In un messaggio a firma del cardinale Parolin il Papa saluta gli Isitituti secolari ricordando Paolo VI: “fare unità tra consacrazione e secolarità, tra azione e contemplazione”. Un punto d’incontro, spiega, che aiuti secolarità e consacrazione a stare “insieme” senza “mai” separarsi, pena - sostiene - il vivere “in maniera formalistica” certi impegni senza frutto.

“La secolarità si muove con un ampio respiro, su vasti orizzonti” e questo spinge a chi ne fa parte di accettare da un lato “la complessità, la frammentarietà e la precarietà del nostro tempo” e dall’altro di essere creativi nell’“immaginare nuove soluzioni, inventare risposte inedite e più adeguate alle nuove situazioni che si presentano”, “vivendo – asserisce Francesco – una spiritualità capace di coniugare i criteri che vengono ‘dall'alto’, dalla grazia di Dio, e i criteri che vengano ‘dal basso’, dalla storia umana”, letta e interpretata.

Il Papa esorta gli Istituti secolari a un’intensa “vita di preghiera”, a “essere un focolare acceso” per uomini e donne che cercano una luce e, per il fatto di essere immersi nel mondo, “testimoni del valore della fraternità e dell’amicizia”. Allora, conclude, “la sfida più grande, anche per gli istituti secolari, è quella di essere scuole di santità”. Il vostro modello, termina Francesco, sia sempre Maria, che "conduceva una vita normale, simile a quella di tanti altri, e così colaborava all'opera di Dio".