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Coronavirus, la vita della diocesi di Como attraverso l'epidemia

A colloquio con il vescovo Oscar Cantoni, nessuno può fa tacere la speranza

Il vescovo e i collaboratori alla Madonna del Soccorso |  | www.settimanalediocesidicomo.it Il vescovo e i collaboratori alla Madonna del Soccorso | | www.settimanalediocesidicomo.it

Nella lettera ai fedeli il vescovo di Como, Oscar Cantoni, nel mese di febbraio, aveva proposto una riflessione sulla vulnerabilità umana: “Si rifletta sulla nostra comune vulnerabilità, condizione umana troppo spesso dimenticata, quasi che l’uomo di oggi sia diventato onnipotente. Non cessiamo, nonostante il progresso tecnico e della scienza, di essere creature deboli e fragili. Questa situazione di precarietà e di disorientamento, in cui tutti siamo dolorosamente coinvolti, ce lo insegna con chiarezza”.

A distanza di alcuni mesi gli abbiamo chiesto di raccontarci la situazione nella Sua diocesi:

“Nell’intero territorio della nostra diocesi che comprende varie parti di quattro province (Como, Sondrio, Lecco, Varese) sono presenti centinaia e centinaia di persone contagiate dal virus, compresi alcuni sacerdoti, religiosi e religiose, medici e operatori sanitari.

Nei giorni precedenti alla Pasqua siamo stati colpiti dalla morte di quattro sacerdoti, tra i quali il vicario generale della diocesi e alcune religiose. Sono stati eventi molto dolorosi che hanno scosso l’intera Chiesa diocesana ma che al contempo hanno richiamato all’essenziale, a ciò che conta davvero, hanno rinvigorito le relazioni fraterne e approfondito il cammino di fede. Il dolore sempre può essere occasione di ripensamento personale e di rafforzamento della fede e della comunione”.

In tale situazione in quale modo la diocesi è vicina alla gente?

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“Le comunità cristiane, partendo dagli uffici pastorali, dai sacerdoti e dai laici impegnati, si sono rivelate veri e propri laboratori di creatività e hanno intrapreso diverse iniziative soprattutto attraverso i social media, trasmettendo le celebrazioni in streaming, proponendo momenti di catechesi e di preghiera, offrendo diversi sussidi che potessero accompagnare il cammino delle persone costrette a restare in casa. Io stesso ogni domenica attraverso la tv locale e i social celebro l’Eucarestia in diretta, con il desiderio di portare conforto e speranza nelle case mostrando a tutti la consolazione del Signore.

Proprio la domenica delle Palme ho annunciato alla diocesi l’istituzione di un servizio di accompagnamento e di sostegno psicologico e spirituale telefonico dal titolo ‘un cuore che ascolta’. Diversi sacerdoti, religiose e molti laici competenti si sono resi disponibili per ascoltare, confortare e consolare persone sole e bisognose che altrimenti non avrebbero nessuno sul quale appoggiare il cuore.

Inoltre la Caritas diocesana sta svolgendo un compito eccezionale di vicinanza e di sostegno alle fragilità attraverso numerosi interventi e mettendo in campo nuove iniziative di sostegno umano ed economico in particolare per le famiglie più bisognose”.

In questo tempo di coronavirus in cosa consiste la libertà dei figli di Dio?

“La libertà non è come erroneamente si crede poter fare sempre ciò che si vuole ma poter scegliere il bene possibile per sé e per gli altri. In questo tempo di corona virus essere liberi figli di Dio significa innanzitutto fidarsi e affidarsi, rispettare le indicazioni non per costrizione ma per amore verso se stessi, la propria salute e verso tutti coloro con i quali intratteniamo delle relazioni. La libertà è scegliere di sacrificarsi per amore, come Gesù, e vivere il tempo prezioso della preghiera che non conosce muri od isolamenti, ma che tutti ci unisce”.

In questo tempo di sofferenza come annunciare il Vangelo della Resurrezione?

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“Il vangelo della Risurrezione è la buona notizia della vittoria di Gesù sulla morte, sul male e sul peccato e si annuncia con la prossimità e con la vicinanza, per contatto, attraverso la grande capacità di relazione che Dio ci ha donato. Proprio nei momenti di fatica e di sofferenza sperimentiamo quando abbiamo bisogno gli uni degli altri e che davvero non è bene che l’uomo sia solo (Gen 2,18). E’ l’invito che Dio sempre ci rivolge: ‘consolate, consolate il mio popolo’ (Is 40,1), non lasciatelo solo.

Anche se non fisicamente abbiamo diversi strumenti che ci permettono di annunciare con la nostra umanità e vicinanza la speranza di Dio, il Suo amore e la sua misericordia infinta. Il vangelo come diceva san Francesco d’Assisi si annuncia con la vita e se serve anche con le parole. Gesù è risorto, è vivo ed è con noi tutti i giorni e lo sarà fino alla fine del mondo.

Questa è la nostra speranza che niente e nessuno, neanche il coronavirus, potrà mettere a tacere. Noi siamo i figli della luce, noi siamo il sale del mondo, sempre e ovunque”.