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Caritas Ambrosiana, parla il portavoce: "Ecco la nostra battaglia contro il coronavirus"

L'intervista al portavoce della Caritas Ambrosiana

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A causa del numero elevatissimo di contagiati da Coronavirus, l'Italia è tutta una zona rossa. Non si può più entrare o uscire dalla propria abitazione e tanto meno dal proprio comune di residenza. L'hashtag #iorestoacasa è diventato un vero e proprio decreto. Ma chi una casa non ce l'ha? E i lavoratori che hanno dovuto chiudere le attività? Chi pensa a chi ha davvero bisogno di aiuto? ACI Stampa ne ha parlato con Francesco Chiavarini, portavoce della Caritas Ambrosiana.
In Lombardia la situazione è drammatica, la metà dei contagiati e dei deceduti a causa della pandemia si trova proprio nelle città del nord. Come si sta attivando Caritas Ambrosiana al riguardo?
In questo momento molto particolare Caritas Ambrosiana cerca di bilanciare due principi: da un lato, la tutela della salute e dall’altro, la solidarietà verso i più deboli che sono anche i più esposti non solo al contagio ma soprattutto alle conseguenze sociali del virus. Per questa ragione abbiamo scelto di non chiudere i servizi di base ma di organizzarli diversamente. Nelle scorse due settimane sono rimasti operativi sia il Refettorio Ambrosiano, che è la nostra mensa sociale, sia il Rifugio Caritas, il dormitorio per senza tetto che gestiamo nei pressi della stazione centrale, sia gli 8 empori della solidarietà, i supermercati dove si acquista con le tessera a punti della Caritas. Ovviamente in ognuno di questi servizi abbiamo preso dei provvedimenti per tutelare dal contagio gli ospiti, i volontari, gli operatori. Per esempio al Rifugio ogni sera medici volontari della Croce Rossa, un’infermiera e 4 educatori in servizio misurano la febbre alle persone prima che entrino. Al Rifugio abbiamo raddoppiato i turni per la cena in modo che non vi siano mai più di 25 persone contemporaneamente in sala. Negli Empori si viene a fare la spesa solo su appuntamento. Per il momento sono queste le misure che abbiamo preso, in coerenza con le disposizioni delle autorità. Ma la situazione è in evoluzione. Vedremo come adattarci al nuovo contesto.
Sono i più poveri a rimetterci in questa drammatica situazione? Caritas Ambrosiana sta provvedendo a loro in che modo?
Sicuramente i più poveri sono quelli che pagano il prezzo più altro di questa emergenza. Si parla molto e giustamente delle conseguenze sull’economia del nostro paese. Ma c’è anche un costo sociale da tenere in considerazione. Chi è precario, chi lavora in nero, chi fa la colf o la badante, come moltissimi dei nostri ospiti, non ha ferie, malattia o smart working. Se non lavora, non guadagna. E non avendo risparmi, rischia di andare sotto. Credo che avremo nei prossimi mesi a che fare con una nuova categoria di poveri: le vittime sociali del Coronavirus.

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L'economia italiana si sta letteralmente arrestando. Palestre, bar, ristoranti chiusi, liberi professionisti messi a dura prova. La Caritas sta pensando anche a tutto questo?
Ovviamente non ci compete occuparci delle attività produttive che rischiano di chiudere. Se ne dovrà occupare il governo perché servono misure straordinarie all’altezza della situazione. Siamo molto preoccupati per le ricadute sul tessuto sociale. Su questo fronte dovremo immaginare probabilmente un’azione specifica. Ci stiamo pensando, ma abbiamo bisogno di tempo per costruirla a fere in modo che sia efficace e raggiunga in modo equo chi ha bisogno.
Cosa possiamo fare tutti noi per arginare questa epidemia e contemporaneamente aiutare chi ha bisogno? 
In questo tempo non possiamo stare vicini, ma possiamo essere prossimi, ovvero scegliere di prenderci cura degli altri. La reazione peggiore che possiamo avere di fronte a questa emergenza è chiuderci nel nostro egoismo. Dobbiamo essere tutti responsabili verso noi stessi e gli altri. Insieme ce la possiamo fare.