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L' Anno di Giovanni Paolo II, i giovani e le GMG, un amore a prima vista

Perché nascono le GMG e che ruolo hanno i giovani nella grande visione del Papa polacco

Giovanni Paolo II alla GMG di Toronto dal 23 al 28 luglio 2002, l'ultima alla quale ha partecipato |  | @Giancarlo Giuliani/ CPP Giovanni Paolo II alla GMG di Toronto dal 23 al 28 luglio 2002, l'ultima alla quale ha partecipato | | @Giancarlo Giuliani/ CPP

“Penso che i giovani rappresentano un certo barometro dei desideri, e di quello cui anela la umanità di oggi. Si parla molto della liberazione, della necessità di una liberazione, però mi sembra che i giovani hanno una coscienza che deve essere libera da diversi condizionamenti ideologici, dottrinali, politici, materialistici, edonistici, consumistici, e vedono sempre più una risposta trascendentale, però anche concreta sperimentale. E quella risposta è nel Vangelo”.

Giovanni Paolo II lo ricordava al giornalista del Il Clarin di ritorno dal suo viaggio in Argentina nel 1987 dove si era svolta la prima Giornata Mondiale della Gioventù.

Una storia quella delle GMG che nasce proprio grazie ad un cardinale argentino, Edoardo Pironio Servo di Dio. Era arrivato a Roma nel 1975, chiamato da Paolo VI come prefetto della Congregazione dei Religiosi. Accoglie con trepidazione l'incarico, che lo porta a seguire il rinnovamento postconciliare della vita religiosa. Giovanni Paolo II lo nomina anche Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, negli anni in cui cominciano le Giornate Mondiali della Gioventù.

Il racconto di come le GMG sono nate lo fa proprio il Papa nel 1995 in un incontro con i giovani  nel 1995 in Aula Paolo VI, la storia delle Giornate Mondiali della Gioventù.

“Allora ho pensato: io come sono arrivato, come siamo arrivati a queste Giornate Mondiali della Gioventù? ‘84, un altro grande amico, Nazioni Unite, hanno organizzato un Anno della Gioventù. Loro hanno organizzato, hanno annunciato; noi abbiamo fatto! (Applausi) Non è la prima volta, non è la ultima. C’era anche l’anno della vita; hanno annunciato, hanno organizzato, hanno cercato di fare qualche cosa; ma noi abbiamo fatto, finalmente! (Applausi) E alla fine è uscita anche un’enciclica, che incomincia con le parole Evangelium vitae (applausi) Ecco! Allora dice il canto polacco: bisogna attraversare il mondo, bisogna attraversare il mondo. Era un sogno: come arrivare a questo mondo, se è tutto chiuso, ci sono i comunisti, c’è la cortina di ferro, tutto quello. Invece il Signore ci ha portato, con la sua madre ci ha portato: venga qui a Roma, venga qui a Roma, e poi da Roma nel mondo, no? Attraversare il mondo! Ha attraversato il mondo cominciando dalle Filippine -- non dalle Filippine, scusi! Da Messico! Mexico! Mexico, Guadalupe, ma Mexico una volta era metropolitana delle Filippine. E appunto, e così con questi viaggi, con queste visite attraverso il mondo, ho capito che se si vuole essere un papa direi moderno, aggiornato (risate e applausi) non si può non viaggiare, vuol dire non camminare, non camminare. Il modo contemporaneo del camminare è viaggiare, con l’aereo – malheureusement! Peccato, ma è così. Allora, si è cominciato a camminare insieme ai giovani. Loro sono grandi camminatori. Anche io ero camminatore essendo giovane, adesso meno. Ma non del tutto ho rinunciato, perché qualche volta sotto la guida del mio Don Stanislao andiamo a fare qualche passeggiata, qualche escursione nelle montagne come due giorni fa, e poi lo scrivono nella stampa (applausi)”.

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Dieci anni prima parlando ai giovani in una parrocchia romana San Gregorio Barbarigo il Papa spiegava:

“Gioventù, possiamo dire, è una esplosione dell’umano, delle potenzialità umane. E allora bisogna sapere bene come affrontare quella esplosione, esplosione multiforme, diversi aspetti, intellettuali, affettivi, ideologici, religiosi, spirituali, naturalmente corporali. Allora, come dominare tutto questo? Come fare di quella esplosione una persona, o piuttosto personalità, nel senso pieno della parola, persona nel senso pienamente umano e cristiano insieme? E questo io vi auguro. Ci troviamo alla fine dell’anno 1985. Abbiamo incominciato questo anno con la parola giovani e pace vanno insieme, questa era la parola chiave del messaggio per il 1 gennaio. Poi è venuta una lettera per la Domenica delle Palme in cui, riassumendo il contenuto, in cui si dice giovani e Cristo vanno insieme. Ma soprattutto Cristo e giovani vanno insieme. Allora ci vuole una metodologia di essere giovane per camminare insieme con Cristo, come anche ci vuole una metodologia per essere giovane per camminare insieme con la pace”.

E tutto parte dalla sua esperienza da giovane, come racconta con un po’ di ironia lui stesso.

“E mi ricordo quando ero ancora in Polonia, con i giovani mi incontravo molto con i gruppi cosiddetti “oasi”, “oasi della gioventù”, “dei giovani”. E loro hanno cantato più o meno così: (parole in polacco) voi capite tutti, no? Vedi, se uno diceva: ecco, viene il papa polacco per polonizzare la curia e Roma, vedete i frutti!”

Ma la riflessione sul ruolo dei giovani nella Chiesa ha un respiro più ampio. Si comprende quando a tavola con i vescovi della Filippine nella visita del 1995 offre una riflessione sulla “ plantatio Ecclesiae”,  le Filippine celebrano i 400 anni di evangelizzazione nel 1995 e il Papa coglie l’occasione per spiegare che la comunione ecclesiale non è limitata dal tempo come non lo è dallo spazio. E che molto dipende dai giovani:

“ Ieri ho incontrato i giovani e ho potuto vedere cosa è la plantatio Ecclesiae in tutto il mondo, la plantatio Ecclesiae nel senso sincronico: erano la stessa generazione, i giovani tutti i giovani. E i giovani, il popolo asiatico, sono arrivati nelle Filippine a Manila per celebrare la loro fede, la loro plantatio Ecclesiae. Sono una Chiesa “piantata” e stanno “piantando la Chiesa” nella stessa generazione”.

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