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La notte oscura dello spirito. III Domenica di Avvento

Il commento al Vangelo domenicale di S. E. Mons. Francesco Cavina

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Il Messia, il Salvatore che Giovanni aveva annunciato e indicato presente alle folle, agisce e parla in maniera diversa da quanto lui si attendeva e credeva. Egli si era costruita l’idea che l’inviato da Dio dovesse presentarsi con le caratteristiche del vincitore e del trionfatore. Invece, Gesù smentisce le sue aspettative e si presenta come il Messia dei poveri, dei malati, dei peccatori e degli esclusi. Giovanni entra in crisi. Entra in quella situazione che i maestri di vita spirituale chiamano “la notte oscura dello spirito”. Possiamo chiamare “notte oscura” le sofferenze  fisiche, morali o spirituali, la solitudine, la mancanza del senso della vita, la dolorosa esperienza del peccato, l’apparente assenza di Dio, la lacerante percezione che la scelta di seguire Cristo sia stata la scelta sbagliata della vita … E’ consolante sapere che il Precursore è uno di noi, che ha conosciuto nel suo cammino le stesse fatiche e gli stessi dubbi che abbiamo anche noi a credere.

Perseverare in un cammino di vita cristiana dentro “la notte” è faticoso per questo tanti, anziché perseverare, preferiscono tornare a percorrere altre strade, più facili e apparentemente più gratificanti, quali lo stordimento nel piacere. Ma operando questa scelta l’anima perde una grande occasione di grazia che l’avrebbe enormemente arricchita. Infatti, perseverando nella fede la nostra anima viene purificata dai desideri disordinati e dai pensieri che distolgono da Dio; inoltre, una volta superata la prova il cuore, ci dice chi ha vissuto l’esperienza della “notte oscura”, viene infiammato d’amore per Dio e i fratelli.

La fede di Giovanni Battista, dunque, patisce delusioni, ma non si arrende; conosce il dubbio, ma si fa cercatore di verità; sperimenta la solitudine, ma si pone in ascolto e così apre il suo presente alla novità di Dio. Gesù gli risponde non con argomentazioni teoriche, ma offrendo dei segni: i ciechi vedono, i paralitici camminano, i sordi odono e i morti tornano in vita. Da questi segni Giovanni può capire che Gesù è il Messia atteso, venuto nel mondo per annunciare il grande amore di Dio per tutti gli uomini. E non deve aspettarne un altro.

Oltre ai segni, Cristo offre una parola: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”. Cioè beato chi non si scandalizza di un Dio troppo vicino, povero, quasi dimesso, quando noi preferiremmo che rendesse più palese la sua esistenza, mostrasse la sua signoria e onnipotenza, intervenisse per sconfiggere la sofferenza e l’ingiustizia. Gesù, invece, per donare all’uomo la pienezza dell’umano segue la via della povertà e  della umiliazione. Egli, piuttosto che imporre se stesso, preferisce essere ignorato. Desidera dei figli non dei robot. “Dio - afferma il teologo Bonhoeffer - non realizza sempre le nostre attese, ma compie sempre le sue promesse”. Il cristiano, in altre parole, anche quando le sue idee, le sue aspettative, le sue aspirazioni non si realizzano, crede che  nella storia è presente una buona notizia: Gesù è morto per noi ed è risorto, e continua a camminare con noi, sempre.

E’ quanto ha vissuto Giovanni il Battista. Si è fidato del Signore ed è diventato l’ emblema della giustizia, della rettitudine, dell’uomo “quercia” e “non canna”. Un Maestro di vita che ha incarnato il Vangelo in comportamenti coerenti.

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