collaborazione possibile per il raggiungimento di un piano comune, è importante che quest’Accordo sia imperniato sul riconoscimento sia dell’imperativo etico ad agire in un contesto di solidarietà globale, sia della responsabilità comune ma differenziata di ciascuno, secondo le rispettive capacità e condizioni”.

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Secondo pilastro: l’accordo non deve solo individuare il modo in cui essere attuato, “ma anche e soprattutto trasmettere chiari segnali che orientino i comportamenti di tutti gli attori interessati a comunicare dai Governi, ma anche le autorità locali, il mondo imprenditoriale, la comunità scientifica e la società civile”.

È la richiesta di un cambio di mentalità globale, che “richiede di intraprendere con convinzione la strada verso un’economia a basso contenuto di carbonio e verso uno sviluppo umano integrale”. Un cambio che dipenderà dall’impegno delle parti. L’auspicio è che “i Paesi con maggiori risorse e capacità dovrebbero dare il buon esempio, apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile”. Il Cardinal Parolin specifica che si riferisce “alla promozione delle energie rinnovabili e della dematerializzazione, così come allo sviluppo dell’efficienza energetica; oppure a una gestione adeguata delle foreste, del trasporto e dei rifiuti; allo sviluppo di un modello circolare dell’economia; all’attuazione di programmi appropriati, sostenibili e diversificati di sicurezza alimentare e di lotta allo spreco del cibo; a strategie di contrasto a speculazioni e a sussidi inefficaci e talvolta iniqui; allo sviluppo e trasferimento di tecnologie appropriate”.

Dopo il cambio di mentalità, arriva la prospettiva future, perché – spiega il Segretario di Stato vaticano – “la COP-21 non rappresenta né un momento di arrivo, né un punto di partenza, ma una tappa cruciale di un percorso che certo non termina nel 2015”.

Quindi l’accordo dovrebbe avere “ampia prospettiva temporale”, prevedere “follow up trasparenti, efficaci e dinamici, in grado di aumentare progressivamente il livello di ambizione, nonché garantire un adeguato controllo”.

L’accordo deve prendere anche in considerazione una “educazione e formazione” a nuovi stile di vita, impegno educativo che “purtroppo talvolta messo al margine dei negoziati sugli accordi internazionali”. Ma – specifica il Cardinal Parolin – “le soluzioni tecniche sono necessarie ma non sufficienti, se non si entra nel merito dell’educazione a stili di vita sostenibili e a una consapevolezza responsabile”. In fondo – afferma il Cardinal Parolin - “l’attuale stile di vita, con la sua cultura dello scarto, è insostenibile e non deve avere spazio nei nostri modelli di educazione e di sviluppo”.