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Amoris Laetitia, la riflessione del Cardinale Coccopalmerio

Il libro Il libro "L'ottavo capitolo dell'Amoris Laetitia" | Il volume dell'Amoris Laetitia presentato in Radio Vaticana, 14 febbraio 2017 | Daniel Ibanez / ACI Group

È con puntiglio da giurista che il Cardinale Francesco Coccopalmerio affronta il capitolo VIII dell’Amoris Laetitia. Lo fa in un piccolo libro pubblicato con la Libreria Editrice Vaticana, intitolato prosaicamente “Il Capitolo Ottavo della Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris Laetitia”. Un libricino in cui ripropone alcune delle riflessioni che aveva già portato davanti ai giornalisti durante il Sinodo 2014, cercando “dispense” nella norma che permettano di adottare il principio della non esclusione e salvare il principio della non indissolubilità del matrimonio.

Una tensione quasi impossibile da risolvere, e che pure il Cardinale risolve con un ragionamento puramente giuridico, che porta alla conclusione che “la Chiesa potrebbe ammettere alla penitenza e alla Eucarestia i fedeli che si trovano in unione non legittima” se questi “desiderano cambiare tale situazione, però non possono attuare il loro desiderio”.

Riproponendo uno per uno i 22 numeri che compongono il più discusso capitolo dell’Amoris Laetitia, il Cardinale Coccopalmerio ricorda che i testi dell’esortazione contengono “con assoluta chiarezza tutti gli elementi della dottrina sul matrimonio in piena coerenza e fedeltà all’insegnamento tradizionale della Chiesa”. Ma nota anche che l’esortazione chiede ai pastori di porsi in maniera “positiva e costruttiva” di fronte ai matrimoni civili o alle cosiddette unioni irregolari, cercando di evitare una immediata condanna.

Anche se – aggiunge – “in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza”. Nessuna concessione al relativismo, per il Cardinale Coccopalmerio.

Il quale poi, con un puntiglio che solo un giurista esperto può avere, sciorina una serie di “condizioni soggettive o oggettive di coscienza” delle diverse persone nelle diverse situazioni non regolari. In quale caso possono queste avere accesso all’Eucarestia?

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Non c’è solo il problema dell’ignoranza della norma, per il presidente del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi, ma anche nella difficoltà della comprensione della norma, e delle condizioni concrete che “non permettono di agire diversamente”. E quest’ultima motivazione è cruciale per il Cardinale.

Il Cardinale fa poi un esempio che già aveva fatto al Sinodo dei vescovi, parlando di “una donna che è andata a convivere con un uomo sposato canonicamente e abbandonato dalla moglie con tre bambini ancora piccoli”.

“Questa donna – aggiunge il cardinale - ha salvato l’uomo da uno stato di profonda prostrazione, probabilmente dalla tentazione di suicidio; ha allevato i tre bambini non senza notevoli sacrifici; la loro unione dura ormai da dieci anni; è nato un nuovo figlio. La donna della quale parliamo ha piena coscienza di essere in una situazione irregolare. Vorrebbe sinceramente cambiare vita. Ma, evidentemente, non lo può”.

Perché “se, infatti, lasciasse la unione, l’uomo tornerebbe nella condizione di prima, i figli resterebbero senza mamma. Lasciare l’unione significherebbe, dunque, non adempiere gravi doveri verso persone di per sé innocenti. È perciò evidente che non potrebbe avvenire ‘senza una nuova colpa’”. 

Il Cardinale parla anche della possibile seconda unione da vivere “come fratello e sorella” che “qualora l’impegno si riveli possibile senza difficoltà per il rapporto di coppia”, allora i due conviventi lo accettino volentieri”, ma se invece l’impegno determina difficoltà, i due conviventi non sembrano di per sé obbligati”.

Ammettendo alla comunione quanti sono “in una unione non legittima”, ma “desiderano cambiare tale situazione, però non possono attuare il desiderio”, resta l’ostacolo dello scandalo, che sarebbe da evitare “istruendo i fedeli”. E poi, il Cardinale sottolinea che in questo caso “la dottrina è rispettata, perché i fedeli nella situazione ipotizzata si trovano in unioni non legittime, anzi, più precisamente, possiamo senz’altro affermare che tale condizione è oggettivamente di peccato grave. La dottrina del sincero pentimento che contiene il proposito di cambiare la propria condizione di vita come necessario requisito per essere ammessi al sacramento della penitenza è nel caso rispettata, perché i fedeli nelle situazioni ipotizzate, da una parte, hanno coscienza, hanno convinzione, della situazione di peccato oggettivo nella quale attualmente si trovano e, dall’altra, hanno il proposito di cambiare la loro condizione di vita, anche se, in questo momento, non sono in grado di attuare il loro proposito”.

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Mentre di certo non può essere ammesso ai sacramenti chi “sapendo di essere in peccato grave e potendo cambiare, non avesse più alcuna sincera intenzione di attuare tale proposito”.

Il testo, va da sé, è un punto di vista di un insigne cardinale con una particolare abilita nel diritto. Presentando il volume, il direttore della LEV, don Giuseppe Costa, ci ha tenuto a sottolineare che si tratta di “una iniziativa del Cardinale”, e che dunque non è da intendersi come una risposta ad altri porporati, bensì come un intervento all’interno di un dibattito.

Se è concessa una nota critica, il testo è sviluppato come un preciso trattato giuridico, in cui la terminologia e la casistica giuridica sono predominanti. Parlando dei casi concreti, il Cardinale Coccopalmerio sottolinea, ad esempio, “che un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o la colpevolezza della persona coinvolta”. In alcuni casi si parla della “forma giuridica della dispensa, mentre ogni testo è analizzato e sezionato come si farebbe per un trattato di diritto.

Ma è davvero questo l’approccio richiesto dall’Amoris Laetitia? È una domanda da porsi, mentre i vescovi spiegano l’esortazione con le loro lettere pastorali, e alcune conferenze episcopali stilano linee guida più ampie. Se l’impegno richiesto dall’esortazione è quello di un discernimento pastorale, allora sono i vescovi, e i sacerdoti confessori, ad essere chiamati a valutare caso per caso. Perché sono i vescovi che conoscono la sensibilità del gregge, le situazioni particolari, gli scandali da evitare.

Il testo del Cardinale sembra dunque spostare dalla decentralizzazione pastorale voluta da Papa Francesco ad una centralizzazione dell’interpretazione della norma. Il punto però resta il modo in cui viene considerata l’Eucarestia: se è semplicemente un pasto cui è negato l’accesso, oppure un Sacramento che va valorizzato. E resta sullo sfondo la questione della grazia: sarebbe temerario decidere quando la grazia di Dio opera e in che modo, come è temerario decidere a priori che l’ideale cristiano è impossibile da raggiungere.

Sono tutte domande sullo sfondo dello stimolante dibattito suscitato dall’Amoris Laetitia. Domande che vengono riportate in luce da questo piccolo, prezioso, volume.