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Carl Anderson: contro il "genocidio" dei cristiani si deve lavorare insieme all'Islam

Carl Anderson Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo |  |  Daniel Ibáñez/ CNA Carl Anderson Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo | | Daniel Ibáñez/ CNA

“Oltre tre quarti della popolazione mondiale vive in paesi in cui la libertà religiosa è praticamente inesistente. Milioni di esseri umani sono esposti alla persecuzione violenta - ingiusta detenzione, conversione forzata, esilio forzato, torture, stupri e omicidi - a causa delle loro credenze e pratiche religiose.”  Fatti concreti ricordati da Carl Anderson, Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo che ha fatto giungere la sua riflessione al convegno che la scorsa settimana si è tenuto a Roma sulla risposta dei cristiani alla persecuzione: Sotto la spada di Cesare.

“Oggi, si assiste al genocidio delle comunità cristiane in Iraq e in Siria che minacciano la scomparsa del cristianesimo in quei paesi. Ma vi è anche un aumento della violenza e della coercizione contro le minoranze cristiane in altre parti del Medio Oriente, Nord Africa e in Asia meridionale. Dal Sudan al Pakistan in India, centinaia di migliaia di cristiani sono a rischio di morte violenta.”

Anderson afferma che “Molte persecuzioni religiose avvengono per gli atti dei governi. Ma sempre più, persecuzioni violente derivano dalle azioni dei movimenti non governative, spesso, incoraggiate o tollerate dai governi.”

E la libertà religiosa è limitata anche a causa della laicità e dalla ostilità dei governi verso la religione. “Lo sfortunato risultato è che i governi occidentali che diminuiscono la libertà religiosa in patria ora sono sempre meno disposti o in grado di convincere le società non occidentali a rispettare la libertà religiosa - anche quando le violazioni della libertà religiosa in quelle società salgono al livello di persecuzione mortale.”

Il fatto è, spiega Anderson, che “un numero crescente di occidentali vede la libertà religiosa come una mera pretesa di privilegio da parte di persone religiose o più spesso dalle istituzioni religiose. E vede questa affermazione come un limite a diritti considerati più importanti”.

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Preoccupa la percezione che la religione in sé non sia espressione dello sviluppo umano, ma, al contrario, sia un impedimento alla libertà e al benessere.

Insomma la religione viene vista come un problema. E la “conseguenza non voluta di questa visione ha drasticamente indebolito l'efficacia dell'Occidente a vincere cuori e le menti nel confronto con l'estremismo religioso violento.”

Nella sua riflessione Anderson rilegge le Scritture ebraiche e cristiane punto di partenza del documento conciliare Dignitas Humanae.

“ Papa Francesco è stato il solo tra i leader mondiali nella usare il termine "genocidio" per descrivere ciò che sta accadendo ai cristiani in Iraq e in Siria. Alle Nazioni Unite a settembre ha chiesto un'azione internazionale - e in una recente omelia ci ha ricordato che questo sta accadendo davanti al mondo intero ", con il silenzio complice di molti leader potenti che sapeva”.

Come devono rispondere i cristiani?

Il Supremo Cavaliere parla di realismo e di un lavoro preciso per far comprendere in Occidente il messaggio della Dignitas Humanae.

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E non rispondere con la violenza ma, alla scuola di Paolo VI pensare che "se vuoi la pace, lavora per la giustizia”. Perché la causa vera della crisi “è una sensibilità religiosa che insiste sulla violenza”.

Un lavoro quindi va fatto insieme ai pensatori musulmani che coraggiosamente condannano il terrorismo e affermano che l'Islam è una religione di pace”.  E per farlo la Dignitas Humanae fornisce una tabella di marcia.

É quello che è stato fatto la scorsa settimana a Washington da un gruppo di personalità musulmane e “hanno convenuto che i pensatori musulmani e gli opinion maker devono evitare deviazioni e non devono negare che dietro l'estremismo islamico e il terrorismo si celano violazioni dei diritti umani. Piuttosto, devono fornire interpretazioni alternative ai versetti del Corano con i quali alcuni alimentano la violenza”.

Certo la strada è piena di ostacoli. Ma la domanda è se i leader occidentali e musulmani avranno o no il coraggio di seguire questa strada. E in questo la Dignitas Humanae può avere  un ruolo decisivo.

Da qui alcuni suggerimenti operativi indicati da Anderson.

La libertà religiosa è un dono di Dio, non di uno stato,  proteggere la libertà religiosa è proteggere si a la pratica pubblica che le questioni private, la libertà religiosa si estende alle comunità religiose e alle organizzazioni della società civile proprio come si fa con gli individui, libertà non significa indifferentismo religioso, tutte le comunità religiose o di ispirazione religiosa hanno lo stesso diritto di comunicare le loro rispettive pretese nella società. Ancora nella Dignitas humanae si indicano dei limiti importanti anche all’esercizio della libertà religiosa, perché non deve essere un via libera ad atti di violenza o a qualsiasi altro atto contrario alla legge morale. Un chiarimento “di vitale importanza per gli stati a maggioranza musulmana che dovrà bilanciare il desiderio di dare all'Islam un ruolo pubblico rilevante con la responsabilità di garantire la libertà delle minoranze religiose”.

Anderson ha ricordato il ruolo di Karol Wojtyla  e del cardinale Ratzinger nella creazione e divulgazione del documento che solo cento anni prima non sarebbe stato possibile.

Questo significa che come si è sviluppato il pensiero cattolico, così può avvenire nel mondo islamico. Anche se il mondo islamico non ha un solo referente come il Papa. I musulmani, dice Anderson, ha due visioni al momento: una religione di pace, e una religione del jihad violenta. Una di queste due visioni alla fine trionferà sull’altra, ma la questione aperta è quale.

Affrontare questa dicotomia “è uno dei grandi problemi del nostro tempo sia per il mondo a maggioranza musulmana che per  l'Occidente cristiano. Se non lavoriamo insieme, i risultati saranno catastrofici”.

“Oggi- conclude Anderson nella sua riflessione - possiamo beneficiare della leadership di Papa Francesco che ha il coraggio di parlare di un genocidio cristiano in Medio Oriente, che ha condannato la violenza in nome della religione, e ha sostenuto una maggiore libertà religiosa e di coscienza dei diritti in Occidente. Tutti ci chiediamo se abbiamo fatto abbastanza per unire le nostre voci alla sua”.