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Il Papa: “E’ Dio l’artigiano paziente e misericordioso della formazione sacerdotale”

Un'Udienza del Papa in Sala Clementina |  | L'Osservatore Romano, ACI Group Un'Udienza del Papa in Sala Clementina | | L'Osservatore Romano, ACI Group

E’ stato Papa Francesco, questa mattina, a concludere personalmente i lavori del convegno internazionale sulla “Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis”, promosso dalla Congregazione per il clero nel centro congressi Mariapoli a Castel Gandolfo. Il Pontefice ha ricevuto in udienza i partecipanti che, per tre giorni, si sono confrontati proprio sulla Ratio.

Un testo, ha fatto presente il cardinale prefetto Beniamino Stella, pensato e scritto “per la vita reale dei sacerdoti, e per le domande, le difficoltà, le sfide e le speranze del loro ministero”. Avendo come idea di fondo il “discepolato”.

“Il tema della formazione sacerdotale – dice Francesco ai partecipanti - è determinante per la missione della Chiesa: il rinnovamento della fede e il futuro delle vocazioni è possibile solo se abbiamo preti ben formati”. Ma per Francesco “la formazione sacerdotale dipende in primo luogo dall’azione di Dio nella nostra vita e non dalle nostre attività. È un’opera che richiede il coraggio di lasciarsi plasmare dal Signore, perché trasformi il nostro cuore e la nostra vita”.

Per il Pontefice è “Dio l’artigiano paziente e misericordioso della nostra formazione sacerdotale e, come è scritto nella Ratio, questo lavoro dura per tutta la vita”.

“Dobbiamo dirlo con forza- ribadisce il Papa - se uno non si lascia ogni giorno formare dal Signore, diventa un prete spento, che si trascina nel ministero per inerzia, senza entusiasmo per il Vangelo né passione per il Popolo di Dio. Invece, il prete che giorno per giorno si affida alle mani sapienti del Vasaio con la “V” maiuscola, conserva nel tempo l’entusiasmo del cuore”.

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Ma naturalmente non siamo solo argilla, ma anche “aiutanti del Vasaio, collaboratori della sua grazia”. Per il Papa, nella formazione sacerdotale, quella iniziale e quella permanente, possiamo riconoscere almeno tre protagonisti, che si trovano anch’essi nella “bottega del vasaio”.

Il primo siamo noi stessi. “Per essere protagonista della propria formazione – dice Francesco - il seminarista o il prete dovrà dire dei “sì” e dei “no”: più che il rumore delle ambizioni umane, preferirà il silenzio e la preghiera; più che la fiducia nelle proprie opere, saprà abbandonarsi nelle mani del vasaio e alla sua provvidente creatività; più che da schemi precostituiti, si lascerà guidare da una salutare inquietudine del cuore, così da orientare la propria incompiutezza verso la gioia dell’incontro con Dio e con i fratelli”.

Il secondo protagonista sono i formatori e i Vescovi. “La vocazione – aggiunge il Papa nasce, cresce e si sviluppa nella Chiesa. Così, le mani del Signore che modellano questo vaso d’argilla, operano attraverso la cura di coloro che, nella Chiesa, sono chiamati a essere primi formatori della vita sacerdotale: il Rettore, i Direttori Spirituali, gli educatori, coloro che si occupano della formazione permanente del Clero e, sopra tutti, il Vescovo”. “Sulla formazione - continua il Pontefice - dei preti occorre dialogare di più, superare i campanilismi, fare scelte condivise, avviare insieme buoni percorsi formativi e preparare da lontano formatori all’altezza di questo compito così importante”.

Il terzo e ultimo protagonista è il “Popolo di Dio”. “Non dimentichiamolo mai- conclude Papa Francesco - la gente, con il travaglio delle sue situazioni, le sue domande e i suoi bisogni, è un grande “tornio” che plasma l’argilla del nostro sacerdozio. Quando usciamo verso il Popolo di Dio, ci lasciamo plasmare dalle sue attese, toccando le sue ferite, ci accorgiamo che il Signore trasforma la nostra vita. Se al Pastore è affidata una porzione di popolo, è anche vero che al popolo è affidato il sacerdote. E, nonostante le resistenze e le incomprensioni, se camminiamo in mezzo al popolo e ci spendiamo con generosità, ci accorgeremo che esso è capace di gesti sorprendenti di attenzione e di tenerezza verso i suoi preti. È una vera e propria scuola di formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale”.

Francesco conclude con una domanda: “Che prete desidero essere? Un “prete da salotto”, uno tranquillo e sistemato, oppure un discepolo missionario a cui arde il cuore per il Maestro e per il Popolo di Dio? Uno che si adagia nel proprio benessere o un discepolo in cammino? Un tiepido che preferisce il quieto vivere o un profeta che risveglia nel cuore dell’uomo il desiderio di Dio?”

 

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