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Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. V Domenica di Quaresima

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In questo domenica il brano di Vangelo presenta lo straordinario  miracolo della resurrezione di Lazzaro. Nel lungo racconto, Gesù per aiutare Marta, la sorella del morto, ad entrare nel mistero della sua Persona, le dice: “Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà. Chiunque vive e crede in me, non morirà mai”. Questa affermazione, che rappresenta il vertice del dialogo, suscita un senso di fastidio, per non dire di reazione negativa, perché l’esperienza ci racconta un’altra realtà: anche chi crede in Gesù muore. Bisogna forse riconoscere che ha ragione il filosofo antico Epicuro quando afferma che “a causa della morte, noi, gli uomini, siamo come città senza mura?”, cioè senza alcuna difesa, senza alcuna risposta.

La resurrezione di Lazzaro è un segno posto sul cammino dell’umanità. Testimonia che la morte per Cristo non è invincibile: lui ha il potere di rigenerare alla vita. Quindi il miracolo intende rivelare che una vita con Cristo o senza Cristo non è la stessa cosa. La fede in Lui apre alla speranza perché spinge il nostro sguardo ed il nostro desiderio oltre la morte, mentre una vita senza Cristo rimane chiusa dentro un sepolcro, senza futuro. La fede, è vero, non libera dalla angosciosa e dolorosa mortalità e dalle miserie umane, ma, seppure immersi in esse, il cristiano unito a Cristo sa di essere legato alla Vita che non muore e diventerà partecipe della Sua vittoria sulla morte.

Ma cosa intende dire Gesù presentandosi come la Resurrezione? In un testo dei primi secoli dell’era cristiana troviamo questa significativa affermazione “Chi dice prima si muore e poi si risorge, sbaglia” (Vangelo apocrifo di Filippo). Sbaglia perchè ragiona come Marta, la quale credeva nella resurrezione alla fine del tempo. Il Signore, invece, ci dice un’altra cosa. La vita eterna si rende presente già in questa vita. La nostra resurrezione finale sarà la piena manifestazione della vita divina che noi già possediamo, perché la vita personale di Gesù è diventata la nostra vita.

Come? L’apostolo Paolo insegna che Cristo, “dimora nei nostri cuori” (cfr Ef.3.17) per mezzo della fede e della partecipazione ai sacramenti, “segni misteriosi della sua presenza” (Colletta Lunedì IV settimana di Quaresima). Si tratta di una presenza, quella di Cristo nella nostra vita, che non ha nulla di passivo, ma è dinamica perché ha lo scopo di coinvolgerci nel suo modo di essere Figlio di Dio. E quanto più ci lasceremo attrarre da Lui tanto più la nostra vita sarà libera, caritatevole, capace di donarsi e di conoscere e amare Dio.

Uniti a Cristo vivremo la nostra morte come lui ha vissuto la sua, non come la fine di tutto, come dissoluzione totale, ma come un passaggio, una porta, un transito verso la vita vera. Il miracolo della resurrezione dell’amico Lazzaro diviene il segno della verità delle parole di Cristo, è la prova che Egli è capace di vincere la morte. Proclama un’omelia dello Pseudo Ippolito: “Avendo tu visto l’opera divina del Signore Gesù, non dubitare più della resurrezione! Lazzaro sia per te come uno specchio: contemplando te stesso in lui, credi nel risveglio”.

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