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Finanze vaticane, l’Agenzia delle Entrate USA dà la luce verde

L’Internal Revenue Service degli USA inserisce lo Stato di Città del Vaticano e la Santa Sede tra le giurisdizioni equivalenti in termini di adeguata verifica

San Pietro | La cupola di San Pietro  | Daniel Ibanez / ACI Group San Pietro | La cupola di San Pietro | Daniel Ibanez / ACI Group

Finanze vaticane, luce verde dagli USA. Mentre ancora si attende la pubblicazione del rapporto MONEYVAL sui progressi di Santa Sede / Stato di Città del Vaticano in termini di trasparenza finanziaria, Vatican News dà risalto alla notizia che l’Internal Revenue Service, il servizio delle entrate del governo degli Stati Uniti, ha inserito il Vaticano tra le giurisdizioni equivalenti a quella USA in materia di adeguata verifica del cliente.

Si tratta di un procedimento normale, che non farebbe nemmeno notizia se non si trattasse della Santa Sede e di questa particolare situazione, e che comunque arriva al termine di un percorso fatto e definito diverso tempo fa. Non va dimenticato che nel 2015 Santa Sede e Stati Uniti firmarono un protocollo per migliorare gli standard di conformità fiscale – accordo supervisionato dall’allora Autorità di Informazione Finanziaria.

Nell’allegato specifico dedicato a Santa Sede e Stato di Città del Vaticano, vengono citate tutte le normative che hanno favorito il riconoscimento. Si parte dalla legge n. XVIII dell’8 ottobre 2013, modificata dalla Legge n. CCXLVII del 19 giugno 2018 e dal decreto CCCLNXXII del 9 ottobre 2020 (la cosiddetta legge sulla trasparenza). Quest’ultima era una messa a punto, un adeguamento a normative vigenti che aveva una sola vera novità nell’istituzione di un registro centrale presso l’Autorità di Informazione Finanziaria. Una riforma comunque resa possibile dall’impianto della legge XVIII, non per niente lodato da Carmelo Barbagallo, presidente dell’Autorità di Sorveglianza e di Informazione Finanziaria.

L’agenzia degli Stati Uniti cita anche l’articolo 421 bis del Codice penale, come modificato dall’art. 5 del Decreto CCCXXIX, del 1° ottobre 2019, sul riciclaggio, e il Regolamento n. 4 dell’Autorità di Vigilanza e Informazione Finanziaria. Questo regolamento fu quello che permise alla Santa Sede di entrare nell’Area SEPA, e potersi così dotare di un IBAN vaticano.

Si tratta, insomma, di tutte riforme già avviate, e che non comportano particolari segni di novità, se non che il sistema messo a punto nel corso degli anni funziona. Si attende ora il rapporto sui progressi di MONEYVAL, che sarà concentrato – come da procedura – sull’effectiveness (efficacia) del sistema giudiziario vaticano, vale a dire su come il Tribunale vaticano è in grado di raccogliere e portare avanti indagini sulla base dei rapporti di transazioni sospette presentate dall’Autorità di Informazione Finanziaria.

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L’attivismo giudiziario recente potrebbe non influire molto sulla valutazione, che si basa sui numeri degli ultimi cinque anni. Una chiave di lettura fondamentale del rapporto sarà guardare il parametro IO.7, quello che riguarda appunto le indagini e i processi anti-riciclaggio. Ci sono quattro livelli: low, moderate, susbstantial, high. Se la Santa Sede avesse valutazione “low” o “moderate”, significherebbe che, al di là dell’impianto giuridico antiriciclaggio, c’è ancora molto da fare nel campo giudiziario.

Mentre sarà da vedere come il comitato valuterà i recenti cambi all’interno dell’Autorità di Informazione Finanziaria: fino ad ora, la nuova autorità – che ha cambiato nome – ha avuto risultati positivi sulla linea già tracciata in passato. Sarà da vedere quale sarà l’impatto della discontinuità. Avrà parlato anche di questo con Papa Francesco il presidente ASIF Barbagallo, quando è stato in udienza lo scorso 27 maggio. Di certo, avrà discusso anche del rapporto annuale dell’autorità, che in genere era già pubblicato per la fine di maggio, e che probabilmente è in attesa della valutazione MONEYVAL.