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Diplomazia pontificia, comincia il lavoro sull’accordo delle migrazioni

Arcivescovo Bernardito Auza | L'arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, tra i panelists di un side event organizzato dalla Santa Sede al Palazzo di Vetro | Holy See Mission Arcivescovo Bernardito Auza | L'arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, tra i panelists di un side event organizzato dalla Santa Sede al Palazzo di Vetro | Holy See Mission

Dopo che è stato emesso il “draft 0” del “Global Compact” per Migrazioni “Sicure, Ordinate e Regolari”, la Santa Sede ha partecipato ad una discussione informale presso l’ufficio ONU di New York che ha dato di fatto il via ai negoziati. È il primo passo di un impegno che sarà costante nel corso dell’anno. Intanto, l’arcivescovo Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, è in Azerbaijan per presiedere la messa di ordinazione episcopale del vicario apostolico, Vladimir Fekete, e approfitta per una serie di incontri con le autorità che rafforzano le relazioni tra Santa Sede e Azerbaijan dopo il viaggio di Papa Francesco nel 2016.

La questione migrazioni

La prima bozza del “Global compact” (accordo globale) è stata presentata in un incontro informale con Jurg Lauber e Juan Josè Gomez Camacho, rispettivamente rappresentanti permanenti di Svizzera e Messico, che svolgono il ruolo di “co-facilitatori” della conferenza intergovernativa e del processo di preparazione del testo.

Questi hanno spiegato che la bozza riflette gli interventi degli Stati membri. La bozza è divisa in quattro sezioni. Nel preambolo si presenta la comune visione che guida l’accordo e 10 linee guida da seguire, mentre nella terza sezione ci sono 22 obiettivi che includono gli impegni concreti da mettere in campo, fino ad una quarta sezione che suggerisce possibili sviluppi e un meccanismo cosiddetto di “follow up e revisione” dell’accordo.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha ringraziato i facilitatori e notato che “il Global Compact vuole affrontare tutte le dimensioni delle migrazioni internazionali in una maniera olistica e comprensiva”, mantenendo la sovranità degli Stati nelle politiche di immigrazione, ma anche ricordando la loro “responsabilità di proteggere e rispettare i diritti umani di tutti”, cosa che resta alla base dell’accordo. L’Osservatore ha anche notato che “Papa Francesco spera che questo processo porterà a risultati che rispondano adeguatamente ad una comunità mondiale che diventa sempre più interdipendente, e per questo sempre più in grande bisogno di solidarietà e mutua assistenza”. Il processo – ha concluso – deve essere basato su “giustizia e solidarietà”.

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Dialogo e Colombia: altri due eventi della Santa Sede all’ONU di New York

Lo scorso 8 febbraio, la Missione della Santa Sede alle Nazioni unite di New York ha preso parte ad un “side event” su “Espandere i social media come uno spazio per un incontro costruttivo per le giovani generazioni”, organizzato dall’UNICEF e dal KAICIID, il centro saudita di dialogo interreligioso con sede a Vienna, cui la Santa Sede partecipa come Paese osservatore.

Monsignor Tomasz Grysa, chargée d’affairs alla Missione della Santa Sede, ha partecipato all’incontro, e il suo intervento ha preso le mosse dal Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. In particolare, Monsignor Grysa ha detto che i social media possono essere “usati in maniera sbagliata e manipolati, influenzare decisioni politiche, servire interessi di parte, diffondere pregiudizi sociali, demonizzare gli altri e sfruttare disprezzo, rabbia e frustrazione e istigare conflitti”, come è dimostrato dal fenomeno delle fake news.

Ma il rimedio è quello di non “permettere ad avanzamenti tecnologici” di distruggere l’interazione umana, ma piuttosto di utilizzare le nuove tecnologie “come mezzi per facilitare le autentiche connessioni umane ed una cultura dell’incontro”.

Lo scorso 2 febbraio, la Santa Sede ha invece co-sponsorizzato un “side event” su “Riconciliazione e Pace in Colombia: Sviluppi nel Costruire fiducia e continue sfide”, in collaborazione con la Missione Permanente di Colombia presso le Nazioni Unite, la Caritas Internationalis, il Catholic Peacebuilding Network e il Kroc Institute for International Peace Studies.

L’incontro faceva seguito ad un evento simile organizzato lo scorso 20 ottobre, un mese dopo la visita del Papa in Colombia. L’arcivescovo Auza ha incoraggiato i colombiani a “ imbarcarsi nel lungo viaggio della pace insieme”, perché “la pace sarà raggiunta non attraverso una cornice normativa che viene dall’alto verso il basso”, ma piuttosto dal cambiamento che “viene dal basso”, evitando la tentazione della vendetta e offrendo perdono per gli errori passati.

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Durante l’evento, ha preso la parola l’arcivescovo Luis Castro Quiroga, di Tunja, che è stato presidente della Conferenza Episcopale Colombiana. Questi ha sottolineato “il ruolo della Chiesa nel processo di negoziazione”, che è stato “importante grazie alla sua imparzialità, capacità di mantenere il dialogo, la conoscenza del conflitto in Colombia e la presenza sul territorio”.

Monignor Hector Fabio Heano, presidente del Consiglio Nazionale per la Pace, la Riconciliazione e la Coesistenza, ha sottolineato l’importanza di includere membri da tutti i settori della società come una chiave del processo di pace, perché questo “genera spazi d dialogo permanente tra cittadini e istituzioni”.

L’arcivescovo Gallagher in Azerbaijan

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è volato a Baku, capitale dell’Azerbaijan, per presiedere la cerimonia di ordinazione episcopale di monsignor Vladimir Fekete, prefetto apostolico dell’Azerbaijan, che si terrà l'11 febbraio. Papa Francesco ha proposto monsignor Fekete arcivescovo l’8 dicembre 2017. Monsignor Fekete guida la prefettura apostolica di Azerbaijan, che copre l’intero territorio del Paese. C’è una sola parrocchia, ed è nella capitale Baku.

Con questa nomina episcopale, la Santa Sede mostra un particolare interesse per l’Azerbaijan. Papa Francesco vi è stato il 2 ottobre 2016, ultima tappa del viaggio nel Caucaso che lo ha visto prima in Armenia a giugno e poi in Georgia nei giorni precedenti la visita a Baku. Santa Sede e Azerbaijan hanno sviluppato buoni rapporti bilaterali, anche grazie al restauro delle catacombe di San Marcellino finanziato da Baku.

Oltre all’arcivescovo Gallagher, celebreranno la cerimonia l’arcivescovo Stanislav Zvolensky, arcivescovo di Bratislava, e l’arcivescovo Savio Hon Tai Fai, ex ispettore dei salesiani di Hong Kong e attualmente nunzio apostolico in Grecia. Ci saranno anche il vescovo Paolo Pezzi di Mosca, l’amministratore apostolico del Caucaso Giuseppe Pasotto, il vescovo Stanislav Stolarik di Boznava, e poi tre vescovi salesiani: Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense di Roma, e Alois Kothgasser e Luidwig Schwarz, vescovi emeriti di Salisburgo e Linz. 

Durante la visita, l’arcivescovo Gallagher approfitterà anche per un incontro con il Ministro degli Esteri azero Elmar Mammadyarov.

Le relazioni con la Lega Mondiale Musulmana

Lo sceicco Mohammed bin Abdul Karim al Issa, segretario generale della Lega Mondiale Musulmana, è tornato in Vaticano. Dopo l’incontro con Papa Francesco dello scorso 20 settembre, cui aveva fatto seguito un incontro con il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, lo sceicco al Issa ha incontrato lo scorso fine settimana il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

La delegazione dello sceicco e quella della Segreteria di Stato hanno parlato di tolleranza e dialogo tra i tre grandi culti monoteistici. Da parte sua, il Cardinale Parolin ha ben accolto i passi fatti nel rafforzare la cooperazione con la Santa Sede, in particolare nel campo del dialogo interreligioso e nel campo dell’educazione delle nuove generazioni alla religione.

Fondata nel 1962, la Lega Musulmana Mondiale include 22 Paesi a maggioranza musulmana. Ha sede alla Mecca, in Arabia Saudita. La Santa Sede non ha relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita, dove non è nemmeno permesso costruire chiese. Negli ultimi anni, l’Arabia Saudita ha effettuato un percorso di avvicinamento nel campo del dialogo interreligioso, finanziando, ad esempio il centro per il dialogo interreligioso KAICIID. Lo scorso novembre, il patriarca maronita Bechara Rai è stato in visita in Arabia Saudita: era la prima volta che un alto ufficiale cattolico visitava una terra considerata”santa” dall’Islam.