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L'ecumenismo dopo il Papa a Ginevra. "Il cammino teologico non è messo da parte"

Padre Laurence Iwaumadi | Padre Iwaumadi, decano dell'Istituto Ecumenico di Bossey, nella sala conferenze dell'Istituto  | AG / ACI Group Padre Laurence Iwaumadi | Padre Iwaumadi, decano dell'Istituto Ecumenico di Bossey, nella sala conferenze dell'Istituto | AG / ACI Group

Se c’è una cosa di cui padre Laurence Iwuamadi è sicuro, è che il dialogo teologico in campo ecumenico non è terminato. E questo nonostante documenti nuovi non ce ne siano stati, e gli ultimi sviluppi teologici nel dialogo non abbiano avuto sostanziali passi avanti. Ma lui, primo decano cattolico dell’Istituto Ecumenico di Bossey, sottolinea che è solo questione di tempo.

D’altronde, padre Iwuamadi non può non credere che le cose siano cambiate. Arrivato a Bossey su incarico del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, insegnante di Ermeneutica Biblica, è decano nonostante la Chiesa Cattolica sia solo un osservatore presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese. E lui, raggiante, con in mano la medaglia vaticana sulla fondazione di Bossey che gli ha regalato Papa Francesco, vede già nella visita del Papa un passo avanti nel cammino dell’unità.

 

Come è andato il pranzo con Papa Francesco?

È stato un momento molto interessante, con tutta la leadership del Consiglio Ecumenico delle Chiese presente. Il Papa, con il suo modo che conosciamo, ha parlato al cuore delle persone incoraggiando il lavoro che è stato fatto. Ancora più importante, ha incoraggiato ad andare avanti nel modo di camminare insieme, trovare modi in cui i cristiani possono dare testimonianza comune su temi concreti che stanno avvenendo nel mondo. Oggi abbiamo situazioni difficili con i migranti e i rifugiati e molte altre aree. Il Papa crede che i cristiani possono portare testimonianza insieme concretamente in tutte queste aree, e così realizzare tra le linee in cui ci sono differenze e affrontare questi problemi.

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Il Papa le ha fatto un regalo speciale al termine del pranzo…

Ho avuto un regalo speciale dal Papa, una medaglia delineata esplicitamente per questo luogo. E la medaglia ricorda il pellegrinaggio ecumenico di Papa Francesco, che ricorda la fondazione del Santuario di Bossey, che è questo posto qui. È interessante per me che per la medaglia del viaggio non si sia scelta una medaglia che ricorda l’edificio del Consiglio Ecumenico delle Chiese di Ginevra, ma si è scelto Bossey.

Lei è il primo decano cattolico di questo istituto ecumenico. Cosa significa per lei aver preso questo posto? E quali le sfide?

Dobbiamo guardare alle sfide dal punto di vista che la Chiesa Cattolica non è un membro del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ma partecipa e collabora con il Consiglio Ecumenico delle Chiese. È un po’ strano che un prete cattolico sia il decano di un Istituto Ecumenico di proprietà del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Questo è ciò che rende unica la mia posizione.

Quanto è difficile?

È piuttosto difficile, perché lavoro con un 95 per cento di persone che non sono cattoliche, che vengono dalle tradizioni della Riforma come i Protestanti, o gli Ortodossi, che vengono da tradizioni orientali. È molto interessante. Ho raccontato al Papa una storia: abbiamo studenti che vengono da circa 25 nazioni nel mondo, da differenti tradizioni cristiani, e per alcuni studenti il primo contatto con il cattolicesimo arriva all’Istituto Ecumenico. Alcuni di loro non hanno avuto bellissime esperienze, hanno avuto difficoltà nell’entrare in contatto con me. D’altro canto, alla fine del giorno, tutti loro lasciano l’Istituto come amici.

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Cosa ha detto il Papa ascoltando la storia degli studenti?

Il Papa si è molto eccitato ad ascoltare come gli studenti si incontravano qui, delle difficoltà che hanno, di come vivono insieme, pregano insieme, e anche di come questa esperienza cambi, in fondo, la vita degli studenti. Non perdono l’identità, ma vivono questo posto in intimo rispetto dell’altra persona.

E ha cambiato anche la sua vita questa esperienza?

Ha cambiato la mia vita nel senso che ho dovuto riscoprire la mia identità cattolica. Essendo l’unico cattolico qui, ho dovuto insegnare il punto di vista cattolica in praticamente ogni questione. Quindi qualunque sia la discussione, devi dare il punto di vista del cattolicesimo, e questo mi impegna a leggere di più, a studiare di più. Dall’altro punto di vista, mi ha permesso di vedere punti di vista che non avrei immaginato, e che ho potuto non condividere, ma sempre vedendoci una logica interna. Questa è la prospettiva che sta interessando molto me e i miei studenti.

Ma quali sono stati gli sviluppi teologici dell’ecumenismo. Sembra tutto fermo, per il dialogo dei protestanti al documento di Lima e quello sulla giustificazione, mentre nel dialogo con gli ortodossi si sembra essere fermi al documento di Ravenna, con pochi sviluppi. Perché ci si è fermati così tanto?

Credo che il dialogo teologico sta ancora andando avanti. Alcuni dicono che la marcia è molto lenta, ma è così la marcia verso l’unità dei cristiani. Si dice che i cristiani siano uniti fin quando non apri la Bibbia, ma quando apri la Bibbia le divisioni vengono fuori. Ma c’è una convergenza di documenti che sono stati prodotti, sul significato della Chiesa per esempio, e c’è una commissione che sta lavorando su temi molto solidi, anche temi etici e morali. Credo che qualcosa sia in corso, ma – come lei comprenderà – le questioni teologiche sono più difficili da dipanare. Camminiamo insieme, affrontiamo situazioni insieme, ma non dobbiamo scappare perché è difficile il dialogo teologico. Lo dobbiamo portare avanti.