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La suprema manifestazione dell'amore di Gesù. Corpus Domini

Il commento al Vangelo domenicale di S.E. Monsignor Francesco Cavina

Il Santissimo Sacramento |  | Daniel Ibáñez/CNA Il Santissimo Sacramento | | Daniel Ibáñez/CNA

La Chiesa celebra oggi la Solennità del Corpo e Sangue del Signore. Questa festa, che ha una connotazione tipicamente cattolica, è nata con l’intento di rendere al Signore Gesù un culto pubblico ed esteriore. Culto caratterizzato soprattutto dalla processione col Santissimo Sacramento per le vie delle città e dei paesi dove viene celebrato. Si tratta di un atto solenne, col quale la Chiesa proclama che il Signore Gesù è presente nelle specie Eucaristiche ed invita tutti all’adorazione, alla gratitudine e alla sequela. La Chiesa in questo modo non si rivolge soltanto ai credenti. Essa intende raggiungere anche i lontani, e mostrare a tutti il tesoro più prezioso che possiede, cioè Gesù Cristo vero Dio e vero uomo presente “nel pane di vita”, che esce dai luoghi dove abitualmente viene celebrato, per incontrare l’uomo nel suo habitat naturale.

La processione permette di rivivere la medesima esperienza delle persone che, piene di entusiasmo, seguivano il Signore nei giorni della sua esistenza terrena. In tal modo la Chiesa intende testimoniare che Cristo, seppure in maniera misteriosa, continua a percorrere le nostre strade, dove scorre la vita degli uomini, e quale divino mendicante invita tutti ad aprirgli il cuore. Chi lo accetta ha il privilegio di entrare in comunione con Lui, gioisce della sua amicizia e del suo sostegno. Noi gli offriamo la povertà della nostra condizione umana, e Lui riempie il nostro cuore del Suo amore smisurato, consentendoci inoltre di compiere con Lui il passaggio da questo mondo al Padre. L’Eucaristia, infatti, è “il pegno della gloria futura” (Rito della comunione ai malati).

La solennità del “Corpus Domini” nasce nelle Fiandre, nel XII secolo, per iniziativa di alcune donne e sarà estesa presto a tutta la Chiesa, in forza anche di un miracolo eucaristico avvenuto in quegli anni. Tra queste donne, fervorose e innamorate dell’Eucaristia, meritano un ricordo particolare le Beate Ida di Lovanio e Giuliana di Liegi. A quest’ultima Cristo, durante un’apparizione, chiese di farsi promotrice di una festa che ricordasse, in maniera particolarmente solenne, l’istituzione del Sacramento dell’Eucarestia. Solennità che non è possibile esprimere il Giovedì Santo perché è il giorno in cui Cristo anticipò sacramentalmente il sacrificio della croce, avvenuto il giorno seguente.

Il miracolo eucaristico, invece, ebbe come protagonista un sacerdote della Boemia. Questi, nel 1263, mentre si recava in pellegrinaggio a Roma, si fermò a celebrare la santa Messa a Bolsena. Dopo la consacrazione fu assalito dal dubbio circa la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia. Prima della comunione, al momento della frazione del pane, uscì dal pane eucaristico del sangue umano che macchiò il corporale e alcune pietre dell’altare. Il Papa Urbano IV, già arcidiacono di Liegi, venuto a conoscenza del miracolo, con la Bolla “Transiturus” (11 agosto 1264), istituì la festa del “Corpus Domini”, che ancora oggi si celebra nella Chiesa. San Tommaso d’Aquino fu incaricato di comporre i magnifici testi della liturgia e nello stesso tempo fu iniziata la costruzione dello straordinario Duomo di Orvieto per accogliere il corporale macchiato dal sangue scaturito dall’ostia consacrata, mentre le pietre sono custodite in preziose teche presso la basilica di Santa Cristina a Bolsena.

La festa del “Corpus Domini” è intimamente legata al Giovedì Santo, dove il Signore, nell’Ultima Cena, circondato dai suoi apostoli, anticipa con l’istituzione dell’Eucarestia, la sua passione e morte in croce. Offre ai suoi amici, nel segno del pane e del vino, il suo Corpo ed il suo Sangue, cioè sé stesso, realizzando, così, la promessa che aveva fatto: “Io sarò con voi fino alla fine dei tempi” (Mt 28,28). Cristo si separerà dai suoi amici per salire al cielo, eppure rimane presente con loro in questo sacramento, che da ora in poi diventerà la nuova modalità mediante la quale si renderà contemporaneo ad ogni persona che lo cerca con amore. La Chiesa, dunque, nel suo pellegrinaggio terreno, possiede un segreto. Ha un tesoro nascosto. Un mistero, quasi “un cuore interiore” che è Cristo stesso, suo Fondatore, Maestro e Redentore. Lo possiede non solo come ricordo psicologico o emotivo. Ma come memoria, cioè una presenza viva. In virtù dell’azione trasformante dello Spirito il pane ed il vino, nella Messa, per le parole del Signore, diventano “veramente, realmente e sostanzialmente” il Corpo ed il Sangue del Signore, presente sotto umili segni; come dice poeticamente San Tommaso d’Aquino: “sotto i veli che il grano compose”.

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Pertanto, ogni volta che il sacerdote, durante la Messa, ripete le parole di Gesù: “Prendete, questo è il mio corpo” e “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti” accade un miracolo sotto i nostri occhi: un intervento di Dio nella storia, la presenza di Gesù. Si tratta di un miracolo che, pur non appariscente, è tuttavia reale, e nelle persone che lo riconoscono e lo accolgono, produce mirabili effetti: una umanità nuova, secondo il Cuore di Cristo. E così, il pane ed il vino sull’altare sono segni eloquenti e seducenti anche per chi non crede. Nella vita della Chiesa, dunque, ci sono miracoli nei quali traspare con chiarezza la presenza di Dio e la Sua gloria, pensiamo ai miracoli compiuti da Gesù, dai santi o a quelli che accadono nei santuari mariani, come Lourdes o Fatima, per citare i più famosi. Ma ci sono anche prodigi che avvengono senza clamore, senza manifestazioni evidenti, quali ad esempio il dono della grazia, il perdono dei peccati, la nostra nascita a figli di Dio che sfuggono a qualsiasi percezione esterna, ma che comunque sono eventi che segnano la nostra esistenza.

L’Eucarestia costituisce davvero, come afferma Pietro Giuliano Eymard “la suprema manifestazione dell’amore di Gesù: dopo di essa non c’è più che il cielo”.