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Finanze vaticane, una commissione per vigilare sulle “materie riservate"

Prevista dal codice degli appalti promulgata lo scorso 1 giugno, la commissione si occuperà anche di altre questioni finanziarie

Basilica di San Pietro | Veduta della Basilica di San Pietro  | Bohumil Petrik / ACI Group Basilica di San Pietro | Veduta della Basilica di San Pietro | Bohumil Petrik / ACI Group

La legge sugli appalti vaticana promulgata lo scorso 1 giugno prevedeva all'articolo 4 la nomina un “Comitato di Controllo” che vigilasse sui contratti. Lo scorso 29 settembre, Papa Francesco ha dato seguito a quanto previsto dalla legge nominando una “Commissione di Materie Riservate”, espandendo di fatto anche nominalmente i lavori della commissione anche ad altri tipi di transazioni che avvengono all’interno del Vaticano. Presidente della commissione è il Cardinale Kevin J. Farrell, prefetto del Dicastero Laici, Famiglia e Vita ma soprattutto Camerlengo, e dunque deputato alla gestione dei beni della Santa Sede in caso di sede vacante. Segretario è l’arcivescovo Filippo Iannone, presidente del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi.

Membri della commissione sono il vescovo Fernando Vergez Alzaga, segretario del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano; il vescovo Nunzio Galantino, presidente del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA); e padre Juan Antonio Guerrero, prefetto della Segreteria per l’Economia.

Tutti gli enti coinvolti nella commissione sono dunque impegnati nella gestione economica delle finanze della Santa Sede, mentre la presenza del presidente del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi garantisce anche una corretta interpretazione delle norme. La nomina della commissione, estesa alle materie riservate, sembra suggerire che il Papa voglia non si occupi solo di contratti, ma anche di altre transazioni finanziarie considerate “opache” o da controllare all’interno della Santa Sede.

Secondo il codice sugli appalti, il Comitato di Controllo deve vigilare sull’applicazione della normativa ai contratti di lavoro subordinato, al rapporto con i consultori, alle convenzioni per l’acquisizione dei beni, ma anche ai contratti stipulati direttamente dalla Segreteria di Stato e dal governatorato.

Il codice per gli appalti era stato promulgato dalla Santa Sede dopo aver ratificato la Convenzione di Merida, lo strumento multilaterale anticorruzione. Dopo l’adesione alla convenzione nel 2016, c’era stata, nel 2019, la riforma dell’ufficio del Revisore Generale, cui veniva attribuito anche il compito di vigilare su eventuali “irregolarità nella concessione di appalti o nello svolgimento di transazioni o alienazioni; atti di corruzione o frode”.

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Il 18 settembre, sempre nell’ambito del lavoro per aderire ai requisiti del protocollo, Revisore Generale Vaticano e Segreteria per l’Economia avevano firmato un protocollo anti-corruzione.