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Letture: tra un pranzo e un cenone ecco le regole alimentari dei monaci

San Benedeto e monaci - G.A.Bazzi detto Il Sodoma (15O5 ca.) |  | pd San Benedeto e monaci - G.A.Bazzi detto Il Sodoma (15O5 ca.) | | pd

In questi lunghi giorni di festa e di probabili eccessi gastronomici rischiamo di avere dei soprassalti di coscienza, sentendoci forse troppo appesantiti. Per liberarci da simili opprimenti sensazioni possiamo rivolgerci fiduciosi alle pagine di un volume uscito proprio in prossimità del Natale.

Si tratta del saggio "Monaci a tavola. La Regola di san Benedetto e le consuetudini alimentari", edito dalla Tau e scritto dalla studiosa Nadia Togni che si confronta,  per analizzare la questione, con Giustino Farnedi, abate del monastero benedettino di Perugia.

Il senso di colpa,  definiamolo così, si allegerira'e seduta stante ricevendo chiara conferma del fatto che il gusto per il buon cibo e per la convivialità è insito nel senso cristiano di gioia per le feste, e tanto più a Natale, la festa per eccellenza della  letizia e dell'abbondanza, dei doni avuti e ricevuti,  che si riversa anche sulle tavole.

San Francesco d'Assisi desiderava che a Natale si mangiassero cibi "ricchi", che si facesse in modo che poveri e abbandonati potessero godere di un buon pasto e che anche per gli animali si provvedesse a sfamarli con razioni doppie.

Il cibo certamente non è un fine, ma un mezzo, prima di tutto per il sostentamento, poi anche occasionalmente di piacere, attraverso il quale si può sperimentare la bellezza della vita, i doni di cui essa ci ricolma. I monaci,  questo, lo sanno bene. E lo sanno tutti coloro che possiedono una fede radicata e forte, dalla quale non può prescindere l'amore per la vita. Il cardinale Biffi diceva: "Mangiare tortellini con la prospettiva della vita eterna, rende migliori anche i tortellini più che mangiarli con la prospettiva di finire nel nulla".

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Parola che brillano come un dolce viatico nel viaggio che porta a scoprire le consuetudini alimentari raccontate nel libro di Nadia Togni. Sfilano così davanti ai nostri occhi, oltre alle zuppe fumanti e le erbe di magro, grande tazze di vin brule bevute tutti insieme dopo la messa di mezzanotte di Natale, sontuose sfogliatelle napoletane,  che secondo la tradizione debbono la loro provvidenziale nascita proprio alle monache di clausura domenicane che vivevano nel piccolo paradiso della Costiera Amalfitana.

E poi la pasta tirata a mano, le uova, gli arrosti e le carni custodite per secoli -prima dell'invenzione del frigorifero - nelle neviere, cavità dove si accumulava la neve pressata e dove si metteva i cibi, appunto, per non farli deteriorare.

La Regola di San Benedetto fornisce indicazioni precise e dettagliate anche su come sia appropriato nutrirsi e su come comportarsi a tavola. La norma che vige sovrana è la moderazione,  mangiare con misura e un po' di tutto, così come deve avvenire per l'uso del vino. Che deve essere di qualità,  ma sempre consumato in quantità modeste. Non sembra di ascoltare le indicazioni dei nostri dietologi,  che ripetono come un  mantra la formula "mangiare poco e mangiare di tutto, variare la dieta,  mangiare molta verdura, bere con moderazione ma scegliendo la qualità"?

La Regola e' ferrea anche su questo particolare precetto: bisogna mangiare sempre alla stessa ora, senza permettersi spuntini vari o "merendine" di straforo.  "Nessuno si permetta di mangiare o di bere qualcosa prima dell'ora stabilita", recita infatti la Regola.  Altra raccomandazione  che riecheggia nelle "imposizioni" dei nutrizionisti di nostri giorni.

E poi, nella Regola, viene dato molto spazio al modo di comportarsi nel refettorio, di come  i monaci dovranno disporsi a tavola e accogliere gli eventuali ospiti, sul servizio che devono svolgere gli uni verso gli altri,  sulla lettura e sul silenzio da osservare durante i pasti, mentre si ascoltano le letture.

Su questo punto, in particolare, il galateo monastico è oggi largamente disatteso, basti pensare al caos e al rumore che dilaga in molti ristoranti odierni. Tutti urlano, nessuno riesce ad ascoltare e tantomeno a parlare,  e spesso e volentieri c'è anche a rincarare la dose una fastidiosa musica martellante di sottofondo...si esce più frastornato che mai, senza neppure riuscire a ricordare i, giusto di quel che si è mangiato. Allora quei refettori in cui risuonano antiche parole appaiono davvero come scaglie di paradiso in terra. Comprese le zuppe e il vino.

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Nadia Togni, Monaci a tavola. La Regola di San Benedetto e le consuetudini alimentari, edizioji Tau, pp.234, euro 9