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Diplomazia pontificia, la situazione della religione in Georgia, l’emergenza eritrea

Un incontro dell’ufficio di Stato sulle attività religiose georgiane mette in luce lo stato della religione nello Stato caucasico. A Ginevra si parla dell’emergenza eritrea

Agenzia di Stato per gli Affari religiosi | L'incontro promosso dall'agenzia di Stato per gli affari religiosi della Georgia | FB Agenzia di Stato per gli Affari religiosi | L'incontro promosso dall'agenzia di Stato per gli affari religiosi della Georgia | FB

La Georgia non è un luogo facile per i cattolici, schiacciati da un mondo ortodosso iper-conservatore. Ma in Georgia c’è una agenzia di Stato per gli Affari religiosi che si occupa proprio dei temi religiosi, e che stila un rapporto annuale. Alla presentazione di questo rapporto, è stato presente anche l’arcivescovo José Bettencourt, nunzio apostolico in Georgia e Armenia. Il rapporto certifica una situazione non facile.

Al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite si è discusso della situazione eritrea, dove sono state sequestrate strutture sanitarie e scuole appartenenti alla Chiesa. Vale la pena di ricordare che la nunziatura di Eritrea è ancora vacante.

Georgia, la situazione delle religioni sul territorio e il ruolo della Chiesa

Lo scorso 26 febbraio, Zasa Vashakmadze, presidente dell’agenzia di Stato per gli Affari religiosi di Georgia, ha riunito i leader religiosi per riportare i risultati del lavoro dell’agenzia nel 2018 e 2019. Titolo dell’incontro era “La fede è un atto di libertà”.

Nel suo discorso, Vashakmadze ha stigmatizzato la situazione in Abkhazia, territorio occupato dalla Russia, mettendo in luce come né il clero di Tbilisi né quello del patriarcato può accedere al territorio, mentre le strutture e il patrimonio religiosi della zona si deteriorano. L’accusa di Vashakmadze è quella di voler cancellare la presenza storica della Chiesa Ortodossa Georgiana in Abkhazia. A Kutaisi, c’è una situazione simile che avviene con la Chiesa cattolica locale.

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Vashakmadze ha anche lodato il lavoro in favore delle minoranze religiose, sottolineato che, sebbene il governo non sia tenuto a farlo, sta restituendo molte proprietà religiose, e ha notato come alla Chiesa cattolica sia stato concesso un terreno per la costruzione di una chiesa a Rustavi.

In realtà, la costruzione di questa chiesa ha vissuto molti alti e bassi, è stata oggetto di un ricorso ed è stata infine costruita in un luogo diverso da quello originariamente pensato. Simbolicamente, quando Papa Francesco visitò la Georgia nel 2016, attraversò la porta santa della erigenda chiesa, in realtà costruita sul terreno in cui la chiesa sarebbe dovuta sorgere, ma senza mura.

Il vescovo Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico dei latini del Caucaso, ha partecipato all’incontro. Ha voluto riconoscere l’importanza del lavoro fatto, e ha notato che l’accento del discorso sia stato posto in particolare sulla situazione religiosa degli ortodossi georgiani che vivono in Abkhazia.

“Come Chiesa Cattolica – ha detto il vescovo - partecipiamo a questa sofferenza e vogliamo adoperarci perché si possa trovare una strada da percorrere per arrivar e a permettere che anche i cristiani ortodossi georgiani possano avere la possibilità di vivere intensamente la loro fede”.

Il vescovo ha notato anche che in Abkhazia “c’è una piccola comunità, seguita da un mio sacerdote, che nella sua limitatezza e 'per molti una luce e pizzico di sale che da sapore. Particolarmente con attività caritative (mensa per i poveri, animazione ragazzi, lavoro con volontari), sta diventando un segno e un esempio per altre confessioni religiose”.

Per il vescovo, l’Abkhazia è terra da evangelizzare, e per questo Pasotto spera che venga inviato almeno un altro sacerdote per quelle terre.

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                                    FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra, la situazione in Eritrea

La situazione in Eritrea è stata al centro delle preoccupazioni del Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra, che si è riunito il 26 febbraio nella sua 43esima sessione.

L’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali di Ginevra, ha espresso preoccupazione per “il sequestro di centri sanitari ed educativi della Chiesa, ora nelle mani di istituzioni governative in Eritrea”.

“La Santa Sede – è proseguito l’intervento – ribadisce che la Chiesa cattolica, in accordo con la sua natura e missione universale, porta avanti attività caritative e sociali per l’intera popolazione, con una attenzione speciale per quanti sono più nel bisogno, senza discriminazione”.

La Santa Sede ha anche messo in chiaro di avere fini umanitari e non politici, e quindi incoraggiata il governo eritreo ad entrare in un dialogo pacifico e costruttivo per “costruire un futuro prospero e pacifico, in cui i diritti di religione o di credo sono rispettati nel contesto della legge internazionale, per lo sviluppo integrale di tutti”.

La Santa Sede ha infine espresso l’auspicio che “la Chiesa in Eritrea godrà della libertà di servire il bene comune con i suoi centri sanitari educativi”.

C’erano 29 ospedali cattolici in Eritrea: 8 sono stati chiusi circa due anni fa, 21 sono stati confiscati negli ultimi mesi. E sembra che anche le scuole cattoliche siano nel mirino. Perché il governo di Asmara sta mettendo in atto, in maniera sistematica, un progetto di nazionalizzazione che utilizza come scusa una legge del 1995. Ma che, di fatto, si traduce in un attacco alla Chiesa cattolica. La libertà religiosa è formalmente garantita nel Paese. Ma, di fatto, questa operazione è un attacco alla libertà religiosa. E, in particolare, al diritto dei fedeli di rispondere al comandamento di amare il prossimo

Si attende l’assegnazione di un nunzio apostolico, dopo che l’arcivescovo Hubertus van Megen è stato inviato come “ambasciatore del Papa” lo scorso febbraio in Kenya e quindi in Sud Sudan. Ma intanto, nella vacanza di un alto rappresentante diplomatico, uomini del presidente Isaias Afwerki hanno messo in atto il piano di presa di possesso delle cliniche.

                                                FOCUS AFRICA

Etiopia, il Cardinale Souraphiel non è riuscito ad entrare in Eritrea

Lo scorso 22 febbraio, una delegazione cattolica etiope di altissimo livello, guidata dal Cardinale Berhaneyesus Souraphiel, è stata bloccata per 16 ore all’aeroporto di Asmara.

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Oltre al Cardinale, erano presenti anche Musie Ghebregiorghis, eparca di Emdeber, e da Abba Teshome Fikre, segretario della Conferenza Episcopale di Etiopia.
I tre esponenti della Chiesa etiope si stavano recando in Eritrea per partecipare al giubileo della Chiesa arcivescovile di Asmara, che celebra il suo 50° anniversario e la festa annuale della Sua Patrona, Kidane Méhret (Madonna dell’Aiuto). Tutti e tre avevano con sé il passaporto e un regolare visto di entrata.

"Al loro arrivo allo scalo di Asmara - si legge in una nota del Segretariato cattolico dell’Etiopia - sono stati detenuti illegalmente per 16 ore senza motivazioni e poi sono stati costretti a rientrare in Etiopia. La loro unica colpa è di aver voluto celebrare, insieme ai confratelli eritrei, una festa religiosa".
Nonostante le aperture legate al processo di pace tra Etiopia ed Eritrea, esistono ancora profonde diffidenze tra i due Paesi. Trent’anni di guerra di indipendenza, seguiti da una guerra fratricida che ha causato decine di migliaia di morti e un ventennio di tensioni, non sono stati ancora del tutto smaltiti. Il regime di Asmara, uno dei più duri del continente africano, dimostra ancora diffidenza e sospetto nei confronti delle personalità religiose e politiche provenienti dall’Etiopia. L'auspicio è che si arrivi a considerare il contributo delle comunità religiose, e in particolare della Chiesa cattolica, come un sostegno al processo di pace, una via per abbassare le tensioni, un apporto al bene comune.

                                                FOCUS EUROPA

La visita dell’arcivescovo Gallagher in Estonia e Lettonia

Dal 30 gennaio al 2 febbraio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, è stato in visita in Estonia e Lettonia. Era la prima volta in quei Paesi, per il “ministro degli Esteri” vaticano.

L’arcivescovo Gallagher ha parlato della visita in una intervista appena pubblicata sul portale cattolico della Lettonia. Nell’intervista, l’arcivescovo Gallagher ha anche spiegato il senso della diplomazia della Santa Sede.

L’arcivescovo ha detto che “la Chiesa, in quanto tale, non ha bisogno di diplomazia”, ma è anche vero che il Papa ha goduto di un potere secolare, e così si è avuta l’opportunità di avere una diplomazia, che è continuata anche dopo la presa di Roma e la perdita dello Stato pontificia. “È diventato chiaro – ha detto l’arcivescovo Gallagher – che la posizione della Santa Sede nella comunità internazionale non era determinata dal territorio, ma piuttosto si basa sull’autorità morale vista nell’istituzione del Papa”.

Il “ministro degli Esteri” vaticano ha spiegato che lo scopo della diplomazia vaticana è promuovere valori comuni, a cominciare dalla “libertà religiosa, una missione fondamentale del Papa” e poi i diritti umani in generale. Gallagher ha anche sottolineato che la Santa Sede è anche una forza di mediazione, quando viene richiesto di farla.

L’arcivescovo Gallagher ha sottolineato di aver compreso di più della storia della Lettonia, e che è vero che “la storia della Lettonia, come gran parte dell’Europa orientale, è una storia di tragedia, ma anche una storia di speranza”.

L’arcivescovo Gallagher ha anche detto che gli scandali colpiscono l’immagine, la reputazione, l’autorità o la credibilità dell’istituzione, e questo crea anche un effetto sulla diplomazia della Chiesa.

Durante la visita, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato i ministri degli Esteri di Estonia e Lettonia e altri ministri.

Il viaggio dell’arcivescovo Gallagher è iniziato lo scorso 30 gennaio, con arrivo a Tallinn accolto dal sotto-segretario per gli Affari politici del Ministero degli Affari Esteri e ambasciatore presso la Santa Sede, Paul Teesalu, ed alcuni funzionari del Protocollo di Stato, nonché dal nunzio apostolico, monsignor Petar Rajič, accompagnato da monsignor Christopher Washington, segretario della Nunziatura

Apostolica.

Il 31 gennaio, l’arcivescovo Gallagher ha incontro il ministro degli Esteri estone Urmas Reinsalu, con il quale ha discusso della situazione politica internazionale e regionale, e poi con il ministro della Giustizia, Raivo Aeg, con il presidente del Parlamento estone Henn Polluaas, e con il ministro della popolazione Riina Solman.

Prima di partire, l’arcivescovo Gallagher ha anche visitato il memoriale delle vittime del comunismo Maarjamae.

Arrivato in Lettonia l’1 febbraio, l’arcivescovo Gallagher ha prima di tutto dialogato con i vescovi sulla situazione della Chiesa locale e su alcune questioni riguardanti i rapporti con le autorità civili.

L’arcivescovo Gallagher ha poi incontrato il ministro della Giustizia Janis Bordanas e il ministro degli Esteri Edgars Rinkevics, con il quale ha affrontato alcune delle maggiori questioni di politica internazionale, le sfide socio politiche regionali e i temi della libertà religiosa e delle situazioni umanitarie rilevanti.

L’incontro del presidente dell’Azerbaijan con il Segretario di Stato vaticano

Lo scorso 22 febbraio, il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev ha incontrato Papa Francesco, e dopo ha avuto un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

Nel corso dell’incontro, Aliyev ha ricordato la visita di Papa Francesco in Azerbaijan del 2016, ha sottolineato che l’Azerbaijan continua attivamente il suo lavoro nel promuovere il dialogo interculturale e interfede e rimarcato che il Secondo Summit dei Leaders Religiosi Mondiali è stato tenuto lo scorso anno a Baku, e che all’evento aveva partecipato anche un rappresentante vaticano.

Il presidente ha anche messo in luce l’armonia religiosa in Azerbaijan e affermato che il dialogo interreligioso e interculturale e il multiculturalismo sono una priorità della presidenza di turno dell’Azerbaijan del Movimento dei Non Allineati, che va dal 2019 al 2022.

Da parte sua, il Cardinale Parolin ha enfatizzato le particolari relazioni tra Azerbaijan e Santa Sede e il rafforzamento del dialogo interculturale, lodando il fatto che la nazione dà grande importanza al multilateralismo nelle relazioni internazionali.

Durante l’incontro, si è parlato anche del conflitto in Nagorno Karabach, e l’Azerbaijan ha mostrato la sua posizione anti-armena. Da notare che, per via di questo conflitto, le nazioni del Caucaso non sono state unite sotto una unica nunziatura: l’arcivescovo Bettencourt è stato nominato ambasciatore del Papa in Georgia e Armenia, mentre l’arcivescovo Fitzpatrick, nunzio in Turchia, ha avuto anche la rappresentanza nel territorio azero.

Il vicepremier spagnolo Calvo riceve il Cardinale Ricardo Blazquez

Si è tenuto il 26 febbraio un incontro tra il vicepresidente del governo spagnolo Carmen Calvo e il Cardinale Ricardo Blazquez, presidente della Conferenza Episcopale Spagnola.

La vicepremier ha sottolineato “la cordialità e fluidità delle relazioni tra governo e Chiesa che il cardinale Blazquez ha sempre propiziato, tanto con questo governo come con l’esecutivo precedente”. Anche il Cardinale Blazquez ha parlato di un incontro cordiale.

Il Cardinale Blazquez lascerà la prossima settimana l’incarico di presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, che ha detenuto per due mandati. Si è trattata, dunque, di una visita di congedo.

I rapporti tra governo spagnolo e Chiesa sono tesi, sia a causa della vicenda dell’esumazione di Francisco Franco che per la politica aggressiva del governo nei confronti delle proprietà ecclesiastiche.

                                                FOCUS VITA

Diritto al suicidio in Germania, la reazione della Pontificia Accademia per la Vita

Lo scorso 26 febbraio, la Corte Costituzionale della Germania ha riconosciuto il “diritto al suicidio” per i suoi cittadini, siano essi in salute o affetti da malattia.

L’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha stigmatizzato che “l’ossequio alla autodeterminazione del paziente, in nome della quale si accetta l’intenzionalità suicidiaria, a cui poi si offrono i mezzi di esecuzione, ancora una volta diviene la maschera che nasconde un’impostazione individualista, che abbandona le persone più fragili alla loro sofferenza e alle pressioni di una società sempre più esigente sul piano delle prestazioni e della qualità di vita richieste ai suoi appartenenti”.

Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita sottolinea che è dovere di ciascuno occuparsi del fratello”, ma è anche “dovere di uno Stato di proteggere sempre i suoi cittadini, soprattutto coloro che soffrono una particolare fragilità, per motivi di natura fisica, psichica, o sociale”.

Per questo, l’auspicio dell’arcivescovo Paglia è che “tali orientamenti giurisprudenziali non trovino conferma, ma che gli sviluppi legislativi in questo ambito muovano invece in direzione di una più decisa protezione dei soggetti deboli, tra i quali rientrano certamente tutti coloro che, in un qualche momento della loro vita, pensano al suicidio come soluzione al loro disagio, o alla loro sofferenza”.

L’arcivescovo non nega “l’esistenza della sofferenza umana, a volte atroce, e capace di condurre la persona sulla soglia della disperazione”, ma rimarca anche l’importanza delle cure palliative.

I vescovi degli Stati Uniti contro l’aborto

Il 25 febbraio, è arrivata notizia che il senato degli Stati Uniti non è riuscito a portare avanti la legge di protezione per del bambino non nato e la legge di protezione per i bambini nativi dall’aborto. Quest’ultima legge proibiva l’infanticidio, assicurando che un bambino nato vivo a seguito di un aborto avrebbe ricevuto lo stesso grado di cura per preservare il suo stato di salute di quello dato a un bambino nato vivo alla stessa età gestazionale.

L’arcivescovo Joseph Naumann di Kansas City, presidente del comitato della conferenza episcopale USA per le attività pro-life, ha dichiarato che è “agghiacciante che anche un solo senatore, e in questo caso più di 40, voti per continuare il brutale smembramento di bambini quasi del tutto formati, e voti contro la protezione dei bambini che sopravvivono ad un aborto”.

Naumann ha aggiunto che “la nostra nazione è meglio di tutto questo, e la maggioranza degli americani che supportano queste leggi devono farsi sentire”.