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L’incredibile diventa credibile per mezzo della fede. XXVII Domenica del Tempo Ordinario

Il commento al Vangelo domenicale a cura di S. E. Monsignor Francesco Cavina

Gesù con i discepoli |  | pubblico dominio Gesù con i discepoli | | pubblico dominio

La richiesta dei discepoli di questa domenica: “Signore aumenta la nostra fede!” è la nostra stessa invocazione. Anzi potrebbe diventare una stupenda giaculatoria da rivolgere al Signore lungo la nostra giornata: quando ci troviamo in qualche necessità materiale o spirituale; quando avvertiamo la presenza del pericolo; quando ci vediamo deboli di fronte al dolore; quando sperimentiamo un senso di fallimento nell’apostolato; quando sembra che le anime non rispondano alla grazia del Signore; quando ci troviamo in adorazione davanti al Tabernacolo.

Abbiamo bisogno di rivolgere questa supplica perché esiste una fede, che non salva ed è la fede senza le opere, che si manifesta nella mancanza di coerenza tra ciò che si professa e il modo di vivere.

Esiste pure una fede addormentata. E’ la fede che tutti conosciamo e che prende il nome di tiepidezza. Si tratta dell’insidia più subdola per la fede che tocca anche colui che si potrebbe chiamare “un buon cristiano”.

E’ la virtù della fede che ci permette di leggere in maniera vera la realtà e di giudicare rettamente ogni cosa. Scrive il Concilio Vaticano II: “Solo alla luce della fede e nella meditazione della Parola di Dio è possibile, sempre e dovunque, riconoscere Dio nel quale “viviamo, ci muoviamo e siamo” (Atti 17.28), cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in sé stesse e in ordine al fine dell’uomo” (AA 4).

Qualche volta Gesù ha qualificato gli apostoli come “uomini di poca fede”. Il Figlio di Dio è con loro e loro tremano di paura durante una tempesta sul mare o si preoccupano eccessivamente per il futuro. Gli apostoli coscienti della loro poco fede, chiedono a Gesù: “Aumenta la nostra fede”. E Gesù risponde alla richiesta utilizzando un’immagine assurda. Quella di un albero che ad un semplice comando, si sradica dal terreno e va a posizionarsi non nella terra, ma nel mare. Ma proprio l’incredibile diventa credibile per mezzo della fede. Per Dio nulla è impossibile. La fede in Dio rende possibile ciò che umanamente è impossibile. E in effetti gli apostoli, persone timorose, dubbiose, fragili, litigiose hanno dato la loro vita per amore di Cristo e dei fratelli. La trasformazione del cuore è il miracolo più grande operato dalla fede.

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L’apostolo Paolo, ma più in generale tutto il Nuovo Testamento, presenta la chiamata alla fede come una nuova creazione: Quel Dio che aveva detto: ‘Risplenda dalle tenebre la luce’, è Colui che la fece risplendere anche nei nostri cuori, per irradiare la conoscenza della gloria di Dio che brilla sul volto di Cristo (2Cor 4.6).  Una persona che crede vive una vita che va oltre il dato puramente umano e si apre alla comunione con Dio in Cristo Gesù. Il credente riceve il dono di avere illuminati gli occhi del cuore (Ef 1.18) e di fruire del pensiero di Cristo.

Pertanto la fede oltrepassa la ragione e non la deprime, né la umilia, ma la potenzia e la esalta. E’ un principio nuovo di conoscenza e di azione (S. Giovanni Paolo II). E’ la radice, la base da cui si diparte una nuova capacità di comprendere. San Paolo insiste sulla comprensione del mistero di Cristo (Ef 3.4) che nasce dalla fede. Appare evidente che alla base della fede non sta una riflessione astratta, teoretica, come potrebbe essere il concetto fondamentale alla base di un sistema filosofico. La fede cristiana nella sua natura più profonda è un incontro con Cristo, una partecipazione alla sua persona: Per mezzo della fede Cristo dimora nei vostri cuori (Ef 3.17). L’allora card. Ratzinger precisava che la fede è vita, perché è relazione, cioè conoscenza, che diventa amore, amore che proviene dalla conoscenza e conduce alla conoscenza.