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Diplomazia pontificia: Papa Francesco in Iraq, il rapporto Italia – Santa Sede

Le relazioni tra Santa Sede e Iraq, e la posizione dell’ambasciatore turco press la Santa Sede sul viaggio del Papa. E poi: il bilaterale Italia – Santa Sede, due interventi alle Nazioni Unite di Ginevra

Santa Sede - Italia | Il Cardinale Parolin con il presidente Mattarella al bilaterale dello scorso 2 marzo 2021 | Vatican News Santa Sede - Italia | Il Cardinale Parolin con il presidente Mattarella al bilaterale dello scorso 2 marzo 2021 | Vatican News

Papa Francesco è in Iraq per un viaggio particolarmente difficile. Ma quale è lo stato delle relazioni diplomatiche tra Iraq e Santa Sede?

In questa settimana, Papa Francesco ha scelto il nuovo nunzio in Svizzera, mentre la Santa Sede è intervenuta su temi cruciali come quello del debito pubblico a Ginevra.

                                    FOCUS PAPA FRANCESCO IN IRAQ

Papa Francesco in Iraq, le relazioni tra Baghdad e la Santa Sede

Il viaggio in Iraq di Papa Francesco va a coronare una relazione diplomatica con l’Iraq che dura più di cinquanta anni, e che è stata rafforzata dalla fiera opposizione della Santa Sede alla Seconda Guerra del Golfo. Giovanni Paolo II avrebbe voluto andare in Iraq per il Grande Giubileo del 2000, ma questo sogno non fu realizzabile.

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Le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Iraq furono aperte da Paolo VI il 19 dicembre 1966, quando Paolo VI ricevette le lettere credenziali di Kashim Khalil, primo ambasciatore iracheno presso la Santa Sede.

Nel 2003, Giovanni Paolo II si oppose all’invasione dell’Iraq, e lo fece con iniziative diplomatiche di grande impatto: inviò il Cardinale Pio Laghi con una sua lettera a mano da Bush per frenare l’invasione. Il 14 febbraio 2003, Giovanni Paolo II aveva incontrato in Vaticano l’allora numero 2 di Saddham Hussein, Tareq Aziz.

Il 25 febbraio, il Cardinale Roger Etchegaray si riunì con l’allora presidente iracheno per cercare una soluzione pacifica alla crisi internazionale.

La Santa Sede aveva sempre mantenuto un dialogo con l’Iraq, anche quando nessun Paese lo riconosceva. Un canale portato avanti soprattutto da Tareq Aziz, che era cristiano.

Papa Francesco in Iraq, la posizione dell’ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede

Luftullah Goktas, ambasciatore di Turchia presso la Santa Sede, ha sottolineato in una inetrvista con Anadolu Agency che la visita di Papa Francesco in Iraq potrebbe aiutare gli sforzi di stabilità nella regione.

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“Considerando che il Papa è il leader spirituale del mondo cattolico – ha detto – la visita ha una forte dimensione religiosa”. Secondo l’ambasciatore Goktas, l’incontro con il Grande Ayatollah al Sistani a Najaf sarà cruciale, perché l’influenza del leader sciita “va oltre i confini dell’Iraq. È una persona che tiene in considerazione la stabilità dell’Iraq ed è al di sopra della politica. L’incontro sarà di storica importanza in termine di sviluppare legami tra l’Islam e il mondo cattolico in generale, e lo sciismo e il cattolicesimo in particolare”.

L’ambasciatore Goktas ha ricordato che il Papa è anche andato per mostrare solidarietà nei confronti dei cristiani iracheni, che nel 2003 eranno 1,5 milioni, mentre oggi sono circa 200 mila – 300 mila.

“L’amministrazione irachena – ha detto l’ambasciatore – ha fatto molti sforzi per restituire le proprietà dei cristiani sequestrati per compensare il danno in qualche modo. La Santa Sede apprezza questi sforzi”.

L’ambasciatore Goktas ha anche sottolineato che la Turchia appoggia la stabilità nella regione, e che “ogni sviluppo che contribuisca alla pace e stabilità della regione sarebbe apprezzato”, anche perché “il vuoto di autorità nella nazione permette il rafforzamento dei gruppi terroristici, e né il settarismo né il bigottismo portano pace a nessuno”.

FOCUS EUROPA

Bilaterale Italia – Santa Sede

Lo scorso 2 marzo, si è tenuto il consueto bilaterale tra Italia e Santa Sede in occasione dell’anniversario della firma dei Patti Lateranensi e della revisione del Concordato. Tradizionalmente, il bilaterale si tiene tra l’11 e il 18 febbraio, le due date di anniversario, ma quest’anno è stato spostato in avanti per via della crisi di governo. Si è trattato del primo incontro tra il Premier Mario Draghi e i vertici vaticani.

Presenti, tra gli altri, il presidente italiano Sergio Mattarella, il segretario di Stato vaticano il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, e il presidente della Conferenza Episcopale Italiana il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI.

Il Cardinale Parolin ha poi sottolineato che il bilaterale ha puntato sulla volontà di “riportare al centro la famiglia”, ma anche la presidenza italiana del G20, cui la Santa Sede può portare un apporto etico. “Noi pensiamo che il nostro contributo sia sul piano di educazione e su un nuovo stile di vita. Il confronto ci lascia fiduciosi", ha detto il segretario di Stato.

Il Cardinale Parolin ha sottolineato che è stata una conversazione molto serena, da parte loro erano presenti i ministri delle Pari opportunità (Bonetti), della Sanità (Speranza), dell'Istruzione (Bianchi), degli Esteri (Di Maio): si è parlato degli ambiti di competenza di questi ministri, hanno presentato le azioni di Governo e ci hanno trovato molto attenti, soprattutto per questa volontà di riportare al centro la famiglia e sostenerla anche con adeguate politiche, il tema educativo che è fondamentale, il cardinale”.

Si è parlato anche “di politica internazionale in vista degli appuntamenti che aspettano l'Italia e cioè la presidenza del G20 e la copresidenza della Cop26 di Glasgow". Quanto allo specifico tema ambientale, "noi abbiamo sottolineato quel che consideriamo l'apporto principale della Santa Sede: un apporto di natura etica”.

Il Cardinale Bassetti ha spiegato che “abbiamo parlato di tutti i problemi di maggiore urgenza in questo momento a cominciare dalla famiglia, la scuola, i giovani, i rapporti fra le istituzioni. Il clima è stato buono e costruttivo: c’è stata convergenza su tutti gli argomenti, anche su quelli di politica estera, che sono i più complessi, anche sulle migrazioni”.

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Il Cardinale Bassetti ha quindi sottolineato che “c’è stato davvero uno scambio sereno e aperto. Abbiamo sottolineato i problemi comuni di questa pandemia".

Per l’emergenza legata alla pandemia è stato soppresso il tradizionale ricevimento, sostituito con una mostra di artisti contemporanei e designer, visitata dalle due delegazioni al termine del vertice e dell'evento celebrativo.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra, la questione del debito estero

Il 3 marzo, la 46esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani ha affrontato la questione del debito estero. È un tema che la Santa Sede ha affrontato diverse volte, e che ha ribadito in tempo di pandemia, quando anche Caritas Internationalis ha rinnovato più volte l’appello per la cancellazione del debito estero dei Paesi più poveri.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali di Ginevra, ha sottolineato che “gli effetti negativi della pandemia da COVID 19 sulle condizioni economiche del mondo sono allarmanti”, e che in particolare “la pandemia ha esacerbato le vulnerabilità già esistenti del debito nelle nazioni in via di sviluppo e sotto sviluppate”, tanto che “il peso del debito le impedisce di garantire alla loro gente i fondamentali diritti socioeconomici, come il cibo e la sicurezza sociale, servizi sanitari e accessi ai vaccini”.

Sono situazioni vicine all’immoralità, e la comunità internazionale ha “un forte obbligo di andare avanti nella comprensione di attraverso la quale linee guida condivise su temi etici, culturali e normative si sviluppano pratiche economico finanziarie”.

In questo scenario – ha affermato la Santa Sede – “è più importante che mai le gli Stati meno sviluppati ricevano cooperazione internazionale e assistenza finanziaria e tecnica, in particolare la riduzione del debito, il sostegno al debito e la sua cancellazione”. Per questo, la Santa Sede ha chiesto “riforme costruttive capaci di trasformare le nazioni in via di sviluppo da contribuenti in crisi di debito in preventori di crisi” – riforme che dovrebbero “stabilire una più efficace architettura finanziaria basata sull’uomo”.

Gli Stati, dal canto loro, devono sistemare il loro sistema interno, con misure che possano “aiutare ad evitare pesi di debito insostenibili e crisi economiche create da privati”.

In conclusione, “la Santa Sede considera essenziale adottare politiche indirizzate alla sostanziale riduzione, se non cancellazione, debito per le nazioni meno sviluppato, come un segno di vera solidarietà, corresponsabilità e cooperazione”.

La Santa Sede a Ginevra, il tema del cibo

Il 2 marzo, al Consiglio dei Diritti Umani si è discusso invece di diritto al cibo. L’arcivescovo Jurkovic ha notato che “come sottolineato in vari strumenti legali sui diritti umani, il diritto al cibo è considerato come l numero di condizioni che permettono a ciascuno di avere accesso, in ogni momento, a una nutrizione adeguata e sicura, e che la sicurezza deve essere fornita in modi rispettosi della dignità della vita umana.

La Santa Sede denuncia “la biasimevole mancanza di protezione sociale offerta da lavoratori nel cibo e nel settore agricolo, nonché ai lavoratori migranti durante la pandemia”, chiede agli Stati di garantire loro protezione e stabilità. La soluzione è quella di “porre le persone al centro delle risposte politiche”, cosa che potrebbe creare un autentico approccio ai diritti umani.

La Santa Sede a New York, “Disordini, Transizione e Trasformazione

L’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia è stato invitato a tenere una conferenza virtuale per gli studenti di Gerusalemme che partecipano al Modello Nazioni Unite delle Sorelle del Rosario. Il tema della conferenza, che si è tenuto l’1 marzo, era “Disordini, Transizione e trasformazione”, e ha visto la partecipazione di studenti da tutto il Medio Oriente.

L’arcivescovo Caccia ha sottolineato che “la pandemia ci ha portato a realizzare ciò che è realmente in crisi del nostro modo di comprendere la realtà o di relazionarci l’uno all’altro”, e ha detto di sperare che “la conferenza ispiri gli studenti di trasformare il mondo “dal disordine, in un torrente di amore fraterno”.

L’arcivescovo Caccia ha dunque incoraggiato i delegati di andare oltre le loro ipotetiche risoluzioni per considerare piuttosto “quello che faranno ora per trasformare le loro comunità , scuole, nazioni e dimore in una amicizia sociale e nella fraternità umana.

                                    FOCUS AMBASCIATE E NUNZIATURE

Papa Francesco nomina il nuovo nunzio in Svizzera

L’arcivescovo Martin Krebs è il nuovo nunzio in Svizzera. Lascia la nunziatura di Montevideo, in Uruguay, che guidava dal 2018. L’arcivescovo Krebs dovrebbe arrivare a metà aprile.

Nato nel 1956 a Essen, città della Renania Settentrionale-Vestfalia, Krebs ha un dottorato in diritto canonico. È entrato nel Servizio Diplomatico della Santa Sede dal 1991. Nel 2008, papa Benedetto XVI lo ha nominato arcivescovo titolare della diocesi di Taborenta (Algeria) e nunzio apostolico in Guinea e Mali. In seguito ha servito, fra l'altro, in Nuova Zelanda, Isole Cook, Kiribati, Fiji, Samoa e Vanauatu. Dal 2018, l'arcivescovo tedesco è ambasciatore del Papa in Uruguay.

Il suo predecessore, il settantenne Thomas Gullickson, si è dimesso alla fine dell’anno, sfruttando la possibilità per i nunzi di andare in pensione a 70 anni.

L’ambasciatore della Repubblica Dominicana in visita di congedo dal Papa

Eunisis Vazquez Acosta, ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, si è congedata l’1 marzo da Papa Francesco dopo pochi mesi di incarico. Classe 1960, laureata in legge con varie esperienze internazionali, è esperta giurista e Docente di Diritto, è autrice di numerose pubblicazioni di settore. Era stata nominata ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede ad inizio 2020.

                                                FOCUS ASIA

Relazioni Santa Sede – Cina

Papa Francesco ha ribadito anche nel suo discorso al corpo diplomatico che l’accordo tra Santa Sede e Cina per la nomina dei vescovi è “prima di tutto di carattere pastorale”: Dall’1 maggio 2021, però, in Cina entrerà in vigore un nuovo regolamento riguardante il clero di tutte le religioni, che entrerà in vigore il 1 maggio 2021.

Le “Misure amministrative riguardanti il personale religioso” (Zongjiao jiao zhi renyuan guanli banfa), un testo articolato in 7 capitoli e 52 articoli, sono in linea con la politica di “sinizzazione” delle religioni promossa dal presidente Xi Jinping nel 2016 durante la “Conferenza nazionale sul lavoro religioso” e con l’attuale sforzo del governo di Pechino di normare minuziosamente ogni ambito della vita sociale.

Già le “Norme relative agli affari religiosi”, emanate dal Consiglio per gli Affari di Stato, entrate in vigore nel 2018, sono andate in questa direzione.

Le nuove disposizioni parlano di creare un database di personale religioso e l’obbligo di sacerdoti e leader religiosi di altre fedi di registrarsi presso l’Amministrazione statale per gli Affari Religiosi.

L’Accordo provvisorio del 2018 riguarda la nomina e la consacrazione dei vescovi. Nel testo delle “Misure amministrative riguardanti il personale religioso” non si parla né dell’Accordo né del coinvolgimento del Papa nelle nomine episcopali in Cina. Per qualcuno quest’assenza costituirebbe una chiara smentita dell’Accordo. In realtà, la presenza dell'accordo non sarebbe costume in un regolamento di questo tipo citare, anche perché l’Accordo non è stato ancora ratificato definitivamente, ma prolungato ad experimentum, e perché si tratta di una intesa internazionale, che non riguarda le dinamiche interne.

Dal 2018, tutti i vescovi cattolici cinesi sono in comunione con il Papa, ed è la Conferenza Episcopale locale ad assicurarsi che i nuovi vescovi siano nominati dal Papa.

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L'1 marzo è stato il centenario della morte dell'ultimo re di Montenegro, Nicola I Petrovich-Njegos. È un anniversario importante, anche perché il principe di Montenegro ha un ruolo ufficiale nella costituzione repubblicana. Il Principe Nikola II, infatti, dopo il referendum del 21 maggio 2006, ebbre il ruolo di garante dell'identità nazionale del Montenegro, non accampando diritti al trono ma mantenendo il ruolo di "padre nobile" della nazione. 

Il Principe Nicola ha così un ruolo speciale nell'Organigramma dello Stato: con legge 35/11-1/15 EPA 569 XXIV, approvata in Podgorica il 12 luglio 2011 dal Parlamento del Montenegro, la Famiglia Reale è stata pienamente riabilitata, sia sul piano giuridico, sia sul piano storico, chiudendo così una vicenda dolorosa, iniziata con la forzata annessione del Montenegro alla Serbia nel 1919 e proseguita durante i regimi di Tito e Slobodan Milosevic.

Nel quadro di questo processo di riconciliazione storica, il Principe Nicola è stato inserito, con la Sua famiglia, nella costituzione repubblicana del Montenegro, come tutore della libertà e indipendenza della nazione, un ruolo "ufficiale" nell'apparato istituzionale della Nazione Montenegrina.

Il Montenegro ha attualmente un concordato con la Santa Sede, unico paese ortodosso con questo tipo di accordo, che risale all'epoca del re Nicola I. Prima della pandemia, era previsto un viaggio di Papa Francesco nel Paese.

Il principe Nicola è stato in visita ufficiale a Papa Francesco nel 2016, e recentemente ha incontrato il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede,  per gettare le basi di futuri progetti umanitari e ecologici nel quinto anniversario dell'enciclica "Laudato sii" di Papa Francesco, questo centenario segna una tappa molto importante per il Montenegro.

In occasione del centenario, il principe Nicola ha sottolineato che "è con emozione e fierezza che questo primo marzo teniamo a condividere con tutti i nostri concittadini montenegrini e italiani il ricordo di una nobile figura della storia del nostro paese, che - padre dell’indimenticabile regina Elena - fu anche un grande amico dell’Italia, dove per molti anni hanno riposato i suoi resti mortali, prima a Casale Monferrato, poi a Sanremo. È con tristezza che noi pensiamo agli ultimi anni della sua vita, tradito dai suoi antichi alleati e relegato in un esilio ingiusto, che per molti decenni ha disperso la nostra famiglia lontano dalle sue radici".

Il principe Nicola II ricorda anche l'accoglienza che i montenegrini hanno riservato al ritorno delle sue ceneri nell'ottobre 1989, insieme a quelle della regina Milena e delle principesse Vera e Xenia.