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Diplomazia pontificia, la visita di Gallagher in Albania

Il “ministro degli Esteri” vaticano sarà in Albania da oggi al 22 marzo, testimoniando ancora una volta la particolare attenzione della Santa Sede per la regione dei Balcani

Albania - Santa Sede | Le bandiere di Santa Sede e Albania | Daniel Ibanez / ACI Group Albania - Santa Sede | Le bandiere di Santa Sede e Albania | Daniel Ibanez / ACI Group

Non è ancora stato in Montenegro, ma non è detto che il viaggio non si programmi a breve. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, continua le sue visite nei Balcani e accetta l’invio dell’Albania, dove si trova a partire da oggi per una serie di incontri diplomatici ed ecclesiastici. Si conferma, con la visita, la particolare attenzione della Santa Sede nei confronti della regione dei Balcani occidentali.

Papa Francesco, nei suoi appelli al termine dell’udienza generale del 15 marzo, ha parlato anche della situazione della Lavra di Kyiv. Ecco di cosa si tratta.

La visita del presidente della Macedonia del Nord Pendarovski al Fanar apre anche nuovi orizzonti per la diplomazia ecumenica.

Continua l’ampia attività multilaterale della Missione della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra. La missione, comunque, vedrà presto un nuovo osservatore, dato che Papa Francesco ha nominato l’attuale Osservatore, l’arcivescovo Fortunatus Nwachuwku, da appena un anno alla Missione, come segretario del Dicastero per l’Evangelizzazione. Per Nwachukwu si tratta di un ritorno a Roma, in un dicastero importante. Prima, era stato capo del protocollo della Segreteria di Stato prima di cominciare la sua carriera di nunzio.

                                                FOCUS SANTA SEDE

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L’arcivescovo Gallagher a Tirana

Dal 18 al 20 marzo, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher sarà in visita in Albania, su invitto del ministro per l’Europa e gli Affari Esteri albanese Olta Xhaçka e del presidente della Conferenza episcopale albanese, monsignor Angelo Massafra. 

Il programma prevede una serie di incontri istituzionali ed ecclesiastici. L’arcivescovo Gallagher incontra il 18 marzo a Tirana il ministro Olta Xhaçka.

Nello stesso giorno, si trasferisce a Scutari, dove celebrerà la Messa nella Cattedrale e visiterà il Museo dei Martiri dedicato a quanti sono stati perseguitati durante il regime comunista.

Domenica 19 marzo, il “ministro degli Esteri” vaticano celebrerà la Messa nella Cattedrale di  Rrëshen e incontrerà i vescovi della Conferenza episcopale locale.

Lunedì 20 marzo, incontrerà a Tirana i leader religiosi del Paese e il presidente dell’assemblea della Repubblica Lindita Nikolla. Inoltre, visiterà l’Università Cattolica di Nostra Signora del Buon Consiglio, la Cattedrale cattolica, la Cattedrale ortodossa e la Moschea nella capitale albanese.

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In Albania è ancora vivo il ricordo del viaggio di Papa Francesco nel 2014, ma anche il primo di un Papa nel Paese, quello di Giovanni Paolo II del 1993.

In Albania, la Santa Sede aveva eretto una Delegazione apostolica nel 1920. Con il regime comunista installatosi nel 1945, la delegazione rimase vacante a seguito dell’espulsione del delegato apostolico, monsignor Leone Nigris, e la tragica morte del suo successore, il beato vescovo Frano Gjini, fucilato nel 1948 per essersi rifiutato di obbedire all’ordine impartito dal leader albanese Enver Hoxha di creare una Chiesa nazionale separata da Roma. Santa Sede e Albania hanno poi riallacciato le relazioni diplomatiche il 7 settembre 1991.

FOCUS UCRAINA

Papa Francesco interviene sulla questione della lavra di Kyiv

Negli appelli a seguito dell’udienza generale del 15 marzo, Papa Francesco è intervenuto sullo scontro politico in corso intorno alla Lavra di Kyiv. Ha detto il Papa: “Penso alle suore ortodosse della Lavra di Kyiv. Chiedo alle parti in guerra di rispettare i luoghi religiosi. Le suore e le persone consacrate alla preghiera, a qualsiasi confessione appartengano, sono sostegno del popolo di Dio”.

Parole che hanno destato scalpore, anche perché intervengono in una situazione politica interna all’Ucraina, e anche perché si è riferito a monache che non ci sono in quella Lavra.

Con la dissoluzione dell’URSS, il complesso della Lavra è passato dalla proprietà dell’Unione Sovietica a quella dello Stato ucraino, che la ha lasciata ai monaci con un contrato di usufrutto gratuito ai monaci del patriarcato di Mosca. Kyiv non vorrebbe rinnovare l’accordo, ma il ministro della Cultura Aleksandr Tkacenko ha aperto ad una permanenza dei monaci nel complesso “ a determinate condizioni” c che “non vi sarà alcuna azione di forza nei loro confronti”.

Il contratto d’uso del complesso “lavra delle grotte” scade il 29 marzo. Si tratta di un insieme monastico di 23 ettari, che includono 140 edifici. Nelle grotte ci sono anche oltre 120 sepolture e reliquie di santi. Tra questi, due chiese e le sedi di un monastero, un seminario, una accademia e uffici centrali. Il ministero della Cultura di Kyiv non ha “sfrattato” i monaci, ma ha mandato un avviso per risolvere il contratto di locazione esistente, chiedendo allo stesso tempo un paio di nomi per una commissione dedicata alla determinazione del contratto futuro.

La rinegoziazione del contratto ha anche un peso politico, perché l’Ucraina ha anche la linea di privilegiare, nelle relazioni, la Chiesa Ortodossa Ucraina, mentre alcuni disegni di legge hanno anche cercato di disciplinare le Chiese sul suolo ucraino che hanno un riferimento all’estero, considerando l’eccezionale situazione di guerra e anche le prese di posizione bellicose del Patriarca di Mosca Kirill.

La possibilità di una soluzione del contratto in corso ha portato a violente proteste, mentre il 12 marzo il metropolita Onufry, a capo della Chiesa Ortodossa che fa riferimento al Patriarcato di Mosca, ha arringato i protestanti chiedendo loro “di pregare perché il Signore cambi il pensiero di quelle persone che vogliono espellere i nostri fratelli dal santo monastero”.

C’è da ricordare che il contratto di locazione attuale della Lavra era del 2013, favorito

dall’allora presidente filo-russo Victor Janukovyč. Del resto, il patriarcato di Mosca non ha aspettato molto per rivendicare alla propria giurisdizione diretta le diocesi del Dombass e quelle della Crimea.

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Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha denunciato all’ONU e all’Osce le violazioni dei diritti umani e costituzionali in atto in Ucraina verso i credenti ortodossi, mentre il Patriarca di Mosca Kirill ha inviato una lettera a tutti i responsabili delle fedi e delle religioni, sottolineando come sia “deplorevole che, sebbene la leadership statale dell’Ucraina proclami il suo impegno per i principi democratici…, questi diritti e libertà vengano violati oggi nel modo più flagrante”.

FOCUS RUSSIA

L’ambasciatore russo presso la Santa Sede, i legami con Mosca sono rafforzati

Secondo Alexander Avdeyev, ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede, i legami tra Vaticano e Mosca si sono rafforzati con l’elezione di Papa Francesco.

Il diplomatico ha parlato in una intervista all’agenzia TASS, notando che il presidente Putin ha visitato il Vaticano e ha incontrato papa Francesco tre volte“, una sorta di unicum tra i leader delle grandi potenze.

In particolare, Santa Sede e Russia trovano convergenze, secondo l’ambasciatore, su questioni come la sicurezza internazionale, il Medio Oriente, la Siria, mentre riguardo l’Ucraina cìè stato uno scambio franco, e la Santa Sede ha garantito “servizi positivi e importanti” come mediatore nel trasferimento delle liste dei prigionieri di guerra per gli scambi tra Russia e Ucraina.

Peskov sui piani del Papa di visitare Mosca

Papa Francesco ha ribadito di volersi recare a Mosca in alcune interviste che ha concesso per i dieci anni di pontificato. Non si tratta di una novità, ma per la prima volta la dichiarazione ha visto un commento di Dmity Peskov, poratvoce di Putin. "Non sappiamo – ha detto Peskov - se il pontefice ha l'intenzione di recarsi nella Federazione Russa, quindi qui non possiamo dire nulla. Sapete che ci sono contatti attraverso lo Stato, naturalmente, attraverso i nostri diplomatici, che vengono effettuati regolarmente. Ci sono alcuni contatti fra le Chiese, che possono dire qualcosa. Ovviamente bisogna dire qualcosa con molta, molta attenzione. Questa è una prerogativa della nostra Chiesa. Per adesso non ho altre informazioni su questo argomento".

Peskov, con una insolita apertura, ha anche affermato che se il Papa viene in Russia, il Cremlino si unirà "incondizionatamente" al suo desiderio, chiedendo però prudenza e sottolineando di attendere le comunicazioni per i canali ufficiali.

FOCUS SEGRETERIA DI STATO

La diplomazia di Papa Francesco come diplomazia di misericordia

Il 13 marzo, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è intervenuto alla presentazione del libro di padre Antonio Spadaro L’Atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale.

Nel suo intervento, il Segretario di Stato ha parlato della “diplomazia della misericordia” portata avanti da Papa Francesco, il quale ha portato avanti un messaggio caratterizzato dall’idea di “cambiare il significato dei processi storici”, senza considerare mai nessuno perduto nei rapporti tra Stati, e ricordando che “il dialogo, anche nelle situazioni più difficili, è voluto in ragione della pace”.

Il Segretario di Stato ha anche sottolineato che la Santa Sede crede fermamente nel multilateralismo, e “sarà sempre disponibile ad impegnarsi per la pace”.

Il cardinale ha ricordato che “due miliardi di persone vivono in aree di conflitto”, mentre si saldano i pezzi della terza Guerra Mondiale, e che la Santa Sede può essere sempre un “attore super partes”, ribadendo così la volontà della Santa Sede a impegnarsi anche per una mediazione in varie aree, inclusa l’Ucraina.

Proprio parlando a margine della presentazione, il Cardinale Parolin ha sottolineato, parlando dell’Ucraina, che la Santa Sede “sta cercando di dare fondo a tutta la sua creatività” per riattivare i negoziati di pace, e che “il primo passo dovrebbe essere un cessate il fuoco”.

L’approccio della Santa Sede è diverso, più “universalistico”, ha spiegato il capo della diplomazia vaticana, e dunque ha un approccio diverso che ha portato il Papa a dire di voler andare “sia a Mosca che a Kyiv”.

Bilaterale Parolin – Meloni

Il libro di Spadaro era presentato anche dal Presidente del Consiglio Italiano Giorgia Meloni, che ha poi avuto un bilaterale con Parolin. Tra i temi, le migrazioni. In un commento a margine, il Cardinale Parolin ha sottolineato che è “stato messo in rilievo come le politiche molte volte sono di contenimento, di restringimento”, mentre “bisognerebbe passare a una politica più aperta, di accoglienza”.

Il Cardinale ha parlato anche dell’accordo tra Cina e Santa Sede, giudicato in modo positivo, perché la Chiesa “chiede solo che i cattolici possano essere cattolici con un legame con la Chiesa universale”.

A fine aprile, andrà a Pechino il vescovo Stetphen Chow, di Hong Kong, ed è la prima visita del genere dopo molti anni. Secondo il Cardinale Parolin, “la realizzazione di quella dimensione tipica della chiesa di Hong Kong che dovrebbe essere una chiesa ponte tra Cina continentale e chiesa universale” e dunque “un gesto positivo” di cui “sono molto contento”. Secondo il cardinale, inoltre, un viaggio di Papa Francesco in Mongolia è “probabile, anche se non è stata ancora presa una decisione definitiva".

                                                FOCUS BALCANI

Macedonia del Nord, il presidente chiede l’autocefalia per la Chiesa ortodossa del Paese

La Chiesa Ortodossa della Macedonia del Nord non è ancora riconosciuta nelle sinassi delle Chiese ortodosse, e dunque non si può considerare una Chiesa autocefala. Per questo motivo, quando c’è la delegazione dei Santi Cirillo e Metodio, l’arcivescovo che guida la comunità è parte della delegazione di Stato, ma non partecipa mai agli incontri ecumenici.

Tuttavia, dopo che l’Ucraina è riuscita ad ottenere l’autocefalia per la Chiesa Ortodossa Ucraina, anche il presidente della Macedonia del Nord ha chiesto al Patriarcato Ecumenico di garantire l’autocefalia per la sua Chiesa nazionale. Il presidente della Macedonia del Nord Stevo Pendarovski ha avanzato la richiesta direttamente al Patriarca Bartolomeo in una visita che ha fatto con sua moglie e alcuni membri della sua presidenza.

A seguito dell’incontro, Pendarovski ha espresso attraverso il sito della presidenza gratitudine al Patriarca Ecumenico “per il suo ruolo speciale nel risolvere il conflitto ecclesiastico che riguarda la nostra chiesa”.

Con la decisione dello scorso 9 maggio, ha detto Pendarovski, “la nostra Chiesa è in comunione canonica con le altre Chiese Ortodosse, accettata come uguale a tutte le altre”, e che “l’unico modo di ottenere un tomos per l’autocefalia legittimo e pienamente accettato è quello del Patriarcato ecumenico”.

Per questo, ha aggiunto il presidente, come Stato e Chiesa “ci aspettiamo che la più alta istituzione dell’Ortodossia ci dia un documento ufficiale di indipendenza ecclesiastica.

Il presidente ha detto che per il Patriarca di Costantinopoli ha per ora dato il diritto alla Chiesa Ortodossa della Macedonia del Nord di usare il nome “Arcidiocesi di Ohrid”, cosa che mostra una continuità ecclesiale di mille anni. Ma ora, aggiunge, “il pieno completamento del processo di autocefalia è del più alto interesse nazionale, perché apre alla possibilità di uno sviluppo nuovo e spirituale della arcidiocesi di Ohrid in favore del processo e della riconciliazione dello Stato della Macedonia del Nord”.

Da parte sua, il Patriarcato di Costantinopoli ha diffuso un comunicato, sottolineando che il presidente è stato ricevuto con Grande Onore, e che l’incontro tra il presidente e Bartolomeo è stato cordiale, e ha visto anche la presenza del Metropolita Emanuele di Calcedonia.

                                                FOCUS MULTILATERALE

Santa Sede a Ginevra, la violenza sui bambini

Il 16 marzo, si è tenuta al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra una sessione di dialogo con il Rappresentante Speciale del Segretario generale sulla violenza contro i bambini.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, osservatore permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, ha preso nota del rapporto presentato, in cui si disamina la situazione delle minacce nei confrontti di bambini attraverso nuove tecnologie.

La Santa Sede nota che i progressi tecnologici possono sia essere un fattore significativo nella promozione dei diritti dei bambini, ma possono anche essere portatrici di minacce pari ai benefici che creano, e si dice preoccupata dei vari fenomeni di violenza che avvengono online e offline (dal cyberbullismo alle molestie, dall’esposizione al conetnuto violento alla promozione del suicidio, dalla discriminazione alla tratta).

I bambini, nota la Santa Sede, sono oggi “più esposti che mai a situazioni vulnerabili”, dove le normali protezioni sono assenti. Solo lo scorso anno “si stima che milioni di bambini siano stati esposti a sfruttamento sessuale e abusi.

Secondo la Santa Sede, “c’è bisogno non solo di fornire una cornice legale che penalizzi l’attività illegale e immorale che ha causato la violenza ai bambini online”, ma anche di adottare “un approccio proattivo che cerchi di prevenire questa attività nel futuro”, approccio che deve coinvolgere “la comunità internazionale e le autorità nazionali” allo scopo di adottare nuovi regolamenti, standard etici e meccanismi di vigilanza nelle aziende tecnologiche e commerciali.

Inoltre, la Santa Sede enfatizza “il fondamentale ruolo di genitori e caregiver” nell’ambio della prevenzione, e mette in luce come i genitori sono i meglio attrezzati per affrontare la questione.

La Santa Sede a Ginevra, gli effetti del debito estero

Il 15 marzo, il dialogo interattivo ha invece coinvolto l’esperto indipendente sugli effetti del debito estero. Anche questo rapporto ha affrontato l’implicazione di nuove tecnologie e commercio digitale.

Anche in questo caso, la Santa Sede non nega gli enormi benefici che possono essere creati da queste nuove forme digitali di commercio, ma mette anche in luce il fatto che “nuove e largamente non regolamentate realtà associate allo spazio digitale sollevano diverse preoccupazione riguardo la protezione dei diritti umani”, a particolare dalla raccolta e trasferimento non regolamentato di dati personali delle persone che compiono transazioni digitali, perché “molti di questi dati non sono raccolti in relazione alle transazione, ma piuttosto senza la effettiva conoscenza o consenso delle persone coinvolte”.

È una pratica, nota la Santa Sede, che “viola il diritto alla privacy e rischia di essere utilizzati per scopi diverse dalle transazioni”. Inoltre, la Sana Sede mette in luce come l’assenza di trasparenza di pratiche come le criptovalute accrescono non solo il rischio di una evasione di tasse, ma anche di aiutare le attività criminali e ridurre la capacità degli Sati di “assicurare adeguato welfare e protezioni sociali ai cittadini”.

La Santa Sede si dice particolarmente preoccupata dagli effetti che può avere la pratica di prendere in prestito beni in maniera irresponsabile, cosa che “rende le persone soggette a meccanismi che generano più grande povertà, esclusione e dipendenza, incoraggiando un circolo vizioso da cui sarà impossibile fuggire”.

Santa Sede a Ginevra, la liberà di religione o credo

Il 14 marzo, l’arcivescovo Nwachukwu è intervenuto al dialogo con il realtore speciale sulla libertà di Religione o Fede.

L’arcivescovo ha notato che la Santa Sede ha sempre messo al primo posto come libertà fondamentale la libertà religiosa, e nota con piacere che il rapporto presentato mette in luce come le istituzioni religiosi “debbano avere la libertà di gestire i loro affari”.

Nella dichiarazione, la Santa Sede “riafferma che nessuna espressione della religione o dei valori religiosi possa essere considerata autentica se promuove odio, violenza, discriminazione e conflitto” e che “le autorità competenti hanno la responsabilità che espressioni di valori pseudoreligiosi siano affrontati in maniera adeguata,”, per assicurare il mantenimento della dignità umana e dei diritti.

La Santa Sede considera “oltremodo importante” che venga garantito il diritto alla obiezione di coscienza, e incoraggia il Relatore Speciale a distinguere chiaramente tra il manifestare le proprie convinzioni religiose e le scelte di evitare alcune azioni a causa di quella fede.

La Santa Sede a Vienna, sulla libertà dei media

Il 14 marzo, si è tenuto a Vienna l’incontro supplementare sulla Dimensione Umana, il cui tema era “Libertà dei Media come Pilastro Centrale della Sicurezza Globale”.

Monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’OSCE, ha detto che la Santa Sede “è convinta che l’informazione fornita dai media debba essere al servizio del bene comune”, e che gli sforzi di supportare la libertà dei media e il loro positivo impatto su pace e sicurezza “devono essere basati sulla comprensione comune del ruolo che gioca nel servire, promuovere e proteggere la dignità umana”, cosa che implica il fatto che i media “riconoscano che la loro libertà è una particolare manifestazione del diritto umano alla libertà di espressione e che, come ogni diritto umano, ci sono obblighi e responsabilità che non possono essere ignorati”.

C’è dunque l’obbligo, per media e giornalisti, di “servire il bene comune fornendo una informazione corretta”, ma anche facilitando “la partecipazione informata dei cittadini nel processo politico”.

Il ruolo dei giornalisti “diventa anche più accentuato in situazioni di conflitto”, perché “attraverso articoli accurati e non pregiudiziali, i giornalisti forniscono al mondo un punto di vista interno che l’informazione governativa o ufficiale spesso non riesce a dare”, in particolare riguardo “l’intensa sofferenza umana che accompagna i conflitti”.

                                                FOCUS MEDIO ORIENTE

Il Primo ministro del Libano dal Cardinale Rai

Il 16 marzo, il Primo Ministro libanese Najib Mikati è stato in visita da Papa Francesco. Da tempo il Papa accarezza l’idea di un viaggio in Libano, specialmente dopo l’esplosione dell’agosto 2020, dopo la quale mandò il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, come suo inviato nel Paese. Sembrava che il viaggio potesse avere luogo lo scorso giugno (includendo anche una tappa a Gerusalemme), ma poi il viaggio non ebbe luogo, considerando anche la difficile situazione politica del Paese.

Il Cardinale Bechara Rai, patriarca dei maroniti, è una personalità ascoltata, e le sue omelie e la richiesta di una neutralità attiva per Beirut hanno grande peso specifico.

Non a caso, il viaggio del premier libanese è stato preparato da un incontro di Mikai con il Cardinale Rai il 14 marzo.

Dopo l’incontro con il Cardinale, Mikati ha parlato degli incontri del suo gabinetto, incontri che il primo ministro considera necessari ma che alcune opposizioni hanno consderato “illegittimi”.

Durante l’incontro, Patriarca e Primo Ministro hanno discusso l’Accordo Taif, il file presidenziale e la visita di Mikati in Vaicano.

“Il Patriarca Rai – ha detto – ha descritto i recenti dialoghi settari come una isetria politica”.

Un altro incontro tra i due è previsto al ritorno di Mikati dal Vaticano., a testimonianza dell’importane ruolo di autorità morale che ha il Patriarca Rai in Libano.

L’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede su un revisionismo pericoloso

Rafael Schutz, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, ha messo in luce quello che lui chiama “un revisionismo pericoloso” in un articolo pubblicato su First Things l’8 marzo.

Dopo aver fatto una disamina dei buoni rapporti tra cattolici e ebrei e tra Santa Sede e Israele sviluppati negli ultimi sessanta anni a partire dalla Nostra Aetate, l’ambasciatore nota che “questo spirito positivo non ha raggiunto ogni angolo del mondo cattolico”, e pone come esempio l’articolo del gesuita David Neuhaus su La Civiltà Cattolica, intitolato “Ripensare la partizione della Palestina”.

Schutz lamenta che l’associazione fatta tra l’Olocausto e la Nabka palestinese “non riflette alcuna verità storica”, e nota che la Nabka sia stata causata “dall’aperto rifiuto dei leader arabi di accettare ogni possibilità di divisione”.

L’ambasciatore critica anche il fatto che Neuhaus consideri il bisogno di uno Stato ebraico come “una credenza post-Shoah”, sebbene poi lo stesso gesuita ricordi che la dichiarazione Balfour è del 1917, e sottolinea che la Nabka palestinese è connessa con la Nabka degli Ebrei, che “Neuhaus non cita”, e cioè che “mentre 700 mila palestinesi persero le loro case durante la guerra del 1948-1949, circa un milione di ebrei nelle nazioni arabe vennero espulsi dalle loro case solo perché ebrei”.

L’ambasciatore nota anche che Neuhaus selezioni gli argomenti sull’esistenza della identità nazionale palestinese, “citando affermazioni che si accordano con le sue visioni politiche, ma ignori l’abbondanza di prove che gli contraddicono”, a partire da alcuni racconti di Mark Twain.

Anzi, aggiunge, secondo molti studiosi il nazionalismo palestinese, che si distingue dal nazionalismo arabo, “prese forma solo all’inizio del XX secolo”, e che un quarto degli arabi residenti nel Paese al tempo erano comunque migranti.

Schutz lamenta che Neuhaus “non ha una singola parola di critica per l’ostinata resistenza palestinese al piano di partizione”, cosa questa che ha motivato i suoi supporter a cominciare “una guerra sanguinosa che ha portato alla Nabka palestinese ed ebrea”.

Schutz conclude che “dato che l’autore è un sacerdote cattolico, questo indica un pericoloso revisionismo che costituisce un distacco dal processo cominciato con la Nostra Aetate”, e sottolinea che speri che si tratti di “una inusuale, solitaria opinione”.