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Letture, L'Isola del Tesoro e il vero spirito del Natale

La felicità può realizzarsi in una esistenza vissuta come servizio agli altri

La copertina del libro |  | Rusconi La copertina del libro | | Rusconi

Dimentichiamo, per un momento, le atmosfere tipicamente, per non dire ostentatamente, natalizie, per tentare di afferrare qualcosa che, sia pure per vie traverse, ci parli di un autentico spirito del Natale. A partire, ovviamente, dal fatto che Dio entra nella storia umana, con l’incarnazione in un bambino che, da uomo, sarà destinato a morire in croce e a risorgere, per la salvezza del mondo. Di conseguenza dovremmo riflettere sulla luce che riesce che brilla nelle tenebre, anche in quelle più fitte, nell’esistenza di ciascuno, se lo desidera, sulla forza d’animo che si impone nelle prove più dure e disperate…L’idea che, nonostante tutto, la vita sia un’avventura, aperta ad ogni possibilità e che per crescere bisogna affrontare perdite, sfide, paure, dentro e fuori di ogni persona.

Concetti di cui si sente parlare spesso, di questi tempi, e che invece possiamo  ritrovare intatti, attraverso una prosa avvincente, in apparenza semplice e scorrevole, in realtà stratificata ed evocativa al massimo grado: si tratta di Robert Louis Stevenson e, in particolare, di quel capolavoro – non sempre riconosciuto nella sua effettiva grandezza – che è il romanzo “L’isola del tesoro”.  L’occasione è una nuova edizione, per la casa editrice Rusconi, e il consiglio è di regalarla e leggerla, o rileggerla, anche in vista delle feste.

Ma che cosa ha a che fare, propriamente, questo romanzo con il Natale? Apparentemente ben poco. A meno che non ci si lasci guidare dalla ricerca di quei concetti, di quella visione a cui si faceva riferimento poc’anzi.

La trama dell’Isola del Tesoro è nota, ma meglio rinfrescare la memoria. Vi si raccontano le numerose  avventure di Jim Hawkins, un ragazzino che,  dopo aver trovato la mappa del tesoro   del famigerato capitano Flint nel baule di un vecchio marinaio, si imbarca sulla nave Hispaniola per cercarlo; ma l'equipaggio, guidato dal subdolo cuoco Long John Silver – personaggio reso indimenticabile nel suo intrecciare malizia, perfidia, intelligenza e persino un certo senso dell’umorismo -  è composto da pirati che pianificano un ammutinamento, portando a scontri, naufragi, alleanze inaspettate  e una caccia all'oro che – elemento fondamentale-  segna la crescita di Jim tra tradimento e coraggio.

Stevenson, in estrema sintesi, ci riporta allo stupore dell'infanzia, a quella capacità miracolosa di vedere in ogni evento e in ogni incontro il senso dell'avventura, la bellezza della vita, da affrontare con coraggio e determinazione come fanno i suoi personaggi, soprattutto i ragazzi e i bambini. Un vero  antidoto contro depressione e pessimismo, proponendo, appunto, una visione di speranza.

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Del resto, se ci si riflette, sbrigativamente i libri d’avventura vengono classificati come libri d’avventura o di serie vagamente inferiore. Invece, le trame d’avventura si riflette la vera tensione che anima l’uomo: andare più in la’, superare i limiti, confrontarsi con l’ignoto, fronteggiare  il male e il dolore, seguire la propria coscienza e i propri ideali  anche se può costare un prezzo altissimo. Coltivare il senso del mistero, che ci circonda e ci sfida, spingendoci a camminare per il mondo, bello e terribile insieme.

Nella prefazione al commovente Sermone di Natale di Stevenson, pubblicato da Vita e Pensiero qualche anno fa insieme ad altri scritti di carattere religioso, lo scrittore Alberto Manguel spiega  che ci sono molti scrittori molto amati e molto popolari che hanno una vita riprovevole, un carattere debole o negativo, dunque bisogna fare uno sforzo per distinguere e tenere ben separate la personalità e le vicende dell'autore dalle opere, che sembrano  appunto esprimere l'esatto opposto di quello che lo scrittore ha poi messo in pratica. Nel caso di Stevenson avviene invece che nelle sue storie e nei suoi ragionamenti scritti rifulgono le proprie convinzioni messe in pratica nella vita quotidiana. Quel che Stevenson scrive, immagina, proclama, poi vive concretamente. 

Il Sermone di Natale è stato scritto nel 1888, composto per la sua famiglia. Una breve testo  in cui il tema principale è il comportamento di ogni persona nei confronti di Dio, di se stesso, degli altri, del mondo. La vera riuscita di una esistenza è  mantenere un costante dialogo tra tutti questi fattori, cercando prima di ogni altra cosa  di “compiere il bene”. Scrive Stevenson, inoltre, che  non veniamo dannati per aver commesso il male, ma per non aver commesso il bene”, scrive Stevenson.

Essere felici si può,  proprio grazie a queste direttive, che sono però prive di qualunque tipo di moralismo: “Circola tra i moralisti l’idea che si debba rendere buono il prossimo. Una sola persona devo rendere buona: me stesso. Il mio dovere nei confronti del prossimo è meglio espresso asserendo che devo – per quanto possibile – renderlo felice”.

La felicità dell’uomo “ non è nelle nostre mani” e può realizzarsi in una esistenza vissuta come servizio agli altri. Uno spirito natalizio autentico, senza sdolcinatezze e sentimentalismi, senza egoismo e ipocrisie. Qualcosa che continua a brillare, nell’avventura di vivere.

Robert Louis Stevenson, L’isola del tesoro, Rusconi editore, pp.240, euro 9

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