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Letture, andare per eremi francescani

I romitaggi, le grotte, le capanne, le semplici e rudimentali cappellette nascoste tra alberi e ruscelli indicano la volontà dell’essere in cammino, di abbracciare totalmente la precarietà dell’esistenza quotidiana e la povertà radicale.

L'eremo a Cortona |  | VG / ACI Stampa L'eremo a Cortona | | VG / ACI Stampa

Nel 1912 la già nota scrittrice Edith Wharton, americana, decide di fare un viaggio in Italia, insieme al marito. E una tappa a cui non vuole assolutamente rinunciare è quella dell’eremo francescano della Verna. Arrivano nel cuore della notte in macchina, risalendo faticosamente una strada tortuosa, in messo alla pioggia torrenziale.

Le ruote della macchina si impantano nel fango, girano a vuoto e non c’è modo di andare avanti né di tornare indietro. Che fare? Trascorrere tutta la notte al buio, al freddo e nel fango? Finalmente arrivano dei contadini, con un carro portano via la scrittrice, il marito, l’autista e i bagagli e li depositano al portone dell’eremo, dove ci vogliono un bel po’ di scampanellate per svegliare i monaci addorrmentati – ormai è
quasi mezzanotte – e che li accolgono con molta sollecitudine e cordialità, rifoncillandoli, riscaldandoli e offrendo loro "una minestra calda condita con olio d’oliva, acciughe e formaggio". E naturalmente un posto per dormire. Le cose sono certamente cambiate da quel tempo ma si può dire che ancora oggi gli originari romitaggio cercati e costruiti da san Francesco e dai suoi primi compagni si trovano nel cuore di una natura silvestre e solitaria, rimasta fortunosamente intatta.

E offrono la possibilità di compiere una sorta di
pellegrinaggio lungo la catena appenninica tosco-umbro-laziale. Questo suggerisce un agile e interessante volume appena pubblicato, dalle edizioni Il Mulino, nella ormai collaudata e fortunata collana "Andare per" in questo caso andare per Eremi francescani, gli autori sono Attilio Brilli e Simonetta Neri.

Il percorso tracciato è quello che prende il via dal monte della Verna, fino agli eremi posti nell'alta valle del Tevere e della Valdichiana: Montecasale presso Sansepolcro e Le Celle di Cortona. Si prosegue quindi in direzione di Assisi, per visitare, oltre la Porziuncola, il complesso di San Damiano e l'eremo delle Carceri sul
monte Subasio. Il percorso muove poi verso il cuore dell'Umbria con soste nell'eremo di Monteluco di Spoleto e in quello di Sant'Urbano o Speco di Narni. L’ultima tappa è quella che comprende i quattro eremi
della Valle Santa di Rieti, da Greccio dove Francesco mise in scena il Presepe, a Fonte Colombo, a La Foresta e a Poggio Bustone.

La Valle Santa, vorremmo aggiungere, rappresenta davvero un’immersione nel sacro richiamato da una natura appunto ancora intatta, paesaggi non troppo diversi da quelli attraversati nel
Duecento da Francesco. Un angolo in cui riscoprire il valore della preghiera e del silenzio, in cui si può vivere in un piano atemporale, in cui passato e presente si intersecano continuamente.

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Il libro in questione è ricco di notizie e di aneddoti legati a questo territorio, come quello brevemente descritto di cui si è resa protagonista la grande scrittore Edith Wharton. Ma da queste pagine sono molti i personaggi che emergono con vividezza, a parte, ovviamente, le figure di Francesco e dei francescani. Pellegrini,
studiosi, artisti, scrittori, intellettuali, credenti e non, ugualmente travolti, potremmo dire, dal fascino del francescanesimo e dei suoi luoghi d’origine. Come il calvinista Paul Sabatier che poi scriverà un’importante biografia di Francesco, che decide di andare ad Assisi per il suo viaggio di nozze, nel 1889. O il poeta danese Johannes Joergensen, che si converte al cattolicesimo, dopo alcuni soggiorni in Italia, a Siena e ad Assisi, dove si dedica in particolare allo studio delle figure di santa Caterina e di san Francesco. Descrive
poi, agli inizi del Novecento, il suo pellegrinaggio nei luoghi francescani in un libro che avrà molta fortuna, “Il libro del pellegrino”, del 1918. Secondo la sua stessa descrizione il libro può considerarsi uno "di quei cippi stradali che si ergono lontano dalle vie maestre e che indicano la strada verso luoghi da tempo dimenticati".

Molti altri si sono messi in cammino, sia fisicamente sia spiritualmente, e non è praticamente mai successo che questo viaggio non ha lasciato traccia profonda. Il libro di Brilli e Neri li cita e invita ad approfondire
questo aspetto forse poco conosciuto. Così come viene sottolineato il significato storico dei luoghi “esplorati”, storico nell’ottica del francescanesimo, ossia la duplicità del messaggio elaborato da Francesco. I romitaggi, le grotte, le capanne, le semplici e rudimentali cappellette nascoste tra alberi e ruscelli indicano la
volontà dell’essere in cammino, di abbracciare totalmente la precarietà dell’esistenza quotidiana e la povertà radicale. Essere in mezzo agli uomini, vivere con loro e portare insieme a loro, soprattutto quelli più miseri e fragili, il fardello dell’esistenza, in balia delle violenze, delle ingiustizie e del dolore, ma nella convinzione radicale che non sono queste le ultime parole sulla vita, l’ultima parola è di Cristo. Non è la morte, è la risurrezione. Ma anche essere anche abbandonati nella contemplazione e nella relazione con il Mistero, nella solitudine di questi romitaggi, in cui umano e divino si incontrano. Ancora, sempre, per chi lo sceglie, e persino per chi non volendo si trova lungo queste strade.

Attilio Brilli, Simonetta Neri, Andare per eremi francescani, editrice Il Mulino, euro 13, pp.141