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Coronavirus, i giovani di un istituto salesiano in prima linea

Nessuno poteva immaginare che i giovani dell’Istituto Gerini di Roma si trovasse coinvolto in modo diretto nella lotta al COVID 19

Istituto Marchesa Teresa Gerini Torlonia | L'ingresso delle Scuole Professionali dell'Istituto Gerini | Istituto Gerini Istituto Marchesa Teresa Gerini Torlonia | L'ingresso delle Scuole Professionali dell'Istituto Gerini | Istituto Gerini

A Roma c’è un famoso Centro di Formazione Professionale. Intitolato alla Marchesa Teresa Gerini Torlonia, benefattrice dei salesiani, è stato fondato nel 1952 ed è chiamato da tutti “il centro professionale di don Bosco”. I ragazzi di questo centro professionale si sono trovati ora coinvolti in modo diretto nella lotta contro il coronavirus. È successo con la fase 2.

I giovani del IV anno del duale del settore elettronico erano in stage presso varie aziende dedicate all’evoluzione tecnologica, che sono state riaperte il 4 maggio, con l’avvio della fase 2. Hanno così potuto continuare la loro esperienza di formazione.

Nell’emergenza, le aziende hanno convertito le ricerche di soluzioni tecnologiche al contrasto dell’emergenza sanitaria mondiale, e anche i giovani del Gerini si sono trovati coinvolti in questo lavoro.

I giovani si attengono ai protocolli di sicurezza, alcune aziende, per evitare che i ragazzi viaggino su mezzi pubblici rischiando il contagio, li vanno a prelevare a casa insieme agli altri dipendenti e li riportano poi alla fine dell’orario di lavoro. I feedback sono molto positivi.

I ragazzi, in particolare, hanno partecipato all’elaborazione di progetti e nella realizzazione di strumentazioni mediche. Una decina di studenti, infatti, sono impiegati in aziende elettroniche che contribuiscono all’assemblaggio e il collaudo di apparecchiature per la prevenzione, la diagnostica e il monitoraggio e il contenimento e il contrasto al COVID 19.

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Altri allievi sono invece impegnati a montare ventilatori polmonari, mentre altri ancora lavora in aziende che producono speciali sensori posti sugli indumenti del personale sanitario che segnala la durata della vicinanza di medici e infermieri a persone ad alta gravità di rischio.

Secondo il Gerini, l’attuale esperienza dei giovani ricorda quella di Don Bosco durante l’epidemia di colera che colpì la città nel 1854.

Don Bosco accompagnava personalmente i giovani alle prime esperienze lavorative, ne curava i contratti, spendeva moltissimo per la loro formazione. E così, durante l’epidemia di colera, mandò alcuni giovani più responsabili a prendersi cura dei malati e di quanti erano abbandonati a loro stessi, chiedendo loro di essere prudenti e di affidarsi alla Madonna e vivere in grazia di Dio. Nessuno dei giovani si ammalò.