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Iraq, il martirio di padre Ragheed che potrebbe portarlo alla gloria degli altari

Padre Ragheed Ganni  | Una immagine di padre Ragheed Ganni, ucciso a Mosul con tre diaconi nella Pentecoste del 2007  | YouTube Padre Ragheed Ganni | Una immagine di padre Ragheed Ganni, ucciso a Mosul con tre diaconi nella Pentecoste del 2007 | YouTube

Per il sacerdote che non poteva chiudere la casa di Dio si aprono le porte della gloria degli altari. La Congregazione per le Cause dei Santi ha concesso il “nihil obstat” per iniziare il processo di canonizzazione per martirio di Ragheed Ganni, il sacerdote cattolico ucciso in Iraq insieme ad altri tre diaconi il il 3 giugno 2007.

I tre diaconi erano Basman Yousef Daud, Wahid Hanna Isho e Gassan Isam Bidawid, e furono uccisi insieme al giovane sacerdote iracheno da un commando di uomini armati a Mosul, vicino la Chiesa dedicata allo Spirito Santo.

Il nihil obstat ad aprire la causa di canonizzazione per martirio è arrivato con una lettera dell’1 marzo, firmato dal Cardinale Angelo Amato e dall’arcivescovo Marcello Bartolucci, Prefetto e Segretario della Congregazione per le Cause dei Santi.

La richiesta di aprire il processo di canonizzazione per martirio è stata avanzata nel novembre 2017 da Francis Yohana Kalabat, vescovo dell’eparchia caldea di San Tommaso Apostolo a Detroit: è lì che è stata passata la competenza della Causa di Canonizzazione dall’arieparchia caldea di Mosul, per via delle condizioni difficili in cui si trova l’arcieparchia caldea dopo anni di occupazione jihadista, che rende difficile fare tutte le procedure per la canonizzazione, inclusa la raccolta delle testimonianze.

La lettera della Congregazione per le Cause dei Santi conferma che non ci sono ostacoli a iniziare il processo di canonizzazione per martirio. Il processo potrebbe portare a dichiarare padre Ganni e i tre diaconi ad essere beatificati “pro martirio in odium fidei”.

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Si tratterà di attestare e verificare se padre Ganni e compagni sono stati uccisi a causa della loro fede.

La storia di padre Ragheed è stata raccontata in un libro da padre Rebwar Basaun sacerdote caldeo della diocesi di Mosul che da anni vive in Italia, intitolato “Un sacerdote cattolico nello Stato Islamico”, è edito da Aiuto alla Chiesa che Soffre. 

Nel 2007 ancora non si parlava di ISIS, ma era già in atto il piano per estirpare il cristianesimo dall’antica Mesopotamia: già dai dai momenti successivi alla destituzione di Saddham Hussein erano cominciati una serie di attentati e attacchi alle chiese e alle case dei cristiani.

Nato al termine di una lunga ricerca per la difficoltà a reperire testimonianze, questo libro sarà certamente un punto di partenza per istruire la causa di canonizzazione. Ne viene fuori il ritratto di un martire nella sua normale vita spirituale. 

Il martirio di padre Ragheed è il culmine di un decennio nel quale sempre più spesso si è parlato di “un esodo nascosto” dei cristiani, descritto in maniera profetica dell’esortaziona post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente pubblicata nel 2010. Lo Stato Islamico è arrivato già al culmine di questo processo.

Come sono stati gli ultimi momenti di vita di padre Ragheed? La moglie di uno dei suddiaconi uccisi con lui era l’unica testimone diretta. Lei ha raccontato di essere stata separata dagli altri. Quindi, il commando ha chiesto al sacerdote e ai tre diaconi di girarsi di fare alzare loro le mani. E padre Ragheed ha fatto cenno alla donna di andare via, per non essere uccisa. Mentre si voltava, è stato falciato dalle raffiche di mitra, che lo hanno colpito al volto.

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