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Coronavirus, Papa Francesco: “Preghiamo per quanti hanno fame perché non possono lavorare”

Dopo la benedizione urbi et orbi in piazza San Pietro per pregare la fine della pandemia, Papa Francesco già guarda agli effetti che ci saranno nel futuro

Papa Francesco, Santa Marta | Papa Francesco durante una Messa a Santa Marta | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, Santa Marta | Papa Francesco durante una Messa a Santa Marta | Vatican Media / ACI Group

Papa Francesco guarda già oltre la pandemia, perché già alcune conseguenze si vedono, e una di queste “è la fame”. “Si comincia a vedere – dice Papa Francesco – gente che ha fame perché non può lavorare, perché non ha un lavoro fisso, e per tante circostanze. Cominciamo già a vedere il dopo, che verrà più tardi, ma comincia adesso”. Per questo, la Messa del mattino a Santa Marta è dedicata “alle famiglie che cominciano a sentire il bisogno a causa della pandemia”.

La diretta delle Messe a Santa Marta continuerà fin quando ci sarà l’emergenza. Una preghiera costante, che Papa Francesco ha voluto poi arricchire con la visita a Santa Maria Maggiore e San Marcello al Corso il 22 marzo, il Padre Nostro recitato con tutte le confessioni cristiane il 25 marzo, la preghiera straordinaria con la benedizione Urbi et Orbi del 27 marzo, in una piazza San Pietro suggestivamente e terribilmente vuota.

Il Vangelo del giorno e quello dei farisei che giudicano Gesù, e di Nicodemo che cerca una mediazione. Papa Francesco legge il brano come la spaccatura, che viene da lontano, tra l’élite e il popolo, tra quelli che hanno “perso la memoria della loro appartenenza a un popolo” e “il popolo fedele di Dio che non può fallire”. È il dramma del clericalismo, una spaccatura che si vede anche oggi in tempi di coronavirus.

“Ho sentito in questi giorni: ‘Come mai queste suore, questi sacerdoti che sono sani vanno dai poveri a darli da mangiare e possono prendere il coronavirus? Dicano al vescovo che non lasci uscire i sacerdoti, loro sono per i sacramenti, ma il governo provveda. È gente di seconda classe. Noi siamo la classe dirigente, non dobbiamo sporcarci le mani con i poveri’. Tante volte penso che c’è gente buona, sacerdoti, suore, che non hanno il coraggio di andare a servire i poveri. E qualcosa manca”.

Papa Francesco parla subito della spaccatura tra il polo che segue Gesù e il gruppo dei dottori della legge, che a priori rifiuta Gesù perché non opera secondo la legge, secondo loro.

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Dice Papa Francesco: “Questo gruppo dei dottori della legge, l’élite prova disprezzo per Gesù, ma prova disprezzo per il popolo, quella gente che è ignorante, che non sa nulla”. E invece “il Santo popolo fedele di Dio crede in Gesù, lo segue, e questo gruppetto di élite, i dottori della legge, si stacca dal popolo e non riceve Gesù”.

È che l’élite – sottolinea Papa Francesco – ha un “grande difetto”, e cioè l’aver perso “la memoria della propria appartenenza a un popolo”.

“Questa spaccatura tra l’élite dei dirigenti religiosi e il popolo è un dramma che viene da lontano”, commenta Papa Francesco. Che poi aggiunge: “Il popolo di Dio ha una grazia grande, il fiuto di sapere dove c’è lo Spirito. È peccatore, come noi. Ma ha quel fiuto di conoscere le strade della salvezza. Il problema dell’élite, dei chierici di élite è che si sono sofisticati, sono passati ad un’altra classe sociale, si sentono dirigenti”.

Papa Francesco invita dunque a pensare “a tanti uomini e donne qualificati nel servizio di Dio che sono bravi e vanno e servire i poveri, tanti sacerdoti che non si staccano dal popolo”. E racconta di aver visto una fotografia “di un sacerdote, parroco di montagna, in un posto dove nevica, e nella neve portava l’ostensorio ai piccoli paesini per dare la benedizione. Non importava la neve, non importava il bruciore che il freddo faceva sentire nelle sue mani, soltanto importava portare Gesù alla gente”.

In conclusione, Papa Francesco chiede di pensare noi stessi da quale parte stiamo, se stiamo “in mezzo un po’ indecisi”, se invece siamo “del popolo fedele di Dio che non può fallire”, oppure “all’élite che si stacca dal popolo di Dio, a quel clericalismo”.

“Forse – conclude Papa Francesco - ci farà bene a tutti il consiglio che Paolo dà al suo discepolo, il giovane vescovo Timoteo: ricordati di tua mamma e di tua nonna. Se Paolo consigliava questo era perché sapeva bene il pericolo al quale portava questo senso di élite nella dirigenza nostra”.

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