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Letture, don Olinto Marella e Pellestrina la carità e la tradizione

La storia della laguna di Venezia e di un grande apostolo della carità

Don Olinto Marella  |  | Wikipedia Don Olinto Marella | | Wikipedia

Il ragazzo, che tutti chiamano Ganbeto, apre gli occhi e gli sembra di stare dinanzi ad una apparizione: eccola, l’isola di cui ha tanto sentito parlare dal “nono”  Caronte e dai “veci” del suo paese, l’isola dei sogni, delle Mille e una notte, materializzata davanti a lui.

Finalmente ci è arrivato, a Pellestrina, e la sua vita, in qualche modo, sta per cambiare, perché l’orizzonte si è allargato, è diventato più vasto, il mare potrebbe portarlo chissà dove. 

A Pellestrina ci sono tesori nascosti, per esempio lo sguardo per la prima volta capace di scuoterlo fino all’anima di una ragazza, ed è questo uno dei primi segni del grande cambiamento avvenuto in lui. Il racconto di una stagione irripetibile della vita, del sogno e del desiderio di diventare grandi, una tradizione e una civiltà che stanno per scomparire, quella dei barcari, trasportatori lungo i fiumi nel Veneto contadino e marinaro che verso la fine degli anni Cinquanta sta per cedere il posto ad una rapida e in un certo senso estraniante trasformazione in società industrializzata, sono tra gli elementi caratterizzanti dell’ultimo romanzo di Paolo  Malaguti, scrittore apprezzato originario di Monselice, in provincia di Padova, che con questo romanzo intitolato “Se l’acqua ride” ha conquistato moltissimi lettori e si è guadagnato la selezione per il Premio Campiello. Una comprimaria del romanzo è proprio l’isola di Pellestrina, tra Chioggia e il Lido di Venezia, inseguita dal protagonista del romanzo di Malaguti e che riscopriamo grazie al filo rosso nascosto in queste pagine.

Pellestrina appare davvero come un luogo da visione, quasi fiabesco, quando la si raggiunge lasciandosi alle spalle la vita convulsa, il rumore, le folle accalcate nel litorale veneziano. Silenziosa, con turisti che camminano in silenzio o pedalano allegramente, tra le case basse e variopinte, gli orti, i giardini minuscoli e curatissimi, e poi, al di là della strada che l’attraversa tutta, il mare aperto, i “murazzi”, costruiti a protezione dell’isola e le spiagge quasi allo stato brado, senza stabilimenti balneari, con rari ombrelloni e capannette costruite dagli abitanti del luogo, un mare cristallino in cui tuffarsi e, per qualche momento, sentirsi in un altro mondo, quello primigenio e felice del mito, di un tempo senza tempo.

Pellestrina è una lingua di terra stesa tra mare e laguna, lunga 11 chilometri e mezzo e larga al massimo un chilometro. In uno spazio così ristretto nei secoli gli abitanti “sono riusciti a costruire cinque chiese, due capitelli e due cimiteri”,  e altre due chiese in epoca più recente, come viene sottolineato nel libro Pellestrina, scritto da Giorgio Crovato, Mariavittoria Tagliapietra e Rita Vianello, un ritratto- storia-guida di quest’isola così particolare. Insomma, qui esiste un’alta concentrazione di chiese e di luoghi preghiera, segno inconfondibile della vocazione religiosa vivissima. 

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Non stupisce, dunque, che proprio qui sia nata e abbia preso forma la vocazione di una figura straordinaria, un grande apostolo della carità,  come quella di don Olinto Marella, a cui è dedicato un ampio capitolo del libro citato.

Don Olinto è stato proclamato beato nel 2020, ed è nato e cresciuto all’ombra dei campanili della sua amata isola, a cavallo tra i due secoli Ottocento e Novecento.   Intelligente, sensibile, con  una vocazione maturata  precocemente, Olinto parte per Roma per studiare in seminario. In questi anni è compagno di classe di Angelo Roncalli – futuro Papa Giovanni XXIII – che lo ricorderà sempre come un “carissimo amico”.  E conosce anche Romolo Murri, che tanto peso avrà nella sua vita. Presto, però, torna  in Veneto, a causa dei  gravi lutti che nel giro di poco tempo colpiscono la sua  famiglia. Nonostante il dolore e le tante prove, approfondisce i  temi teologici come quello della pietà, il suo preferito, e di sviluppare un pensiero personale, critico verso i metodi rigidi dell’insegnamento allora comune. Una volta presi i voti, Olinto viene mandato nel seminario di Chioggia a insegnare storia ecclesiastica e Sacra Scrittura.

Ma quello che soprattutto occupa i pensieri di don Marella sono le condizioni del popolo che abita la sua isola. Insieme al fratello, studente d’ingegneria, fonda il Ricreatorio popolare, un progetto educativo che si prefigge di combattere l’analfabetismo dilagante .  I ragazzi imparano ad amare questo sacerdote che  insegna loro attraverso il teatrino, la biblioteca circolante, lo sport e addirittura suonando in una banda. Nelle scuole del Ricreatorio, inoltre, fatto unico per l’epoca, convivono entrambi i sessi.

Non tutti, però, apprezzano l’operato di padre Olinto, la cui fama si diffonde sempre più rapidamente. Anche all’interno del clero, si fa dei nemici che lo considerano, se non proprio un sovversivo,  perlomeno  “troppo evangelico e poco canonico”. Questo dissenso crescente porta, il 24 settembre 1909, alla sospensione a divinis. Soprattutto a motivo della sua amicizia con Murri,, sacerdote anche lui sospeso a divinis e poi scomunicato nello stesso anno a causa del suo impegno politico e sociale. Olinto deve ricostruire la propria vita, si arruola nell’esercito impegnato nella Prima Guerra Mondiale, consegue la laurea in storia e filosofia e l’abilitazione all’insegnamento. Come professore girerà tutta la penisola; a Rieti sarà anche il docente di Indro Montanelli, il quale ricordava come “ a Marella non interessava tanto la cultura quanto l’uomo” .

Nel 1924 si stabilisce a Bologna e riprende sommessamente di occuparsi di opere di carità, tanto da guadagnarsi la fiducia di monsignor Emilio Faggioli che intercederà per lui presso l’arcivescovo, il cardinale Nasalli Rocca.

 E così il 2 febbraio 1925 don Olinto è reintegrato nel clero di Bologna. Si moltiplicano le opere cui dà vita: la più nota è  la Città dei Ragazzi nel 1948, in cui educa i giovani orfani e abbandonati senza coercizioni, applicando il metodo dell’autogestione sorvegliata. Sorretto dalla convinzione che l’educazione deve essere fondata sulla libertà, ma una libertà personale vera che viene da Cristo. Per finanziare le sue opere non esista a chiedere l’elemosina lui stesso agli angoli della città, così si guadagna il soprannome di “barbone di Dio”  fino al 6 settembre 1969, quando finisce la sua vita terrena. E forse, anche in quel momento, avrà rivisto il profilo magico della sua Pellestrina, intrisa di luce.

More in Cultura

 

Pellestrina, Edizioni Il Poligrafo, pp.212, euro 24

 

Paolo Malaguti, Se l’acqua ride, Giulio Einaudi Editore, pp.200, euro 18,50