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Clemente Rebora: Avvicinandosi il Natale

La lirica è contenuta nei Canti dell'infermità ed è dedicata alla nascita del Cristo

Clemente Rebora |  | pubblico dominio Clemente Rebora | | pubblico dominio

Leggendo l'itinerario poetico di Clemente Rebora (Milano1885-Stresa 1957) si resta ammirati dalla  forza di volontà nel seguire Dio.

Nel corso dell'esistenza, il poeta ha sempre cercato nell'Assoluto la risposta ai molti interrogativi sulla propria vita. Vita nascosta ed alle volte incrinata sui binari della sofferenza e del dolore.

Da reduce della Prima Guerra mondiale, alla precarietà del lavoro di professore financo alla sofferenza fisica, il suo cammino non gli ha risparmiato nulla.

Ma accanto a  tutto questo brilla chiaro, nel suo animo, il desidero profondo della rinascita e della consacrazione a Qualcuno di più grande ,che può esser solo Dio.

Religioso presso l'Istituto della Carità, nel quale spenderà il  proprio quotidiano e sacerdote dal 1936, ha interpretato le parole del vangelo, come segno di speranza, per il mondo, sconvolto da due Guerre mondiali e tanta tristezza.

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Animo delicato e profondamente sensibile alle sofferenze altrui, il Padre celeste e gli ultimi furono il suo mondo, per il quale spese i propri giorni.

In occasione della solennità del Santo Natale, che celebra la nascita del Cristo nel grembo della Vergine Maria, il poeta compose una breve lirica, dedicata a tale evento così importante per la fede.

I versi sono del 1 dicembre 1955 ed appartengono alla raccolta dei Canti dell'infermità, composti tra l'ottobre 1955 ed il dicembre del 1956.

La poesia si intitola “Avvicinandosi il Natale”.

Si noti, nella lettura, il senso del divenire e la potenza di quel fuoco che disgela le coscienze, addormentate, dal trambusto del mondo, che nell'animo del sacerdote lascia il posto alla venuta del Santo di Betlemme, tanto amato e desiderato.

Oh Comunion vera e sol beata,
se con te, Cristo, sono crocifisso
quando nell'Ostia Santa m'inabisso!
Intollerabil vivere del mondo
a bene stare senza l'Ognibene!
Penitenza scansar, che penitenza!
Se ancor quaggiù mi vuoi, un giorno e un giorno,
con la tua Passion che vince il male,
Gesù Signore, dàmmi il tuo Natale
di fuoco interno nell'umano gelo,
tutta una pena in celestiale pace
che fa salva la gente e innamorata
del Cielo se nel cuore pur le parla.
O Croce o Croce o Croce tutta intera,
nel tuo abbraccio a trionfar di Circe,
solo sei buona e bella, e come vera!
Abbraccio della Madre, ove già vince
nel suo Figlio lo strazio che l'avvince.

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