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Lord Patten: “Vi racconto la riforma dei media vaticani”

Lord Patten | Lord Christopher Patten, presidente del Comitato per la Comunicazione Vaticana | Wikimedia Commons Lord Patten | Lord Christopher Patten, presidente del Comitato per la Comunicazione Vaticana | Wikimedia Commons

È con una lunga “lecture” per il Giorno della Comunicazione indetto dalle Conferenze Episcopali di Gran Bretagna e Galles che Lord Christopher Patten, il presidente del Comitato incaricato di proporre una riforma per la comunicazione vaticana, ha svelato mercoledì 27 maggio il piano di riforma, che ora è al vaglio di una ulteriore commissione. La proposta è quella di una unica struttura (alcuni la chiamano Segreteria per la Comunicazione) composta da cinque dipartimenti, che partano dalla pastorale ma abbiano anche un comparto amministrativo. Il budget è importante, perché uno dei compiti del Comitato, ha rivelato Lord Patten, era quello di arrivare ad un risparmio sui circa 70 milioni di euro spesi per i media ogni anno.

È la prima volta che Christopher Patten parla in pubblico della sua esperienza come capo del Comitato della Comunicazione. Annunciato dal Cardinal George Pell il 9 luglio 2014, nella Conferenza Stampa che raccontava la grande riforma dell’economia vaticana, il Comitato era composto da laici e membri dei dipartimenti ecclesiastici. Aveva colpito l’assenza di alcuni media vaticani come il CTV, che invece poi è rientrato nella nuova commissione. Il compito era quello di mettere insieme le esperienze, trovare un coordinamento tra le strutture vaticane, ma anche tra le conferenze episcopali. Lord Patten, in fondo, lo dice chiaramente: Roma è un “hub,” un centro, e tutto deve partire da Roma.

La “lecture” di Lord Patten parte da lontano, da quando lui ha cominciato ad entrare in contatto con gli officiali vaticani in occasione del viaggio di Papa Benedetto XVI nel Regno Unito, alla sua esperienza nella BBC, alla chiamata del Cardinal Pell. E racconta le criticità che il comitato ha dovuto affrontare: la necessità appunto di razionalizzare, ma anche di tagliare i costi di 70 milioni di euro.

Varie le criticità che il Comitato ha riscontrato. Elenca Lord Patten che “il Comitato ha notato che la forte compartimentazione delle attività dei vari enti media, e l’autonomia istituzionale degli enti stessi, lavora contro la possibilità di sviluppare una politica di comunicazione unificata e riduce l’efficacia dell’operazione in generale.” Una mancanza di coordinamento che porta a doppioni  nformativi e anche la moltiplicazione delle traduzioni, della gestione dei diritti, delle relazioni con i media. Un quadro troppo complicato, sottolinea Lord Patten. Che si aggiunge all’assenza di “un management coeso” che mette a rischio la capacità della Santa Sede di mantenere un approccio editoriale forte attraverso i suoi media.” Che sono frammentati, tanto che è difficile persino “fornire contenuti multimediali,” mentre il fatto che esistano “differenti e indipendenti centri di gestione amministrativa per ogni operazione media significa che c’è poca possibilità di sviluppare una politica per determinare il migliore uso della risorse umane.” Nota, Lord Patten, che l’85 per cento dei soldi sono investiti su giornali e radio, mentre televisione e social media hanno poche risorse.

Ecco allora le raccomandazioni della Commissione. Una unione di tutti i media “all’interno di una struttura unificata di governance e management.” Questa struttura “sarebbe responsabile di proporre la missione della comunicazione della Chiesa in generale e di gestire in particolare le operazioni media della Santa Sede.” Le sue responsabilità dovrebbero essere valutate da un “board esterno”, con rappresentanti della Segreteria di Stato, della Segreteria per l’Economia, delle Conferenze Episcopali, di organizzazioni per i media cattolici ed esperti individuali.”

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Sotto questo dicastero, si propongono cinque dipartimenti. Un dipartimento pastorale, “responsabile per il supporto alla missione della Chiesa nelle comunicazioni,” e che prenderebbe molti dei compiti del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali,” e deve anche sviluppare reti di comunicatori cattolici, nonché rappresentare la Santa Sede negli eventi internazionali.

Il secondo dipartimento sarebbe amministrativo, e servirebbe a razionalizzare le funzioni e fare un budget unico tra tutti i dipartimenti.

Poi, un dipartimento commerciale, che si deve occupare di uno “sviluppo sostanziale” delle operazioni media vaticane attraverso partnership e sponsorships, nonché la vendita dei diritti e di materiale di archivio, e il marketing dei prodotti vaticani. In questo modo, “alcune delle attività media vaticane dovrebbero autofinanziarsi,” risolvendo in parte la necessità di tagliare dei costi.

Quindi, il comitato Patten ha proposto un dipartimento tecnologico, che “metta insieme le esperienze attualmente portate avanti da differenti entità media,” e che si deve occupare di tenere in piedi una piattaforma tecnologica aggiornata, deve essere responsabile della sicurezza internet e della gestione dei dati, e anche supportare tecnicamente eventi Vaticani e cerimonie.

E infine, un dipartimento di operazioni media, che andrebbe a ristrutturare “le più importanti attività media della Santa Sede, prendendosi la responsabilità delle relazioni con i media, della produzione dei contenuti e della loro diffusione.”

Questo quinto e ultimo dipartimento è cruciale per Lord Patten, perché “includerebbe il rafforzamento dell’Ufficio Stampa, che diventerebbe così il punto centrale di contatto per tutti i media esterni e sarebbe coinvolto nella distribuzione di dichiarazioni ufficiali, nell’organizzazioni di conferenza stampa, nell’accreditamento dei media e nella valutazione di progetti media, nel pianificare la gestione degli eventi media più importanti e nell’addestrare portavoce autorizzati e specializzati.”

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Il Comitato Patten vuole che la Sala Stampa sappia offrire i suoi servizi in “un adeguato numero di lingue e operare d’accordo con i cicli internazionali di news,” il che significa che deve lavorare 24 ore su 24, e anche assumere personale, perché l’Ufficio Stampa “oggi manca di personale e sotto enorme pressione.”

La produzione dei contenuti sarà appannaggio di una sorta di newsroom centrale che “creerà gancio centrale di contenuti in modo da vigilare sulla produzione di notizie generale e contenuti media attraverso le abilità e capacità di alcuni che al momento lavorano soprattutto con radio, televisione e stampa.” I contenuti saranno multimediali e multilingua, nota Lord Patten. E il loro primario punto di distribuzione saranno appunto i media della Santa Sede, quelli già esistenti (Radio Vaticana, L’Osservatore Romano, CTV e i siti vatican.va e news.va) con l’aggiunta di un canale social media integrato che “adatterà i contenuti a seconda delle particolari esigenze dei media e dell’audience.” Tutti manterranno “la loro integrità editoriale.”

Il piano va comunque implementato, e ci sarà un team che lavorerà solo su questo. Il Comitato, ricorda Lord Patten, ha dato un piano di implementazione dettagliato, con lo scopo principale di fare “significativi miglioramenti nelle operazioni media della Santa Sede”, che non sono possibili “senza una completa integrazione degli attuai media esistenti e la creazione di una struttura singola con responsabilità globale per la gestione, la tecnologia e le finanze.”

Tra i primi passi da fare – nota Lord Patten – c'è la “selezione e nomina di un gruppo manageriale” adeguato e il rafforzamento di questa squadra con “il supporto e l’autorità di portare a termine il piano alla luce della prevedibile opposizione e resistenza.” Resistenze che – ricorda Lord Patten – sono state previste dall’inizio. Ma c’è anche la  volontà di andare avanti, e “per questo non abbiamo proposto un piano B."