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Come si può educare alla fede e alla misericordia attraverso la bellezza?

Un colloquio con Franco Nembrini educatore e studioso di Dante e Manzoni

Franco Nembrini a Tolentino  |  | Fiorella Sampaolo Franco Nembrini a Tolentino | | Fiorella Sampaolo

La vicaria di Tolentino, parte della diocesi di Macerata, alcune settimane orsono ha invitato Franco Nembrini, autore di molti libri, in particolare su Dante Alighieri ed Alessandro Manzoni, e dal 2018 è membro del ‘Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita’ e dal 2020 è stato scelto come socio onorario e consultore dell’UCAI (Unione Cattolica Artisti Italiani), a raccontare la bellezza come viaggio educativo:

L’educazione è un atto di perdono. E’ un’ipotesi che forse, di primo acchito, ci può lasciare perplessi. Siamo abituati ad affascinanti percorsi educativi fondati sull’idea che la conoscenza sia una crescita, un’aggiunta, un approfondimento di competenze; ed è senz’altro vero, ma (diceva Chesterton) l’uomo vede le stelle solo se il cielo è sgombro di nuvole. Il perdono è simile al temporale che pulisce il cielo”. 

“Per i nostri figli, - ha detto Nembrini, che vivono sotto 20 metri cubi di letame che accuratamente il giornalismo moderno ha a cuore di riversargli addosso da sera a mattina e da mattina a sera, e quindi hanno questo sentimento indicibile di schifo della vita, di tutto quello che hanno intorno e di se stessi, il loro cellulare, cioè il loro cuore che è giusto perchè glielo ha dato Dio ed è fatto bene, fa fatica a ricevere il segnale e a suonare. Il problema qual è? Mandare un segnale così potente da trapassare tutti i metri cubi e raggiungerli. Quando li raggiunge, si mette a suonare, lo sdraiato si sveglia e comincia a gustarsi la vita. Dobbiamo fare questo lavoro”.

Allora, perché la bellezza è un viaggio educativo?

“Perché tutti gli uomini e donne hanno bisogno della bellezza allo stesso modo, tantoché tutti la riconoscono dove c’è e per quello che è. E’ la cosa più impressionante della possibile distanza tra uomini di diverse epoche e latitudini, quando si scopre che invece li unisce il riconoscimento della bellezza. Li educa”.

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Come educare alla bellezza?

“Ci si può educare alla bellezza solo lasciandosi travolgere da essa; ed allora è lei che si comunica a chi ci è vicino. Vale un po’ quello che abbiamo detto per l’educazione. Non si può comunicare la bellezza; si vive!  Vivendola, la si comunica. E’ come una cosa che passa dagli occhi: se tu vedi una cosa bella e dallo sguardo dei tuoi occhi capisco che è bella, mi giro e la vedo anche io. E’ la triangolazione dello sguardo, su cui è costruita la Divina Commedia. Dante Alighieri guarda Dio, perché Lo vede riflesso negli occhi di Beatrice. Questo lo obbliga a girarsi ed a guardare a sua volta”.

Fra pandemia e guerra i giovani non stanno trascorrendo un bel periodo: in quale modo la bellezza li può aiutare a realizzare i propri sogni?

“Devono fare esperienza. Ma si può fare esperienza della bellezza solo se essa diventa anche carità. Nella vita dell’uomo non c’è la bellezza pura; la bellezza si comunica nella carità. Mi colpisce molto pensare che ad Auschwitz, negli alloggi degli ufficiali c’era tanta bellezza con i quadri più belli del mondo e la musica, ma non c’era la carità. La bellezza, senza carità, non cambia il cuore dell’uomo”.

I ‘Promessi Sposi’ di Alessandro Manzoni sono un viaggio educativo. In quale modo educare alla misericordia di Dio?

“Vivendola. Può essere solo testimoniata; non può essere insegnata. La si insegna con la vita; quindi è un’esperienza in famiglia. L’educazione è una testimonianza. Se è vero che la Salvezza c’è, se è vero che Dio esiste, sembra che in alcuni tratti, in alcuni passaggi del Manzoni tragico, la felicità, se c’è, sia attingibile nell’Aldilà, di qua è un bel casino. Di qua resta spesso la vittoria del male. Sto parlando delle tragedie, mentre invece evidentemente i ‘Promessi sposi’ sono un’epopea esattamente come la Divina Commedia. 

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