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Iraq: la Clinica Santa Elisabetta a Ozar e l'"esercito slovacco" della carità

La Dra. Zuzana Dudova (centro) dirige la sua equipe all'entrata della Clinica | La Dra. Zuzana Dudova (centro) dirige la sua equipe all'entrata della Clinica
 | ACI Prensa La Dra. Zuzana Dudova (centro) dirige la sua equipe all'entrata della Clinica | La Dra. Zuzana Dudova (centro) dirige la sua equipe all'entrata della Clinica | ACI Prensa

Sembra una casa come le altre nella città di Ozar, alla periferia della città irachena di Erbil. Ma in effetti è diversa dalle altre. E' la Clinica Santa Elisabetta guidata dalla dottoressa  Zuzana Dudová  e dal suo piccolo contingente di volontari cattolici slovacchi che servono i rifugiati cristiani cacciati dallo " Stato Islamico "

Dudová, è una giovane dottoressa della Università di Santa Elisabetta in Slovacchia,  ed è arrivata ad Ozar con Przemyslaw Ulman e Sonia Revicka per organizzare una clinica dove accogliere le marea di rifugiati cristiani che si sono istallati in questa periferia appena costruita.

L' Università di Santa Elisabetta è a Bratislava, capitale della Repubblica Slovacca e si è dedicata alla medicina e al servizio sociale con scopi missionari. Il fondatore dell' Università, Vladimir Kramer, è stato un importante militante della  "Chiesa Clandestina"  durante il regime comunista. Dopo la caduta del regime Kramer ha fondato l' Università con lo scopo di dare impulso al servizio caritativo nel mondo.

“Organizzazioni cattoliche come Aiuto alla Chiesa che Soffre, e i Cavalieri di Colombo hanno reso possibile che centinaia di famiglie si siano istallate nelle nuove case. Ma il numero è tanto alto che il costo dell'affitto permette solo che tre o quattro famiglie per casa possano trovar posto." Ha spiegato Dudová a ACI Prensa.

A differenza di altri luoghi in Africa o nel Sud Est Asiático dove la Università di santa Elisabetta ha fondato altre missioni mediche e di aiuto sociale, a Ozar “il costo della vita è alto e questo rende le operazioni di aiuto e di assistenza per i cristiani più difficile" spiega la dottoressa.

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Senza dubbio la piccola università slovacca, dice Dudová “ Non ha mai detto di no ad un progetto di aiuto e così lo facciamo anche con i cristiani sfollati nei dintorni di Erbil”.

La clinica, che include una sala di accoglienza, una sala di attesa e una farmacia e due ambulatori, ha 20 persone che lavorano ogni giorno. “Cerchiamo di fare il meglio possibile con i nostri mezzi limitati e mandiamo all'ospedale di Erbil i casi che richiedono un' assistenza specializzata" spiega la Dudová.

Nonostante che sia a pochi chilometri dalla centro di Erbil dove ci sono importanti ospedali, "la mancanza di trasporti pubblici è una delle ragioni per cui una assistenza medica locale è molto necessaria" spiega dottoressa slovacca. In effetti durante la visita di ACI Prensa alla clinica decine di persone sono arrivate in pronto soccorso per ferite, infezioni o per le medicazioni successive."

Nel caso di una bimba rifugiata che rischia di rimanere paralizzata, Dudová e i suoi colleghi spiegano la loro frustrazione. “ Dovrebbe avere cure regolari a Erbil e i suoi genitori lo sanno, ma non sempre possono pagare il costo del taxi andata e ritorno” spiega ad  ACI Prensa la dottoressa Sandra Revicka. Erbil, nonostante la sua grandezza non ha un sistema regolare di trasporti pubblici e pochissime famiglie di rifugiati sono riuscite a scappare con una auto personale. “ Noi distribuiamo le medicine, assicuriamo la assistenza in ospedale e facciamo tutto il possibile, però i rifugiati devono affrontare ogni tipo di difficoltà, dalle barriere linguistiche fino alla burocrazia" spiega  Dudová, che ogni giorno deve negoziare con i guidatori di taxi nel suo viaggio di andata e ritorno da casa sua a Ankawa.

“ Se viaggi di giorno, racconta con un sorriso, fai il prezzo e lasci passare una taxi dopo l'altro fino a che non lo ottieni, ma di notte è più difficile trattare".

Nonostante le difficoltà  Dudová e il uso piccolo "esercito slovacco" della carità pensano di proseguire a lavorare con i cristiani sfollati. “ Tornerò in Slovacchia all'inizio dell' estate, ma in agosto tornerò  per continuare a lavorare nella clínica,”. “ Sappiamo che la situazione internazionale non lascia molte possibilità ai rifugiati cristiani. Gli uomini cercano di trovare lavoro per poter trovare un alloggio monofamiliare, ma le opportunità sono poche e la mancanza di sicurezza rende impossibile un rientro a breve termine, per questo dobbiamo continuare a restare e speriamo che i cristiani di tutto il mondo non dimentichino i loro fratelli in Iraq" aggiunge.

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Al suo ritorno dalla Slovacchia l' "esercito slovacco" dichiarerà patrona della clinica di Ozar la beata Szenka Schelling, una religiosa slovacca assassinata durante il periodo comunista perché diffondeva la fede cattolica.