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India. Muore di Covid, a 84 anni, un sacerdote gesuita in prigione

E' morto in prigione all'età di 84 anni il gesuita indiano Stan Swamy. Una vita accanto ai poveri

P. Stan Swamy S.J., fotografiado en 2010  |  | Khetfield59 - Wikimedia Commons (CC BY-SA 4.0). P. Stan Swamy S.J., fotografiado en 2010 | | Khetfield59 - Wikimedia Commons (CC BY-SA 4.0).

E' morto all'età di 84 anni il gesuita indiano Stan Swamy, incarcerato a ottobre del 2020 e ricoverato a fine maggio in terapia intensiva dopo avere contratto il coronavirus mentre si trovava in prigione. L'accusa era quella di terrorismo, a causa del suo attivismo a favore delle caste inferiori della società indiana. Una vita accanto agli ultimi.

"Il sacerdote, anche lui cittadino indiano, è morto pochi giorni prima dell'udienza programmata per la cauzione presso l'Alta corte di Bombay, che era stata rinviata a causa del peggioramento delle condizioni di salute", riporta l'agenzia CNA di ACI Group.

L'anziano sacerdote, affetto dal morbo di Parkinson, nel fine settimana è stato sottoposto alla ventilazione meccanica presso l'Holy Family Hospital di Mumbai (ex Bombay). Era positivo al Covid19.

In una dichiarazione, padre Jerry Cutinha, Provinciale dei Gesuiti di Jamshedpur, ha onorato il sacerdote per il suo “lavoro tra gli Adivasi, i Dalit e altre comunità emarginate. Voleva che i poveri vivessero con dignità e onore”.

"A nome dei gesuiti di Jamshedpur, esprimo le mie più sentite condoglianze alla famiglia, agli amici, agli avvocati, ai sostenitori e a tutti coloro che hanno sostenuto padre Stan Swamy e pregato per lui durante questo periodo di prova e sofferenza", ha affermato il prete.

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Padre Swamy è stato arrestato l'8 ottobre 2020 dalla National Investigation Agency, la task force antiterrorismo dell'India. Il sacerdote gesuita è stato accusato di incitamento alla violenza nella città di Bhima-Koregaon il 1° gennaio 2018. Quel giorno una persona è stata uccisa e altre sono rimaste ferite.

Padre Swamy ha negato tutte le accuse e ha detto di non essere mai stato a Bhima-Koregaon. Dopo il suo arresto, vescovi cattolici, provinciali gesuiti e leader mondiali hanno chiesto il suo rilascio.

Il cardinale Charles Maung Bo, presidente della Conferenza episcopale del Myanmar e della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, ha paragonato la "prigionia spietata" di padre Swamy al "trattamento inflitto al Mahatma Gandhi quando ha difeso i diritti del popolo indiano".

La sua richiesta di cauzione provvisoria per motivi medici è stata respinta a ottobre, dopo di che ha chiesto al tribunale una cannuccia per bere un sorso d'acqua, perché non poteva reggere un bicchiere a causa del Parkinson. Il tribunale ha finalmente accolto la sua richiesta 50 giorni dopo il suo arresto. Il 29 maggio si è ammalato di Covid, poi è deceduto.

È stato co-fondatore del Comitato di solidarietà per i prigionieri perseguitati, un'organizzazione che aiuta i detenuti in carcere senza essere stati condannati per un crimine perché sono ancora sotto processo. Si stima che il 70% della popolazione carceraria indiana rientri in questa categoria.