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I percorsi mariani nell’Europa dell’Est, radici cristiane d’Europa

Basilica di Brezje | La Basilica di Brezje, in Slovenia | bled.sl Basilica di Brezje | La Basilica di Brezje, in Slovenia | bled.sl

Dal santuario di Brezje in Slovenia a Mariazell in Austria. Da Marja Bistrica in Croazia a Csíksomlyó (Sumeleu Ciuc in Romeno) in Romania: la devozione mariana nell’Europa orientale è una geografia particolarissima, fatta di popolo e storia, che nei Paesi dell’Europa Orientale si colora di nuovi significati. Perché essere devoti a Maria, lì, non era solo questione di religione. Era questione di identità, da preservare e mantenere di fronte alla pioggia acida del comunismo che voleva spazzare via ogni fede.

Se ne è parlato lo scorso 15 maggio, al Convegno Internazionale Santuari e Pellegrinaggi nell’Europa Centro Orientale, organizzato dalle Ambasciate presso la Santa Sede di Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

I tre rettori dei santuari di Croazia, Slovenia e Ungheria e accademici delle università della Polonia, della Repubblica Ceca e Slovacchia.

Sono Paesi che hanno forti tratti in comune. Se i Paesi del Baltico furono proclamati “Terra Mariana” da Innocenzo III nel XIII secolo, questi Paesi dell’Europa orientale furono uniti da una devozione comune a Maria allo stesso modo. I santuari divennero luogo di pellegrinaggio sin da tempi antichissimi, e fu lì che si creò il primo nucleo di identità europea.

Sono in migliaia i pellegrini che, da un paio di secoli ormai, si recano al Santuario nazionale di Santa Maria Ausiliatrice di Brezje, per venerare l’immagine della Madonna Soccorritrice soprannominata “Maria aiutaci”, che assunse notorietà dopo i fatti miracolosi del 1863, e che poi divenne parte di una opera francescana.

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Csiksomlyo ha nome ungherese ed è oggetto di pellegrinaggio e devozione mariana da parte di cittadini ungheresi dal 1442, sebbene sia ormai in territorio romeno. Lì c’è una statua della vergine riconosciuta miracolosa, dal vescovo Ignac Batthyany nel 1798, che le diede il nome di “Madre Meravigliosa e Soccorritrice nella protezione contro gli eretici”.

Nel santuario di Santa Maria di Bistrice, in Croazia, dal XVII secolo, c’è una statua miracolosa della Beata Vergine Maria e del Bambino Gesù, e per secoli milioni di pellegrini si sono recati lì a chiedere grazie ed intercessioni.

E non c’è nemmeno bisogno di ricordare la particolare devozione dei polacchi verso la Madonna nera di Czestochowa.

In effetti, tutti questi Paesi sono accomunati dall’opera di Giovanni Paolo II, pellegrino incessante alla ricerca della devozione di Maria, e da caratteristiche storiche che li rendono simili, sebbene differenti. In Croazia e Slovenia, c’era una eredità paleocristiana, Santi Cirillo e Metodio furono gli evangelizzatori di Slovacchia e Repubblica Ceca, Sant’Adalberto evangelizzò Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia.

Eppure, tutti questi Paesi poi si sono accomunati nella devozione a Maria, rafforzata anche dai sovrani della Casa d’Asburgo che ha restaurato o costruito chiese e monasteri.

In più, furono di là della Cortina di Ferro, vittime di un regime ateista che ha fatto perdere buona parte del patrimonio religioso. Ma che ha portato ad una nuova devozione, la devozione dei martiri della fede ed eroi della Chiesa del silenzio. Così, al pellegrinaggio mariano si è unito quello sui luoghi di San Massimiliano Kolbe e del beato Jerzy Popielusko in Polonia, del Beato Pavel Gojdić e alla Beata Zdenka Schelingová (Slovacchia), del Beato János Brenner e del Servo di Dio Card. József Mindszenty (Ungheria), del Beato Alojzije Stepinac (Croazia), del Beato Lojze Grozde (Slovenia), del sacerdote Josef Toufar e del Cardinale Josef Beran (Repubblica Ceca).

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Ci sono percorsi, in europa, dalla Maratona Mariana alla Via Mariana sviluppata in Ungheria, che mette in rete i santuari, includendo anche quello austriaco di Mariazell, un paesino di circa 1500 abitanti che attira 1 milione e mezzo di visitatori l’anno, per la devozione ad una Madonna del XIII secolo detta “Magna Mater Austriae” .

Tibor Navrcsis, commissario europeo sotto la cui supervisione si svolge l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, ha sottolineato che “il cristianesimo è una parte fondamentale del nostro patrimonio culturale”, che “ha influenzato il modo di vivere quotidiano” ed ha contribuito a “costruire il progetto europeo su valori comuni come la carità, il rispetto e la tolleranza”.

In una Europa sempre più secolarizzata, non è un caso che Papa Francesco abbia deciso di trasferire le competenze sui santuari al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, con il motu proprio Sanctuarium in Ecclesia. Perché – ha spiegato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del dicastero, i santuari “fanno anche parte della storia dei rispettivi Paesi, fino a plasmare l’identità di intere generazioni e ad incidere sulla storia di alcune nazioni”.

Si tratta di itinerari culturali, che entreranno probabilmente a far parte anche delle proposte della Santa Sede che di recente ha aderito all’Accordo Parziale sugli Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa.

Ma si tratta soprattutto di luoghi dove si è plasmata una civiltà. Così, con la devozione a Maria, in quella che è stata la Chiesa del silenzio si è sviluppata la trasmissione della fede che resta il più grande esempio di conservazione dell’identità europea in tempi di oppressione.